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Sembra quasi impossibile, in questo periodo storico in cui le moto vengono evolute per rispondere alle normative Euro e spesso nascono pensando a consumi ed economia di esercizio, che ci sia stato un periodo – nemmeno troppo tempo fa – in cui le Case si sono sfidate in una corsa vorticosa alle superprestazioni.
L’importante era sfondare (più rumorosamente possibile) il muro dei 300km/h, con moto spesso pensate per andare meglio in rettilineo che non in curva: nel giro di pochi anni arrivarono Honda CBR 1100XX Blackbird, Kawasaki ZX-12R e ZZ-R 1400 e infine – appunto – la Suzuki GSX 1300R Hayabusa. Questa meravigliosa follia durò giusto qualche stagione: quando anche BMW decise di rilanciare, con la K 1200 e poi 1300S, la festa era già ampiamente finita, soffocata da una ventata di Politically Correctness un po’ ipocrita che vide le Case giapponesi mettersi d’accordo per non produrre più moto in grado di superare i 300km/h indicati.
Ma se le rivali sono pian piano uscite di produzione, l’Hayabusa è invece rimasta orgogliosamente a listino ed è anzi stata aggiornata in un paio di occasioni, per rispettare le normative e modernizzarsi un po’. D’altra parte sarebbe stato folle fare il contrario, perché la 1300R è diventata un vero oggetto di culto su diversi mercati (California, Est Europa) apparendo con ruoli da protagonista in diversi film d’azione.
La presentazione internazionale, nel 1998, si svolse sull’ovale di Idiada, alle porte di Barcellona. Il teatro ideale per valorizzare le mostruose potenzialità velocistiche dell’Hayabusa (che non a caso prendeva il nome dal Falco Pellegrino, il volatile più veloce del mondo) ma che lasciò qualche dubbio sulla guida. Perché la GSXR era potentissima – 163 cavalli all’epoca erano una cifra da capogiro – e sacrificava l’appeal estetico sull’altare dell’efficienza aerodinamica, ma non era certo leggerissima e anche i volumi (bulbosi ed ampi) non trasmettevano certo l’idea di una moto maneggevole.
Nella realtà l’Hayabusa si guidava meglio di quanto non fosse lecito attendersi: era sì grossa e pesante, ma se guidata con decisione anche sul misto – purché non troppo stretto – regalava gratificazioni con l’unico limite di una luce a terra relativa e di un acceleratore a cui dare del lei, perché allora i controlli di trazione non c’erano nemmeno sui mezzi da corsa.
Molto affidabile come da buona tradizione dei quadricilindrici aria/olio di Hamamatsu, ha fatto la felicità di tantissimi amanti del drag-racing e di molti preparatori che ne hanno ricavato special potentissime e stravaganti, quasi sempre caratterizzate da pneumatici posteriori con sezioni assurde e forcelloni allungati secondo i canoni tecnico-estetici delle gare d’accelerazione.
Sul mercato dell’usato è abbastanza ricercata soprattutto nelle prime versioni, più cattive e prestanti di quelle successivamente un po’ addolcite nell’erogazione. L’esemplare che abbiamo trovato fra i nostri annunci ci sembra tenuto meravigliosamente, con il chilometraggio “giusto” ed in grado di regalare ancora tanto divertimento. Attenzione però ai consumi. E non solo a quelli della benzina, perché all’epoca una battuta molto in voga fra appassionati ed addetti ai lavori recitava come l’Hayabusa si fermasse più spesso dal gommista che dal benzinaio…
Suzuki
C.so Fratelli Kennedy, 12
10070 Robassomero
(TO) - Italia
011 9213711
https://moto.suzuki.it/
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