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Dopo la fine della seconda guerra mondiale per alcuni anni in Italia sono state popolari le gare per le “bicimotore”, che inizialmente si correvano utilizzando motorini ausiliari applicati alle biciclette e in seguito impiegando mezzi leggermente meno spartani, che nascevano già completi. Erano infatti dotati di una semplicissima ciclistica studiata ad hoc e di un motore ad essa abbinato fin dall’inizio della progettazione. Si trattava in pratica degli autentici antenati dei moderni ciclomotori.
Rapidamente il motociclismo ha avuto un autentico boom e per diverso tempo le competizioni stradali sono state molto diffuse. Per quasi tutti gli anni Cinquanta però la classe più piccola però non è stata la 50 ma la 75, a lungo una importante protagonista in campo nazionale. Nel frattempo, un poco in sordina, stavano nascendo i veri ciclomotori, che nella versione “turistica” avevano generalmente un telaio aperto ma in quella sportiva avevano l’aspetto di autentiche piccole moto.
Fin dal 1947 la Motom produceva il suo 48 a quattro tempi, ma solo verso la metà degli anni Cinquanta hanno cominciato a proliferare i “cinquantini”, in larga misura dotati di motori a due tempi, non di rado prodotti da fornitori esterni (questa tendenza si sarebbe accentuata nel corso del decennio successivo). Tra il 1955 e il 1957 c’è stato un autentico boom dei modelli di questo tipo, spesso proposti anche in una versione molto sportiva, con mezzi manubri e sella lunga. Il cambio era quasi sempre a tre marce e veniva azionato per mezzo di una manopola rotante, posta alla estremità sinistra del manubrio, proprio come sugli scooter. Tra le prime grandi case che hanno iniziato a produrre ciclomotori in tale periodo spiccano la Parilla, la Mondial e la Benelli.
Già da qualche anno alcuni costruttori come la Demm, costruivano motori sciolti destinati a varie aziende motociclistiche, ma è stato nel 1956, con la nascita della F.B. Minarelli e della Motori Franco Morini, sorte dalla precedente FBM, che questo settore ha iniziato a crescere vigorosamente. Tra le case che invece utilizzavano motori di propria progettazione e fabbricazione spiccavano la Itom, la Demm e la Benelli.
Un ciclomotore particolarmente sportivo e interessante prodotto in questo periodo era il Maserati 50 T2 SS, soprannominato “rospetto”. Si trattava di un mezzo dalla estetica entusiasmante, destinato ai giovani più appassionati, il cui motore a due tempi era dotato di un carburatore da 16 mm e veniva alimentato da una miscela costituita da benzina con il 6% di olio, che provvedeva alla lubrificazione. Nel depliant del 1958 il costruttore dichiarava per questo modello una potenza di 2,8 cavalli e una velocità massima di 70 – 75 km/h.
La maggior parte dei piloti correva nelle gare in salita con mezzi di serie opportunamente elaborati, ma non mancavano quelli preparati dalle Case
Per vedere in gara i ciclomotori, fondamentali si sono rivelate le corse in salita. Nel 1959 nel Campionato Italiano della Montagna ha fatto la sua comparsa la classe 50, che ha visto il successo finale della Motom. Il robusto e versatile quattro tempi della casa milanese si è ripetuto anche l’anno successivo e, limitatamente alla categoria Sport (derivate dalla serie), nel 1961 e nel 1962. La maggior parte dei piloti correva con mezzi di serie opportunamente elaborati, ma in questo caso esistevano anche dei motori preparati dalla stessa casa per impiego agonistico, nei quali spiccava l’adozione di due barre di torsione, che andavano ad aggiungersi alle usuali molle elicoidali di richiamo delle valvole; erano alloggiate in due ben visibili astucci tubolari che fuoriuscivano dalla testa. Questa soluzione era già stata impiegata nel 1958 sul ciclomotore da record allestito dalla Motom che, dotato di un motore erogante 4,5 CV a 9000 giri/min, aveva conquistato quattro primati mondiali sulle lunghe distanze.
Un discorso a parte merita la Itom. Fondata nel 1944, questa azienda ha iniziato l’attività producendo motori ausiliari per biciclette ed ha costruito il suo primo ciclomotore completo nel 1953. Successivamente è passata a modelli più performanti, alcuni dei quali di netta impostazione sportiva (Astor Super Sport da 2,5 cavalli e Sport Competizione da 3 cavalli, presentati sul finire del 1956). I “cinquantini” di questa casa torinese sono stati largamente impiegati nelle competizioni fino alla seconda metà degli anni Sessanta, ottenendo numerosi successi (più all’estero che in patria!). A dare una forte spinta alla diffusione degli Itom da corsa e addirittura alla istituzione della classe 50, a livello nazionale prima e internazionale subito dopo, è stato un concessionario inglese, che sul finire degli anni Cinquanta ha iniziato a preparare la versione più spinta dell’Astor e a produrre parti speciali per adeguarla a un impiego in pista. Le Itom preparate da Dick Chalaye sono diventate subito molto popolari nel British Road Racing Championship. In sella a queste brillanti monocilindriche hanno fatto il loro esordio in gara il pluricampione Mike Hailwood e Bill Ivy, poi vessillifero della Yamaha. Va ricordata anche Beryl Swain, prima donna a correre al TT, nel 1962.
Le Itom hanno ottenuto importanti successi in campo agonistico non solo in Inghilterra ma anche in Olanda, Belgio e Francia. Il generoso motore a due tempi che le azionava aveva un alesaggio di 40 mm e una corsa di 39,5 mm; alimentato da un carburatore da 22 mm erogava circa 7 cavalli a un regime dell’ordine di 14000 giri/min. Da noi queste piccole e brillanti moto da competizione sono state apprezzate protagoniste soprattutto nelle gare in salita. Spicca il titolo italiano della montagna conquistato nel 1966 da Sergio Bongiovanni nella classe 75.