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L’Aprilia Motò 6.5 costituisce un esempio da manuale di moto incompresa all’epoca della sua introduzione ma successivamente molto rivalutata, tanto in termini di prestigio quanto economici. Una moto sicuramente troppo avanti per la sua epoca – è nata nel 1995 – stretta fra le supersportive in irresistibile ascesa e le sempre popolari enduro. Un’era in cui le monocilindriche stradali potevano essere si e no delle supermotard, o comunque enduro che strizzavano molto l’occhio all’asfalto.
Ivano Beggio, allora patron di Aprilia, non era di quelli che si tiravano indietro quando c’era da esplorare nuovi segmenti. Per il modello che doveva nascere scelse quindi il designer francese Philippe Starck – completamente a digiuno di esperienze produttive motociclistiche – senza definire inizialmente uno schema tecnico. Tanto che a Noale di prototipi ne fecero due: uno mono e uno bicilindrico, con gli stessi concetti estetici (il secondo era ovviamente un po’ più grosso e muscoloso) ma prestazioni, appeal e purtroppo costi ben diversi.
La storia narra che la prudenza ebbe la meglio, e invece di imbarcarsi in un progetto ricco di fascino ma anche di incognite, si preferì restare fedeli al collaudato ed affidabile monocilindrico Rotax che già spingeva la enduro stradale Pegaso e fare nascere la Motò che conosciamo. Svelta e ben guidabile nel suo impiego elettivo – quello di commuter urbana con una certa predisposizione anche all’uso turistico disimpegnato a corto raggio – la Motò finì penalizzata da un’estetica sicuramente molto sofisticata e raffinata, ma molto lontana dai canoni motociclistici dell’epoca.
Le sue linee curve che determinavano un profilo ovoidale, con carrozzeria plastica giocata su netti contrasti di colore, piacquero ad un pubblico diverso da quello tradizionale (venne esposta al Guggenheim Museum di New York) ma vennero snobbate dai motociclisti, facendola archiviare rapidamente nella marginalità. Venne prodotta dal 1995 al 2002 in pochi esemplari; inizialmente le colorazioni erano due, grigia/arancio e grigia/avorio. Una terza versione, nera/argento, si aggiunse successivamente.
Con il passare del tempo (e delle mode) la Motò è diventata un vero e proprio cult: la riscoperta delle linee classiche e di moto più semplici ne ha decretato un successo per lo più postumo. Adesso la Motò è molto ricercata dai collezionisti, e nei mercatini dell’usato e dell’epoca spunta spesso quotazioni sorprendenti soprattutto pensando a quanto finisse svenduta nell’ultimo periodo della sua produzione.
Non è difficilissimo trovare esemplari di Motò in vendita fra i nostri annunci, ma i numeri davvero esigui (ne sono state prodotte meno di 4.000) fanno si che non sia sempre scontato reperirne di vicine e alla quotazione giusta – le condizioni solitamente non sono un problema, dato che l’acquirente tipo della Motò non era certo uno smanettone e tendeva a coccolare la propria moto. L’esemplare che vi presentiamo oggi è uno dei pochi prodotti in colorazione nera/argento ed evidentemente nelle condizioni giuste – se fossimo i potenziali acquirenti elimineremmo però subito l’unghia parabrezza e il portapacchi – per valutare un acquisto. Il chilometraggio non è ridottissimo ma nemmeno tale da destare preoccupazioni.
Aprilia
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