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Le novità ci sono sempre, e non sono mancate all'ultima edizione di Eicma, ma sotto l’aspetto tecnologico quelle viste al recente Salone di Milano non sono state certo roboanti. Si sono confermate alcune tendenze e sono apparse moto inedite per ciò che riguarda il design, evolutissime a livello di ciclistica ed eccezionali nell’impiego dell’elettronica. In quanto ai motori, arrivati ormai da tempo a un livello di sviluppo impressionante, la situazione sembra in larga misura consolidata sugli schemi e sulle soluzioni da diversi anni adottate da tutti i costruttori.
Chi si aspettava la definitiva entrata in scena in grande stile della sovralimentazione è rimasto deluso. Forse arriverà, ma per il momento l’unica casa che la adotta, e per un solo modello (di straordinario livello tecnico) è la Kawasaki. Altri ci stanno lavorando ma ancora non sappiamo se il loro impegno sfocerà nell’impiego su qualche modello di serie. Di sicuro la soluzione è molto interessante, ma le difficoltà da superare non sono poche. L’adozione di una distribuzione a fasatura variabile da parte della Suzuki (che va così ad aggiungersi alla Honda e alla Ducati nell’impiego di questa soluzione) mostra chiaramente come, una volta raggiunti certi livello di potenza, i costruttori stiano dedicando grande attenzione alla coppia ai medi e bassi regimi, in modo da rendere il motore più elastico, con una erogazione più corposa per un ampio arco del campo di utilizzo. Il ricorso alla sovralimentazione potrebbe essere OK anche in quest’ottica.
Sulle auto c’è spazio in abbondanza; si possono perciò utilizzare intercooler anche di notevoli dimensioni e sistemi con doppio turbo in serie (piccolo per i bassi regimi e grande per gli alti). Sulle moto questo non sembra possibile. Anche se ci sono intercooler aria-acqua abbastanza compatti, occorre trovare spazio per il radiatore ad essi collegato. L’idea della Kawasaki di utilizzare un compressore centrifugo a comando meccanico per dare potenza in alto a un motore per il quale una buona erogazione ai medi viene assicurata da alberi a camme ottimizzati per tale campo di funzionamento è interessante. La pressione di sovralimentazione non è ad ogni modo molto elevata e ciò consente di fare a meno di un intercooler. Tutto sommato, comunque, se l’obiettivo prioritario è realmente quello di ottenere una erogazione particolarmente vigorosa ai medi e bassi regimi, non va certo scartata la strada del “classico” compressore volumetrico.
In una certa misura si potrebbe pensare di riprendere la filosofia del downsizing, alla quale da tempo si fa abbondante ricorso in campo auto, con motori piccoli e leggeri debitamente sovralimentati. Nelle auto di gran serie oggi si punta ad avere una coppia elevata fin dai regimi più bassi, per mantenerla quindi per un’ampia zona del campo di utilizzazione. Le esigenze sono però molto diverse, rispetto a quelle delle moto, e questo vale anche per il tipo di impiego.
Insomma, per vedere se la sovralimentazione riuscirà a diffondersi sulle moto, almeno in una certa misura, non rimane che attendere. Certamente ci sono notevoli problemi di complessità e di ingombro, come già detto.
Un’altra soluzione tecnica che potrebbe trovare impiego in campo moto (anche se non è ben chiaro se ce ne sia una effettiva necessità o una convenienza degna di nota) è l’iniezione diretta di benzina. Questo a livello principalmente di grossi bicilindrici e di mono; per i quadricilindrici, che ruotano a più di 13.000 giri/min la storia può essere un poco diversa.
Tutto sommato, anche se non si è assistito a eventi evolutivi di notevole rilievo, lo sviluppo continua, ma si svolge soprattutto a livello di dettagli (comunque significativi). E allora occorre segnalare che anche i costruttori giapponesi sui loro policilindrici più performanti cominciano a impiegare i bilancieri a dito al posto delle punterie a bicchiere, seguendo così la strada da tempo indicata dalla BMW con la S 1000 RR (e ripresa dalla tecnologia dei motori di Formula Uno). L’anno scorso è stata la volta della Yamaha con la sua R1 e nel 2016 la soluzione sarà adottata dalla nuova Suzuki GSX-R.
Il DLC (sottile riporto superficiale dalla elevata durezza e dal ridottissimo coefficiente di attrito) ha una diffusione sempre crescente sui motori di prestazioni più elevate. Lo stesso si può dire degli alberi a gomiti con manovelle disposte in maniera non convenzionale, in particolare sui bicilindrici paralleli. È a questo proposito interessante ricordare che la proposta di dotare un motore con due cilindri in linea di un albero con manovelle a 284° era stata avanzata dal grande tecnico Phil Irving (indimenticabile progettista dei bicilindrici Vincent) oltre quarant’anni fa!
Molto interessante appare il trend verso l’impiego di due alberi di equilibratura in motori dotati di una architettura con la quale in precedenza si riteneva in genere sufficiente un solo albero ausiliario. Appare evidente la volontà da parte dei costruttori di offrire all’utenza mezzi sempre più raffinati sotto l’aspetto meccanico e totalmente privi di vibrazioni.
Ormai appare consolidata e in sensibile espansione la classe delle moto di circa 300 cm3. Fortissima in quanto a vendite a livello mondiale, non è ben chiaro quanto successo potrà avere in Italia. Si tratta di mezzi di grande interesse; agili e divertenti, sotto l’aspetto tecnico sono di eccellente livello. Li propongono, in versioni naked e/o sportive, con motori a uno o due cilindri, tre grandi costruttori giapponesi e la KTM, più la BMW, la cui recentissima G 310 R dotata di testa “rovesciata”, con l’aspirazione rivolta in avanti e lo scarico posteriore (schema proposto alcuni anni fa dalla VOR con un monocilindrico di 250 cm3 progettato dall’ing. Mariani), è realizzata alla luce delle più moderne vedute in campo quattrotempistico.