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Il motomondiale cambiò drasticamente e definitivamente, nel 2002, quando i crepitanti motori a due tempi da 500 cc vennero soppiantati dai 990 a quattro tempi. E con l’inizio di quella che a tutti gli effetti era la nuova era del motociclismo da corsa. Honda, ancora una volta, scelse una strada nuova e certamente più ambiziosa rispetto a quelle dei suoi rivali. E lo fece sviluppando la RC211V, spinta da un rivoluzionario motore con 5 cilindri a V – tre anteriori e due posteriori – inclinati tra loro di 75,5°. Nessuno, prima di allora, aveva mai proposto un’architettura del genere, anche se va ricordato che la stessa Honda, a partire dal lontano 1966, aveva già corso con una moto a 5 cilindri – in linea, però - forse ancora più ardita di questa: si trattava della mitica RC149, ed era nientemeno che una incredibile 125 (124,42 cc, per la precisione) a 20 valvole, che erogava 34 cavalli a 20.500 giri! Ma tornando alla formidabile RC211V, essa dominò da subito e a lungo, vincendo ben 45 gare: parecchie in più rispetto alle 990 cc concorrenti.
Ma per il 2007 il regolamento della MotoGP cambiò, e la cilindrata della classe regina venne ridotta ad 800 cc. Quasi tutti i competitor non fecero che progettare delle versioni ridimensionate dei loro motori, ma non Honda, che proegettò ex-novo un V4, ovviamente ispirato al mitico, plurivittorioso predecessore con un cilindro in più. Una volta di più, dunque, Honda contribuì alla storia del motociclismo da corsa realizzando il primo V4 a 4 tempi destinato alla top class del motomondiale. Un motore molto compatto, che garantiva un’eccellente centralizzazione delle masse, consentendo quindi la realizzazione di una ciclistica a sua volta molto compatta, ed estremamente maneggevole.
La nuova moto si chiamava RC212V, ed era dunque la massima espressione della tecnologia sviluppata da Honda nel campo dei motori V4 di elevatissime prestazioni. Nel frattempo, però, anche i suoi migliori concorrenti avevano lavorato sodo, sfruttando a loro volta il massimo delle loro risorse tecnologiche: sicché vincere diventò dura, e dal 2007 al 2010 non arrivò alcun titolo iridato. Ma lo sviluppo del V4,
naturalmente, continuava instancabilmente.
“Usare una tecnologia originale per conquistare la vetta del motociclismo da competizione”. Ecco l’obiettivo per raggiungere il quale il team di sviluppo della RC212V lavorò lavorando febbrilmente. Lo scopo era principalmente quello di arrivare a disporre di una elevatissima velocità di punta, alleviando nel contempo il lavoro del pilota grazie ad un’erogazione della potenza la più facile possibile da gestire. Per ottenere ciò, i progettisti svilupparono un avanzatissimo controllo di trazione elettronico, per far sì che la moto trasmettesse al suo pilota la massima fiducia, rispondendo ai suoi comandi in modo tale che lui la sentisse letteralmente come fosse un’estensione del corpo. Il team di progettisti creò anche una serie di ulteriori nuove tecnologie all’avanguardia, come la trasmissione “seamless” che riduceva molto significativamente il carico di lavoro del cambio: ciò si rifletteva molto positivamente sul mantenimento d’assetto durante i cambi di marcia, oltre a consentire vantaggi anche in termini di tempi sul giro. Dopo cinque anni di sofferenze, ecco dunque che nel 2011 – cioè proprio nell’ultimo anno di vita dei motori da 800 cc, visto che per l’anno successivo si sarebbe tornati al litro di cilindrata – arrivarono il titolo mondiale piloti, quello riservato ai costruttori, e pure quello istituito per i team stessi. Il che riportò dunque Honda, e la sua tecnologia, al top del motomondiale.
Oggi la MotoGP è tornata motori da 1.000 cc, e Honda ha dotato la sua nuova RC213V di un V4 ulteriormente sviluppato, e in continuo sviluppo, alla ricerca di prestazioni sempre più elevate, tant’è che i 350 km/h di velocità massima sono già stati superati.