Le Due Tempi da corsa a cilindro orizzontale

Fra le moto 125 da corsa non sono mancati tanti esempi con questa configurazione motoristica, ma sono stati i 50 quelli più importanti
26 maggio 2020

La grande semplicità strutturale e il ridottissimo ingombro della testa hanno consentito ai due tempi di venir realizzati in una grande varietà di architetture e con svariate soluzioni costruttive.
Ne sono stati costruiti con i cilindri in linea, a V, in quadrato e contrapposti. E, quando il cilindro era uno solo, è stato orientato in tutti i modi immaginabili: poteva essere infatti verticale, inclinato o orizzontale (ma c’è stato perfino chi lo ha rivolto verso il basso!).

In questo servizio esaminiamo i motori da Gran Premio nei quali l’unico cilindro era disposto orizzontalmente.

Nel 1955 ha fatto la sua comparsa un bel mono a due tempi con aspirazione in terza luce (che da diversi anni a questa parte si definisce anche da noi “piston-port”) realizzato con questa architettura dalla DKW. In pratica poteva considerarsi il cilindro centrale del famoso 350 tricilindrico della casa di Ingolstadt, debitamente riveduto in quanto a misure caratteristiche.
E infatti inizialmente l’ing. Gorg intendeva utilizzarlo per agevolare lo sviluppo dell’elemento più critico della 350, ma poi aveva deciso di ricavarne una 125 da GP.

Le attenzioni della azienda e le risorse del suo reparto corse erano rivolte principalmente allo sviluppo del motore di cilindrata maggiore, che aveva importanti ambizioni mondiali; nelle poche volte in cui è stato impiegato, questo mono a cilindro orizzontale, per il quale si parlava di 17 cavalli a 9700 giri/min, si è comunque dimostrato più che valido.
Nel 1955 è arrivato quarto al Gran Premio delle Nazioni di Monza benché la concorrenza fosse agguerritissima. Peccato che in seguito la direzione dell’azienda abbia iniziato a perdere interesse per le competizioni…

Il Beccaccino era in pratica una evoluzione del monocilindrico Mondial 125. L’ammissione era controllata da un disco rotante collocato sul lato destro del motore e la potenza era dell’ordine di 25 cavalli a 11500 giri/min
Il Beccaccino era in pratica una evoluzione del monocilindrico Mondial 125. L’ammissione era controllata da un disco rotante collocato sul lato destro del motore e la potenza era dell’ordine di 25 cavalli a 11500 giri/min
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Il Parilla 125 da GP dotato di questa stessa architettura lo hanno visto davvero in pochi. Progettato dall’ing. Cesare Bossaglia, aveva iniziato le prove al banco nel 1960 ma il suo sviluppo non ha potuto proseguire a causa della situazione finanziaria della azienda, che andava facendosi preoccupante.
Si trattava del primo esempio di moto italiana da competizione con ammissione controllata da un disco rotante e questo lo rende di particolare significato tecnico e storico.

Il motore, particolarmente leggero e compatto, aveva il basamento in lega di magnesio e il gruppo testa-cilindro con una razionale alettatura radiale. La moto era straordinaria anche sotto l’aspetto estetico ed è stato davvero un peccato che non sia uscita dallo stadio di prototipo.

All’inizio degli anni Sessanta è stato chiaro che i due tempi, semplici, leggeri e in grado di fornire potenze specifiche che aumentavano di anno in anno, stavano prendendo il sopravvento sui 4T.
Francesco Villa, giovane e valido tecnico oltre che ottimo pilota (ha conquistato quattro titoli italiani delle 125), ha quindi realizzato per la Mondial una 125 a cilindro orizzontale da GP con aspirazione controllata da disco rotante. Il motore, che aveva misure caratteristiche “quadre” (54 mm di alesaggio e 54 mm di corsa), era in grado di fornire ottime prestazioni, anche se non a livello di quelle ormai raggiunte dalle moto dei costruttori giapponesi, che disponevano di ben altri mezzi.

Una caratteristica di particolare interesse era il sistema di raffreddamento misto, con la testa ad aria e il cilindro, che nei 2T è più sollecitato termicamente, refrigerato ad acqua. La circolazione di quest’ultima non era attivata da una pompa ma avveniva grazie a un sistema a termosifone.
Tra il 1965 e il 1967 questa moto ha conquistato tre titoli italiani (uno con Francesco Villa e due con il fratello Walter).

