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Moto e cultura. Quando si pensa ai legami tra le due ruote e il mondo delle arti, forse quella che iconicamente appare subito alla mente è la settima arte, ovvero il cinema. Da Easy Rider a Mission Impossible II, da Il Selvaggio a La grande fuga, passando per Vacanze Romane, che ha fatto conoscere in tutto il mondo la Vespa, sono tante le pellicole che raccontano il senso di libertà, di rischio, di evasione, di piacere che può regalare una motocicletta.
I motivi per vedere, o rivedere, Easy Rider sono tantissimi. È il primo film che ha cambiato la prospettiva su cosa dovesse essere un film di successo per Hollywood, qualcosa che potesse essere totalmente dirompente rispetto alla tradizione e piacere solo ai più giovani. È il road movie per eccellenza, l’opera che in maniera più netta e semplice - un viaggio in sella alla propria Harley Captain America sulle strade degli Stati Uniti del Sud - ha messo in immagini e parole la controcultura sorta dopo il movimento del Sessantotto (Easy Rider è uscito nel 1969), il desiderio hippy di vivere in maniera antitetica rispetto alla middle class, interpretato dai bravissimi Peter Fonda, Dennis Hopper e Jack Nicholson.
È l’inno della ricerca della libertà, come cantano gli Steppenwolf nella famosissima Born to be wild: il bisogno di fuggire dagli schemi degli anni ’50 e ’60 e proporre modelli alternativi, sentiti come autentici e più consoni all’animo umano. È, per gli amanti delle chopper, il film di riferimento, dove la motocicletta si eleva a compagna di vita, di espressione di se stessi, della propria consapevolezza di essere su un palcoscenico sociale.
La grande fuga, uno degli esempi più riusciti del filone evasione, con Steve McQueen, simbolo della vita spericolata e del rombo dei motori e diretto dallo stesso regista de I Magnifici Sette (John Sturges), e Il Selvaggio, con Marlon Brando nei panni del capo di una gang di motociclisti, sono precedenti a Easy Rider, e conferiscono alla moto - in entrambi i film una Triumph - una doppia valenza: in un caso, mezzo insospettabile ma decisivo per un tentativo di fuga dai nazisti, in un altro sinonimo di violenza tra gruppi rivali e devastazioni cittadine, ispirato a un episodio realmente accaduto in California.
Sempre la Triumph è protagonista della rocambolesca e spettacolare lotta per la sopravvivenza del pianeta in Mission Impossible II, dove Tom Cruise è molto meno ribelle e fuorilegge di Marlon Brando, ma molto più eroe - come, in parte, appare anche Trinity in sella a una Ducati 996 (ma anche, nella scena iniziale, una MV Agusta F4 e nel primo Matrix, una Triumph Speed Triple) in Matrix Reloaded. Sarà che il binomio uomo-moto è un cardine dell’immaginario collettivo, ma sono pochissime le figure femminili che nei film o nei libri sono protagoniste di scene adrenaliniche sulle due ruote.
Anche quando la moto è il mezzo per conoscere se stessi e andare alla ricerca delle proprie radici, come in Belli e dannati, sono due giovani Keanu Reeves e River Phoenix a interpretare l’angoscia e il disorientamento degli anni Novanta, a cavallo tra droga e prostituzione.
Menzione a parte per Vacanze Romane: anche se a guidare la Vespa è quasi sempre un elegantissimo Gregory Peck, Audrey Hepburn è protagonista della scena in pari misura, perché in questo caso le "due ruote" sono il trait d'union tra due individui che, senza la condivisione della scoperta di Roma in sella alla Vespa, forse, non riuscirebbero a comunicare così bene.