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Nel corso di una sessione organizzata dall’AMS “Bagni della Porretta”, il 4 ottobre scorso, hanno ottenuto la certificazione dell'Automotoclub Storico Italiano (ASI) come esemplari unici le due Ducati 175 con cui Leopoldo Tartarini e Giorgio Monetti tra il 1957 e il 1958 compirono il giro del mondo.
Le due moto portano ancora tutti i segni dell’impresa durata più di un anno, nella quale affrontarono difficoltà di ogni tipo, dalla marcia nel fango in cui affondavano fino a metà, all’aria rarefatta delle Ande che rendeva quasi impossibile a moto con alimentazione a carburatore salire oltre i 5.000 metri di quota a cui arrivarono.
Le due 175 vennero profondamente modificati dal reparto prototipi Ducati, con l’aggiunta di tubi paracolpi, portapacchi e intelaiature metalliche saldate al telaio per trasportare le normali valigie da viaggio in cui i due motociclisti avevano stipato bagagli e ricambi al seguito: le motovaligie non erano state ancora inventate.
La certificazione concessa dall’ASI assume particolare importanza perché riconosce il valore dell’impresa, la storicità e l’unicità dei due veicoli usati da Tartarini e Monetti.
Proprio per questo l’AMS “Bagni della Porretta” ha organizzato un evento al quale hanno presenziato Luca Manneschi (presidente della Commissione Cultura ASI), Stefano Antoniazzi (presidente della Commissione Tecnica Nazionale Moto ASI), Livio Lodi (conservatore Museo Ducati) e del sindaco di Alto Reno Terme, Giuseppe Nanni. Tra gli ospiti anche Roberto Montanari, coautore del film “1 mappa per 2” nel quale viene raccontata nei dettagli la pazzesca e divertentissima impresa dei due amici bolognesi.
Le due moto erano state lasciate ai protagonisti dell’avventura e sono state oggetto di un restauro conservativo proprio per girare alcune scene del film, guidate ancora una volta da Leopoldo Tartarini e Giorgio Monetti, con diverse primavere in più.
“Poldino”, come veniva chiamato, è scomparso cinque anni fa, Giorgio invece è stato il protagonista della cerimonia, durante la quale ha raccontato numerosi aneddoti della grande avventura, stimolato nei ricordi da Giorgia, moglie di Tartarini.
“Tenete duro!”, esortava l’allora direttore generale della Ducati Giuseppe Montano nei telegrammi inviati a Tartarini e Monetti. Del resto, in quel lungo viaggio capitò davvero di tutto. “In Siria abbiamo passato dei brutti momenti – scriveva “Poldino” alla madre - perché c’è la guerra e ci sono i partigiani su tutte le montagne che saltano fuori con i mitra”. Ma, “appena sentono che siamo italiani ci lasciano passare dappertutto”, rassicurava Monetti nei suoi scritti.
In Indonesia, a Giakarta, dopo la strage di olandesi e cinesi, i due vennero arrestati come sospette spie. In Venezuela furono bloccati per giorni alla frontiera a causa della rivolta che portò Betancourt alla guida del Paese. In salita sulle Ande si spinsero a vicenda o portarono le moto a braccia, facendo le discese a motore spento per risparmiare carburante.
“Prima di partire mi ero allenato un po’ sulle mie colline – ha raccontato Monetti - senza immaginare cosa avremmo affrontato. Siamo partiti con una cartina del mondo dove un dito copriva 3.000 chilometri”.
All’epoca Monetti era fresco di laurea in giurisprudenza, ma grande appassionato di motori e di viaggi. Amico fraterno di Tartarini (entrambi classe 1932), già affermato campione motociclistico in casa Ducati. Dopo un incidente, però, fu costretto a rinunciare alle gare: “Dovevo smettere di correre, ma non potevano impedirmi di fare il giro del mondo”.
La serie delle Ducati 175 ha rappresentato una svolta epocale per la Casa di Borgo Panigale, che nel secondo dopoguerra si era risollevata con il piccolo “Cucciolo” e poi con le motoleggere da 60 cc. Successivamente, con l’arrivo del geniale Fabio Taglioni, Ducati è approdata alle corse e alle moto sportive per le gare di “gran fondo” tanto in voga negli anni ’50. Per questo, alla fine del decennio, è arrivata la “175”, prima motocicletta Ducati concepita per i viaggi di media e lunga distanza, equipaggiata di una versione potenziata del già noto monocilindrico a coppie coniche.
La “175”, che esordì al Salone di Milano 1956, rappresenta l’idea che ha sempre ispirato la Ducati. Cioè il trasferimento di tecnologia dalle corse alla strada. Il suo motore monoalbero, il primo ad essere offerto al pubblico su un modello di serie, deriva direttamente da quello delle Gran Sport.
Si tratta di un monocilindrico a quattro tempi inclinato in avanti di 10°, con distribuzione a monoalbero in testa comandata da alberello e coppie coniche con due valvole; in base alle versioni eroga da 11 a 14 CV. Il telaio è a monoculla aperta in tubi d’acciaio, con forcella anteriore teleidraulica e sospensione posteriore a forcellone oscillante e due ammortizzatori..