Il famoso motore Kreidler da competizione, qui fotografato dal lato della aspirazione (controllata da una valvola a disco rotante), per oltre un decennio è stato il principale protagonista delle gare della classe 50. L’ultima versione è arrivata a erogare 21 CV a poco più di 16000 giri/min
Il famoso motore Kreidler da competizione, qui fotografato dal lato della aspirazione (controllata da una valvola a disco rotante), per oltre un decennio è stato il principale protagonista delle gare della classe 50. L’ultima versione è arrivata a erogare 21 CV a poco più di 16000 giri/min

Pure la MV Agusta aveva manifestato un certo interesse nei confronti dei motori a due tempi, per quanto riguarda le cilindrate minori. Nel 1965, grazie alla consulenza dello specialista tedesco Peter Durr, ha così realizzato una 125 a disco rotante a cilindro orizzontale, che però non ha mai gareggiato.
Pure in questo caso veniva adottato un raffreddamento misto, con cilindro ad acqua e circolazione a termosifone. Il motore aveva un alesaggio di 54,2 mm e una corsa di 54 mm e pare che erogasse circa 21 cavalli a 12000 giri/min.

Frattanto Francesco Villa ha continuato a lavorare sui motori a due tempi realizzando il Beccaccino, diretta evoluzione del Mondial, del quale manteneva lo schema costruttivo e le principali soluzioni tecniche. Nel 1966 il tecnico modenese ha concluso un accordo con la Montesa e questa moto ha gareggiato anche con tale marchio.
Dal 1970 la tecnica delle moto da GP di 125 cm3 si è orientata sui motori bicilindrici. Ai mono si è tornati solo nella seconda metà degli anni Ottanta, grazie al mutato regolamento.

Dove i motori a cilindro orizzontale (o quasi, dato che in certi casi era leggermente inclinato!) hanno a lungo spadroneggiato è stato nella classe 50 dopo l’uscita di scena dei costruttori giapponesi, avvenuta sul finire degli anni Sessanta.
Da allora in poi si sono alternati nella conquista dell’iride le case europee. Tra il 1969 e il 1983, ultimo anno di questa categoria di cilindrata, il titolo mondiale è stato conquistato sette volte dalla Kreidler, quattro dalla Bultaco, tre dalla Derbi e uno dalla Iprem, che però in effetti era una Kreidler sotto mentite spoglie.

I loro motori erano invariabilmente a cilindro orizzontale (o quasi). Solo la Derbi si staccava, anche se in misura ridotta, da questa architettura.

Sicuramente il monocilindrico Kreidler è di quelli che hanno fatto la storia. Non solo ha vinto moltissimo e ha davvero indicato la strada, ma il suo gruppo termico è stato sia copiato che utilizzato così com’era da un notevole numero di costruttori artigianali. Si trattava di un monocilindrico con un alesaggio di 40 mm e una corsa di 39,7 mm che nell’ultima versione è arrivato ad erogare 21 cavalli a un regime di oltre 16.000 giri/min.

L’ultima Tomos da Gran Premio aveva un telaio monoscocca in composito a base di fibra di vetro e un motore raffreddato ad acqua e con aspirazione a disco rotante. Al termine di uno sviluppo protrattosi per anni questo monocilindrico ha raggiunto una potenza prossima ai venti cavalli, che gli ha consentito di imporsi nel campionato europeo nel 1982
L’ultima Tomos da Gran Premio aveva un telaio monoscocca in composito a base di fibra di vetro e un motore raffreddato ad acqua e con aspirazione a disco rotante. Al termine di uno sviluppo protrattosi per anni questo monocilindrico ha raggiunto una potenza prossima ai venti cavalli, che gli ha consentito di imporsi nel campionato europeo nel 1982

“Quasi” orizzontale era anche il motore della jugoslava Tomos, tante volte portata al successo dall’indimenticabile Gilberto Parlotti.
Semplice, affidabile e in grado di fornire ottime prestazioni, questa moto, nella quale l’ammissione era controllata dal pistone, è stata utilizzata anche da vari piloti italiani nelle gare nazionali.

L’ultima versione del motore, sviluppato dall’ing. Imperl, aveva l’aspirazione a disco rotante, mentre il raffreddamento era sempre ad acqua e l’architettura costruttiva rimaneva invariata. Nella ciclistica spiccava il telaio monoscocca in composito a base di fibra di vetro!

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