Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
La Spagna è una terra di grande passione motociclistica e di fortissimi piloti. Per lungo tempo si è trattato soprattutto di specialisti delle piccole cilindrate (basta pensare a Nieto e a Tormo) ma da una ventina d’anni a questa parte la presenza iberica si è estesa (e alla grande!) anche in MotoGP.
Dal 2002 ad oggi nella classe regina i piloti spagnoli hanno conquistato il mondiale ben dieci volte. Logico che in una terra così appassionata ci siano state anche varie case motociclistiche, alcune delle quali hanno lasciato una traccia notevole, con moto che sono state largamente apprezzate, arrivando ad avere una apprezzabile diffusione in diverse altre nazioni.
Nei primi due decenni del XX secolo sotto l’aspetto industriale la Spagna non era certamente a livello di nazioni come la Germania e la Francia; in tale periodo i costruttori di moto sono stati una manciata e non hanno lasciato traccia. Di piccole dimensioni, impiegavano per lo più motori inglesi. La guerra civile è stata disastrosa e la ripresa lenta anche per via di un certo isolamento nel quale era piombato il paese. La voglia di moto però era grande…
Nel 1942 è stata fondata la Sanglas, verso la fine del 1944 la Montesa e poco tempo dopo dopo è stata la volta dalla Derbi, dalla Lube e dalla Clua, che per diverso tempo ha prodotto su licenza motori Alpino.
La Motor Hispania ha costruito per anni alcuni modelli Guzzi, e lo stesso è accaduto in seguito per la ben più celebre Mototrans, che produceva monocilindriche Ducati, spesso leggermente diverse da quelle originali.
Secondo l’Enciclopedia della Moto di H. Wilson le case spagnole sono state poco più di 50 (contro le oltre 650 di Inghilterra e Germania e le circa 560 dell’Italia). Fonti spagnole attendibili però parlano di oltre 90, comprendendo evidentemente anche piccoli “assemblatori” (tipo Cobas, per intenderci); di esse solo una decina non sono catalane.
Qui parliamo delle tre più famose, che per un certo periodo hanno avuto una buona popolarità anche in Italia. Importanti sono anche la Derbi (specialista delle piccole cilindrate, che ha vinto molto in velocità a livello mondiale) e la Mototrans ma ce ne occuperemo in un’altra occasione.
Dal punto di vista tecnico i motori delle case spagnole delle quali parliamo sono di scuola classica. Monocilindrici a due tempi (con un paio di eccezioni dovute alla Ossa) erano privi di soluzioni innovative e non si allontanavano dagli schemi tradizionali, con l’ammissione controllata dal pistone e due soli travasi.
Di disegno semplice e lineare, questi motori erano realizzati molto bene e il loro dovere lo hanno sempre fatto.
La Montesa è stata la più grande casa motociclistica spagnola. Il marchio esiste ancora, in seguito alla acquisizione da parte della Honda, avvenuta attorno alla metà degli anni Ottanta, ma i motori sono diventati a quattro tempi e di progettazione giapponese.
Fondata da Permanyer e Bultò, è stata molto attiva negli anni Cinquanta tanto nella regolarità quanto nella velocità (nel 1956 è stata la prima casa spagnola a partecipare al Tourist Trophy) principalmente con moto di 125 cm3 mosse da semplici monocilindrici a due tempi.
Il più importante modello stradale degli anni Sessanta è stato l’Impala, costruito in versioni di 175 e di 250 cm3 (rispettivamente dal 1962 e dal 1965). Nel 1963 la Montesa ha vinto la massacrante 24 ore del Montjuich e nel 1966 ha ripetuto l’impresa.
L’anno successivo ha gareggiato in diverse gare nazionali e internazionali con le bicilindriche 250 progettate da Francesco Villa.
Negli anni Settanta, mentre continuava la produzione dei modelli stradali, la casa ha concentrato la sua attenzione sul fuoristrada. Le moto da regolarità erano già state affiancate da quelle da cross quando ha iniziato a diventare popolare il trial, per il quale la Montesa ha ben presto allestito una gamma nutrita di modelli, con cilindrate che andavano da 49 a 349 cm3.
Particolarmente famosi, anche a livello internazionale, sono rimasti il Cota, evolutosi fino a conquistare il suo primo mondiale di trial nel 1980, e il Cappra da cross, prodotto in versioni di 125, 250 e 351 cm3. All’inizio degli anni Ottanta è iniziata la crisi che ha portato alla cessione alla Honda.
