Le 15 Moto dal design controverso

Le 15 Moto dal design controverso
Il concetto di bello è soggettivo. Tuttavia, è innegabile, ci sono moto esteticamente più riuscite di altre. Una nostra - soggettiva - selezione di modelli che negli ultimi anni hanno fatto discutere, oppure che non sono proprio piaciuti
17 settembre 2015

Non diciamo nulla di nuovo ricordando che anche quando si discute della bellezza di una nuova moto il giudizio è estremamente soggettivo. Tuttavia ci sono moto esteticamente più riuscite di altre, che sanno interpretare meglio le tendenze, hanno una loro armonia stilistica, oppure che sanno essere innovative nel design oltre che nei contenuti.
Ce ne sono invece molte che fanno discutere, vengono anche criticate duramente pur avendo un pubblico di estimatori. Per questo siamo convinti che non abbia senso parlare di moto “brutte” in assoluto, sarebbe arbitrario e ingeneroso, ma sappiamo bene che ci sono - e che ci sono state - molto moto dalle forme sbilanciate, fuoritempo, dalle linee scombinate e dai colori male assortiti. Senza contare che magari erano contemporanee a modelli concorrenti di ben altro livello stilistico, una condizione che in alcuni casi ha contribuito a tarpare le ali a moto altrimenti interessanti. Diverso il caso di alcune moto dall'indubbio fascino estetico, ma che hanno diviso nettamente i giudizi,

A volte è il desiderio di essere originali a tutti i costi, o la necessità di farsi notare dalla massa, che porta ad eccedere. In altre occasioni si considera il mercato di riferimento di un modello e si finisce per non piacere altrove. Fra alcuni dei modelli che vi segnaliamo qui sotto ve ne sono alcuni che sono stati disegnati da ottimi professionisti, esperti in altri ambiti ma che non così profondi conoscitori della storia, delle pulsioni e del mondo della moto in genere.

Ecco una selezione di 15 modelli che, secondo noi, di sicuro non hanno convinto la maggioranza degli appassionati e hanno sollevato critiche solitamente più all'estetica che alla sostanza. Sebbene a distanza di anni alcune di queste siano state rivalutate, e sebbene ve ne siano altre che sono state difese a spada tratta da chi le ha apprezzate allora come oggi. Anche in questa nostra selezione la scelta è stata ovviamente soggettiva e immaginiamo che ciascun motociclista abbia una classifica personale a riguardo. Lo spazio nei commenti è perciò a vostra disposizione.

 

 

Munch 4TTS "Mammuth", 1967

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Friedl Muth costruì la prima Mammuth attorno al motore automobilistico di una NSU quattro cilindri di 996 cc. Nel 1968 la cilindrata salì a 1200 (1177 cc). La mole meccanica complicò la linea della moto, per la quale vennero usati anche i fari automobilistici. Molto criticata ai suoi tempi, quest'anno è stata votata Best in Show al Concorso d'Eleganza di Villa d'Este.

 

Suzuki RE 5, 1974

La RE5 montava un motore Wankel 500 e tanta singolarità richiedeva un designer speciale. Per questo venne coinvolto Giorgetto Giugiaro, che giocò con la forma cilindrica – a richiamare il motore a pistone rotante - in alcuni dettagli come la custodia della strumentazione. Come a volte accade, la sua estetica è stata rivalutata a distanza di tempo. Di questa moto ne sono stati costruiti oltre 5.500 esemplari.

 

Yamaha XJ 650 Turbo, 1982

E' stata la seconda con il motore Turbo ad arrivare in vendita, dopo la Honda CX 500, e con la sua turbina Mitsubishi arrivava a 90 cavalli. Il quattro cilindri 650 derivava dalla XJ 650, moto dalla linea più convenzionale e morbida. La Turbo era invece massiccia, sgraziata, troppo spigolosa e non dava l'impressione della velocità. E' stata prodotta tre anni in circa 8.000 esemplari.

 

Moto Guzzi Le Mans 1000, 1984

Arrivata dopo le fortunate prime tre serie Le Mans 850 (la prima è del 1976), la Le Mans 1000 non riusci a ripeterne il successo, vuoi anche per la poco convincente ruota anteriore da 16 pollici, vuoi per il cresciuto livello prestazionale e qualitativo delle concorrenti (nel 1984 arrivava la Kawasaki GPZ 900R per esempio), e vuoi per una estetica certamente infelice.

 

Buell RR 1000 Battle Twin, 1986

Una delle prime moto di serie (anche se ne vennero costruiti soltanto 50 esemplari) con la carenatura a copertura totale è la replica della Harley-Davidson da corsa dei primi anni Ottanta. Si deve al geniale Erik Buell che costruisce questa versione dopo essere uscito dalla H-D. La sua RR vincerà poi il campionato BoTT americano AMA, quello riservato alle bicilindriche. Originale ma, giusto per fare un esempio contemporaneo, meno efficace della DB1 Bimota.

 

BMW K1, 1988

Con la K 100 RS del 1984 la BMW aprì il nuovo corso dei quattro cilindri a sogliola e seppe farsi luce anche nel design. Sull'evoluzione tecnica di quel modello, a Monaco realizzarono la prima sport touring d'alta prestazioni della casa. Sigla K1, il primo motore 16 valvole, carenatura totale, parafango carenato, ma impossibilità di montare le borse rigide... Anche la linea non contribuì al successo sperato, tanto che rimase in produzione solo cinque anni per un totale di circa 6.900 esemplari. Andò meglio alla successiva, e più tradizionale, RS.

