Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Chi ha più di 40 anni ricorda molto bene quell’EICMA 1993 in cui tutto è cambiato. Detto oggi, ai tempi delle foto rubate su Internet e delle anticipazioni più o meno pilotate, in cui la visione dal vivo della moto non è che l’ultimo tassello di un mosaico che ha gradualmente costruito l’aspettativa del cliente, si fatica a contestualizzare, ma il momento in cui il compianto Claudio Castiglioni ha sollevato il telo che copriva la Ducati 916 è stato di quelli epocali. Seguito da un attimo di silenzio carico di attesa, mentre tutti trattenevano il fiato, e poi da un applauso a scena aperta.
La Ducati 916 ha cambiato per sempre l’estetica e la guida delle supersportive – tutte le concorrenti, in quel preciso istante, sono diventate grosse, goffe e bruttine. Il successo istantaneo nel Mondiale Superbike non ha fatto che consolidarne il prestigio. Realizzata a tempo di record per poter partecipare alla stagione 1994, la 916 venne in un primo momento prodotta solamente in versione SP e strada monoposto, affiancata dalla 888S giunta all’ultima stagione di commercializzazione.
Chi ha avuto il privilegio di provarla subito, come racconta il nostro Maurizio Tanca nella sua prova storica, se ne è subito perdutamente innamorato. Rigida, senza compromessi ma allo stesso tempo più sfruttabile e nettamente più moderna nella guida rispetto alla 851/888 che andava a sostituire, ha messo per sempre la parola fine ai complessi d’inferiorità che i Ducatisti potevano soffrire nei confronti delle maxi giapponesi. Divenuto in seguito 996 e 998 (con l’arrivo del propulsore Testastretta che debuttò sulla 996R del 2001) il capolavoro di Tamburini ha segnato un’era ed è stata un fenomeno di design quasi irripetibile – basti pensare che, a parte una lievissima revisione che ha “tappato” le prese d’aria della carenatura, è rimasta esteticamente identica per tutti gli otto anni della sua vita.
La storia sportiva della 916 è stata in gran parte responsabile della costruzione del mito Ducati. Dopo i primi tre successi della 888, la 916 nelle sue varie versioni ha fatto una strage nel Mondiale trionfando per ben sei volte in otto anni di vita – quattro con Carl Fogarty, una con Troy Corser e una con Bayliss. Ci sembra giusto riunire in uno stesso conteggio anche 996 e 998 per il semplice motivo che, come da tradizione Ducati dell’epoca (e come consentito dal regolamento), la versione Racing fin dall’inizio non presentava riscontri di cilindrata con la moto di serie – la cubatura effettiva della moto da corsa ha più volte oscillato fra i 955 cc della prima versione e i 998 dell’ultima, con alimentazioni che hanno portato ad avere uno, due o tre iniettori a seconda della versione.
Si trovano diversi esemplari di Ducati 916 fra i nostri annunci – ve ne proponiamo nella foto d’apertura uno con chilometraggio contenuto che appare in ottime condizioni e che (governo permettendo) potrebbe essere iscritto a breve ai registri storici. Come tutte le Ducati di una certa età, chi fosse interessato ad acquistarne una si armi di cautela: la storia della manutenzione dev’essere documentata in maniera esaustiva.
E attenzione agli esemplari un po’ troppo sfruttati in circuito attraverso i soliti indicatori (carenature nuove che stridono con dettagli molto più consunti, dischi usurati eccessivamente per chilometraggio ed età, cerchi con troppi segni di gommista per l’età della moto…) perché la 916 difficilmente finiva in mano a tranquilli poser che si limitavano al tragitto da casa al bar. Per contro, Ducati soprattutto allora attirava una clientela mediamente facoltosa che curava scrupolosamente la propria bella. Se tutto è in regola, procedete e mettetevi in casa una vera e propria icona del motociclismo sportivo.