La prima moto costruita dalla Ossa risale al 1949. Si trattava di una semplice monocilindrica di 125 cm3, progettata dal fondatore della casa, Manuel Giro, che ha avuto una ottima accoglienza da parte del mercato (14.000 esemplari venduti in circa quattro anni). Il nome è un acronimo che sta per Orpheo Sincronia Sociedad Anonima; l’azienda infatti produceva proiettori e altri macchinari per l’industria cinematografica.
Dal 1958 al 1963 la Ossa ha anche costruito una moto a quattro tempi di 175 cm3 dotata di un motore prodotto su licenza Morini. Negli anni Sessanta direttore tecnico della azienda è diventato Eduardo Giro, e ai 125 si sono aggiunti anche modelli dapprima di 160 e poi di 175 cm3, realizzati con identico schema. Nel 1966 ha fatto il suo esordio la 230 Sport, che disponeva di 24 cavalli. L’anno successivo una di queste moto ha trionfato da outsider nella 24 ore del Montjuich battendo a media record tutti i favoriti.
La passione dei Giro padre e figlio ha portato di lì a poco alla nascita di una 250 da Gran Premio dalle caratteristiche innovative. Il telaio era monoscocca in lega di alluminio (o di magnesio, secondo alcune fonti) mentre il motore monocilindrico aveva l’ammissione a disco rotante. I cavalli non erano magari tantissimi (circa 44 a 11.000 giri/min) ma il motore era generoso e trattabile e la leggerezza della moto straordinaria.
E Santiago Herrero, che la pilotava, era un grande campione. Arrivato terzo nel mondiale del 1969, con una buona dose di sfortuna, stava andando alla grande nel mondiale successivo quando una caduta al TT gli è stata fatale.
Tra le grandi case spagnole la Bultaco si è sempre distinta per la sua vocazione sportiva. In effetti era nata in seguito alla decisione della Montesa di abbandonare l’attività agonistica, cosa che ha causato l’abbandono di Paco Bultò, il quale è stato rapidamente convinto da un gruppo di tecnici e di meccanici dell’ex-reparto corse a fondare una nuova casa costruttrice.
Nel 1958 è così nata la Bultaco che ben presto, bruciando le tappe, ha saputo conquistare una posizione di straordinaria importanza a livello nazionale e in seguito è diventata ben nota anche all’estero. Negli anni Sessanta la sua moto più famosa è stata la Metralla, costruita nelle cilindrate di 200 e poi anche di 250 cm3. Celebre è rimasto il modello da competizione TSS costruito in versioni di 125, 250 e 350 cm3 (rispettivamente dal 1962, dal 1964 e dal 1969) e diventato molto popolare tra i piloti privati.
A parte quella di maggiore cilindrata, le altre due TSS sono state dotate di raffreddamento ad acqua durante la seconda metà del decennio. Una 250 si è anche imposta nel GP dell’Irlanda del Nord.
Semplicemente straordinarie sono state le due grandi vittorie conseguite dalla Bultaco nella 24 ore del Montjuich nel 1969 e nel 1972, quando ha dato la paga a numerose grosse cilindrate di fabbricazione europea e giapponese pilotate da fior di specialisti dell’endurance. La moto era un prototipo che utilizzava un monocilindrico di 360 cm3 derivato da un modello da cross.
Negli anni Settanta la Bultaco ha brillato a livello internazionale nel fuoristrada, con validi modelli da cross e da regolarità. Nomi come Al Bandido, El Montadero, Matador e Pursang (prodotto dalla metà degli anni Sessanta) sono rimasti famosi.
Nel trial tra il 1975 e il 1979 sono arrivati addirittura cinque titoli iridati.
In velocità spiccano quattro mondiali nella classe 50 conquistati tra il 1976 e il 1981. Le moto però erano nate in Italia come Piovaticci. Difficoltà finanziarie sempre crescenti hanno portato questa gloriosa marca a chiudere definitivamente i battenti nel 1983.
La Ossa ha allora posto fine al suo impegno nella velocità e ha concentrato le sue attenzioni sul fuoristrada. In particolare si è impegnata nel trial, ottenendo rapidamente grandi vittorie con Mick Andrews. Buona parte delle moto prodotte andava negli USA e per tale mercato la casa ha realizzato una bicilindrica che in pratica era costituita dall’unione di due mono di 250 cm3.
Si trattava della Yankee 500, sviluppata per diversi anni prima di arrivare alla versione definitiva, erogante 58 cavalli, nel 1977.
Negli anni Settanta la produzione dei modelli stradali di serie è proseguita soprattutto con alcune belle 250.
La Copa, presentata nel 1979, era la più sportiva e disponeva di 28 cavalli a 7000 giri/min. La grave crisi che ha colpito le case spagnole all’inizio degli anni Ottanta è stata fatale anche per la “vecchia” Ossa.