 

Moto Guzzi NTX 750, 1988

Arrivare nelle concessionarie e farsi notare dopo le varie Africa Twin, Super Ténéré, BMW GS e compagnia bella, nel pieno della moda delle moto dakariane, non era semplice per nessuno. Ma certo la Moto Guzzi fece meno di quando avrebbe potuto con la NTX 750, e non solo per la potenza contenuta in soli 52 cavalli.

 

Laverda Navarro 125, 1990

Giunta nell'epoca d'oro delle 125 stradali, la Laverda Navarro non seppe continuare la trazione che la vide apripista con la LZ nel lontano 1977. Dopo che la Lesmo non aveva incontrato molto successo, a Breganze con la Nuova Moto Laverda (sorta dopo la chiusura di quella storica) realizzarono la Navarro. Il motore è della Cagiva, i colori ricordano un po' troppo le Aprilia, le forme faticano a piacere e inoltre il prezzo è anche alto in rapporto al resto della concorrenza italiana. Peraltro più moderna.

 

Aprilia Motò 6.5, 1995

Aprilia attraversa un periodo di grande successo commerciale, siamo agli inizi degli anni Novanta, quando decide di affidare al designer francese Philippe Stark la sua monocilindrica stradale che affianca la Pegaso. Stark è appassionato di moto e questa è la sua prima esperienza nel settore. Sfrutta le linee curve e le tonalità del grigio per le componenti tecniche. Resta in produzione cinque anni e ne vengono prodotte circa 3.500 unità. C'è chi l'ha sempre apprezzata per lo stile - ci mettiamo anche noi - ma la verità è che la Motò 6.5 è andata molto peggio del previsto nelle vendite. E un po' anche per alcuni limiti dinamico-funzionali causati proprio da scelte stilistiche.

 

Bimota DB3 Mantra, 1995

Per quella che era la prima Bimota per così dire turistica, rispetto a quanto fatto in precedenza, a Rimini affidarono il design al francese Sacha Lakic. Un giovane talento che, fermandosi in campo moto, aveva già collaborato con MBK e poi avrebbe disegnato alcune Voxan. La DB3 Mantra venne realizzata in due versioni, la seconda nel 1997, per un totale di circa 450 esemplari. Qualcuno ha anche azzardato alcuni richiami alla Mantra nella Diavel Ducati...

 

Suzuki TL 1000 R, 1998

Suzuki era ai vertici nella produzione delle super sportive a quattro cilindri in linea, ma volle anch'essa cimentarsi con una bicilindrica (come fece Honda nel 2000 con la SP-01) per entrare in concorrenza con Ducati e avere una mille (996 cc per l'esattezza...) nel mondiale SBK. La TL 1000R aveva un gran motore, ma anche un peso importante per la categoria e un'estetica che non l'aiutava. Restò in produzione sino al 2003, mentre la TL 1000S ci restò appena quattro anni pur vendendo bene negli USA soprattutto.

 

BMW F650 C Scarver, 2001

Disegnata dall'americano David Robb, a capo del centro stile di Monaco e già autore fra le altre di R 1100 RT, R 1200 C e R 1100 S, la Scarver nasceva dalla piattaforma F 650. Il nome giocava con le parole street e carver, mentre la sigla CS stava appunto per city-street. Molti elementi decorativo-funzionali erano in plastica traslucida (secondo i dettami Swatch), mentre il serbatoio sotto la sella lasciava spazio a un vano portaoggetti modulare al posto del tradizionale contenitore della benzina. Aveva anche la trasmissione a cinghia dentata e il forcellone monobraccio. Nella sua ricerca di motociclisti nuovi la Scarver puntava anche a ringiovanire il marchio, tuttavia i risultati di vendita furono complessivamente inferiori alle attese e la moto uscì di produzione dopo quattro anni. Nel frattempo la rivista americana Motorcyclist l'aveva valutata come “un flop senza attenuanti”.

 

Bimota Tesi 2D, 2005

La prima, rivoluzionaria, Bimota Tesi 1D va in vendita nel 1990 prendendo le mosse dalla precedente versione da corsa. Nel 2005 arriva la nuova versione Tesi 2D, aggiornata e soprattutto rivista nello stile grazie all'intervento del Ascanio Rodrigo, già alla Bimota e divenuto noto grazie alla sua Vyrus. La moto resterà in produzione un paio anni. A indiscutibile difesa del sua design, la personalità forte che può permettersi una moto di nicchia.

 

Honda DN-01, 2008

Presentata al Salone di Tokyo del 2005, la DN-01 entrò in produzione nel 2008 – quando arrivò in Europa – e ne uscì già nel 2010. Fra gli obiettivi dei tecnici c'erano anche la semplicità di guida (vedi il cambio automatico), il comfort, la sicurezza e i bassi consumi. Esteticamente c'era la volontà di creare una cruiser originale rispetto alla moda custom, non gradita a tutti, utile a dirottare verso la moto alcuni scooteristi. La linea, anch'essa di rottura, divise da subito i giudizi. Ma certi concetti non sono stati abbandonati da Honda, vedi la recentissima Vultus.

 

Kawasaki Versys 1000, 2011

Un'ottima moto penalizzata dalla sua estetica. E' questo il giudizio largamente diffuso, almeno in Italia, nei confronti dello styling della prima edizione della Versys 1000; soprattutto nei confronti del suo frontale, tanto originale quanto poco convincente. Un'interessante crossover, arrivata dopo la vendutissima e apprezzata versione 650, che è stata aggiornata quest'anno in maniera importante proprio nella linea e poco nella tecnica. Guarda caso.

 

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