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Non è mai facile parlare della prima Honda CBR 900RR FireBlade senza essere banali. Se avete vissuto il periodo in cui è stata presentata non c’è bisogno che vi raccontiamo ancora una volta quanto sia stata innovativa – anzi, passatecelo, rivoluzionaria – mentre se eravate troppo giovani per essere stati testimoni della portata del suo impatto forse riterrete esagerate e retoriche certe affermazioni.
Perdonateci quindi se lo diciamo ancora una volta, ma questa è la supersportiva che ha cambiato il mondo delle supersportive una volta e per sempre. Tutte le pietre miliari venute dopo di lei hanno forse spostato asticelle prestazionali, rivoluzionato stilemi, fatto balzi in avanti, ma nessuna ha avuto la stessa importanza nel cambiare il concetto stesso di maxi sportiva giapponese. Fuori dagli schemi come nessuna prima di lei (una race replica dalla cilindrata non ammessa in nessun campionato di quegli anni? Inaudito!), cambiò per sempre un panorama fatto di moto pesanti, lunghe, certo strapotenti, ma che richiedevano di gettare l’ancora per voltare.
Lei era diversa. La storiografia ufficiale ci dice che era nata 750, per diventare la sostituta della RC30 nelle competizioni. Poi all’interno di Honda vinse il partito del V4, prese il via il progetto RC45 e la CBR – che peraltro vanta la sigla di SC28, come tutti i modelli la cui gestazione ha avuto in qualche modo a che fare con l’HRC – diventò una sportiva stradale. Libero dai vincoli regolamentari, il suo papà, Tadao Baba, diede prova di un’attitudine al pensiero laterale inaudito per un tecnico giapponese e, in barba alle convenzioni, decise di dare al motore della FireBlade quella manciata di centimetri cubici in più che l’hanno portata a 893cc. Il risultato fu un propulsore compatto e leggero, senza i cavalli delle rivali a potenza piena, ma con una coppia che le 750 si potevano solo sognare. E visto che ciclisticamente sembrava una 600 per masse e dimensioni, nell’uso sportivo (e anche nelle vendite, globalmente parlando) le avversarie finirono fatte a fettine.
Alla prima presentazione si rivelò eccezionale: veloce ed efficace nell’uso in pista come nessuna maxi era mai stata prima, anche se un po’ nervosa d’avantreno, come si conviene ad una moto da corsa, anche e soprattutto per l'ostinazione del suo creatore per il cerchio anteriore da 16 pollici, che continuò a "graziare" la FireBlade fino al 2000. E da allora, anno dopo anno, è migliorata, oscillando versione dopo versione fra l’uso in pista – quando il regolamento Superbike e la sua crescita di cilindrata sono arrivati a convergenza – e quello su strada, sapendo conciliarli quasi sempre entrambi in maniera sublime.
L’esemplare che abbiamo scovato fra i nostri annunci è ottimo, al netto di qualche “sbavatura”: ad un primo esame è completamente originale, di quelli che non chiede altro se non di essere iscritto ad un registro storico per rappresentare la quintessenza della moto da collezionista. Il chilometraggio non è contenutissimo – 60.000 km – ma rientra ampiamente nella norma per una moto di questa età. E la qualità costruttiva Honda fa si che, trattata bene come appare, possa regalare ancora tante soddisfazioni al suo proprietario per una manciata di euro.
Honda
Via della Cecchignola, 13
00143 Roma
(RM) - Italia
848846632
https://www.honda.it/motorcycles.html
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