Le origini impensabili di alcuni marchi motociclistici

Le origini impensabili di alcuni marchi motociclistici
Alcune case motociclistiche sono nate da aziende che agivano in settori completamente differenti. Come BMW, Kawasaki o MV Agusta
22 agosto 2017

Molti costruttori di moto hanno iniziato la loro attività direttamente come tali o come logica evoluzione di alcuni fabbricanti di biciclette. In fondo, bastava applicare al telaio un motore ausiliario (in genere con trasmissione a rullo) e si otteneva un mezzo di trasporto semplice ed economico. E se il telaio era realizzato ad hoc e magari c’era anche una sospensione anteriore, si otteneva una “bicimotore”. Di lì era semplice compiere il passo successivo…
Altre case, divenute in seguito famosi, prima di produrre moto agivano già in campo motoristico, come fabbricanti di componentistica o come officine specializzate nelle lavorazioni di componenti meccanici destinati alle auto, e talvolta nella riparazione o nella costruzione di motori completi, magari per uso industriale o agricolo. È questo ad esempio il caso della Benelli e della Honda. Tanti altri costruttori sono però nati in seguito alla conversione di stabilimenti o alla differenziazione della attività di aziende che svolgevano la loro attività in settori assolutamente diversi, e in qualche caso addirittura… impensabili.

Dopo la fine di ciascuno dei due conflitti mondiali che hanno avuto luogo nel XX secolo, svariate industrie che avevano lavorato in campo militare si sono trovate nella necessità di riconvertire le loro strutture per entrare in nuovi settori, e alcune di loro hanno iniziato a fabbricare moto, veicoli semplici e a basso costo dei quali nei periodi di ricostruzione si sentiva una forte necessità. Alcune case aeronautiche sono entrate così nel nostro mondo.


 

La BMW è nata come costruttrice di motori d’aviazione ma dopo la prima guerra mondiale è rapidamente passata alla produzione di motori sciolti per impiego motociclistico e quindi di moto complete

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La BMW è nata come costruttrice di motori d’aviazione ma dopo la prima guerra mondiale è rapidamente passata alla produzione di motori sciolti per impiego motociclistico e quindi di moto complete. In breve tempo è diventata una casa di prima grandezza, ma non ha abbandonato il settore aeronautico. Negli anni Trenta era una industria di livello mondiale, che produceva eccellenti motori d’aviazione e aveva anche iniziato la costruzione di ottime automobili.

Pure la francese Gnome-Rhone era una importante costruttrice di motori d’aviazione quando, circa un anno e mezzo dopo il termine della prima guerra mondiale, ha iniziato a produrre moto. Dapprima i motori erano gli inglesi ABC fabbricati su licenza, ma in seguito sono stati sempre progettati all’interno della azienda, che aveva sede a Parigi. La produzione motociclistica è continuata nel dopoguerra, anche dopo che il marchio come costruttore di motori aeronautici era scomparso (era infatti divenuto Snecma), ed è terminata solo nel 1959.

Dopo la seconda guerra mondiale una “costola” della Aeronautica Macchi ha iniziato a costruire dapprima motocarri e quindi moto, diventando ben presto una delle più importanti realtà italiane del settore, l’Aermacchi. Pure la MV Agusta ha origini aeronautiche. Per non parlare della Piaggio, importante costruttrice di velivoli e di motori d’aviazione negli anni Trenta e Quaranta, che subito dopo il termine del conflitto ha “inventato” lo scooter moderno, lanciando un capolavoro di razionalità: la Vespa.
Un altro esempio importante è costituito dalla Aerocaproni, divenuta Aeromere nella seconda metà degli anni Cinquanta, che costruiva le famose motoleggere Capriolo. Il gruppo Caproni negli anni Trenta era un autentico colosso, con numerosi stabilimenti e oltre 30.000 dipendenti, del quale facevano parte anche la Isotta Fraschini e le Officine meccaniche Reggiane.

Dal settore militare è arrivata anche la IMN (Industria Meccanica Napoletana). Questa azienda aveva sede vicino a Pozzuoli, in quelli che in precedenza erano stati gli stabilimenti del Silurificio di Baia, nato addirittura nel 1914. La IMN è entrata nel settore delle due ruote nel 1950 costruendo su licenza della Garelli il motore ausiliario Mosquito. Un paio di anni dopo ha iniziato a fabbricare ciclomotori completi (famoso è rimasto il “Paperino”), ben presto dotati di motore proprio, con cambio a tre marce, ottenendo un buon successo commerciale. Nel 1953 ha messo in produzione la sua prima moto, denominata Baio e azionata da un monocilindrico a quattro tempi di 100 cm3. Nonostante le vendite modeste, l’azienda ha insistito in questa direzione presentando successivamente il Punch, di 100 cm3, e il Rocket, con trasmissione finale ad albero e motore bicilindrico boxer di 200 cm3. È stata una catastrofe: di questi due modelli è stata costruita solo una manciata di esemplari prima della cessazione della attività in campo moto.

 

Il canto del cigno della IMN, che in precedenza aveva avuto un buon successo commerciale con i suoi ciclomotori a due tempi: si tratta della sfortunata bicilindrica Rocket di 200 cm, costruita in pochissimi esemplari
Il canto del cigno della IMN, che in precedenza aveva avuto un buon successo commerciale con i suoi ciclomotori a due tempi: si tratta della sfortunata bicilindrica Rocket di 200 cm, costruita in pochissimi esemplari

 

Pure la storia della Kawasaki è fortemente legata al settore militare. Nata nel 1878, questa azienda si è rapidamente trasformata in un imponente gruppo industriale che produceva soprattutto navi, anche di grandi dimensioni, e treni. La crescita è stata formidabile e dai cantieri navali Kawasaki di Kobe negli anni Venti e Trenta sono uscite corazzate e portaerei con dislocamenti che sono arrivati a superare le 40.000 tonnellate. L’attività in questo settore continua tuttora, con la produzione di grosse navi da carico (e di alcuni ottimi sottomarini).
Poco dopo la fine della prima guerra mondiale l’azienda ha iniziato ad interessarsi anche al settore aeronautico. Dapprima ha iniziato a produrre velivoli e motori su licenza Salmson, ma poi, con l’arrivo del tedesco Richard Vogt come direttore tecnico, è passata a velivoli di propria progettazione. Come motori ha impiegato prima i BMW e in seguito i Daimler Benz, costruiti su licenza. Nella seconda guerra mondiale ha costruito i caccia Ki-64 e Ki-100 dalle caratteristiche superlative. Oggi dagli stabilimenti di questa azienda escono ottimi velivoli a reazione. E anche alcuni velocissimi shinkansen, i famosi treni-proiettile giapponesi.

 

La Kawasaki era famosa nel mondo per le sue navi e per i suoi aerei. Con la bicilindrica 250 Samurai dotata di ammissione a disco rotante (nata per il mercato americano), ha aperto una nuova pagina nella sua storia
La Kawasaki era famosa nel mondo per le sue navi e per i suoi aerei. Con la bicilindrica 250 Samurai dotata di ammissione a disco rotante (nata per il mercato americano), ha aperto una nuova pagina nella sua storia

 

Nel 1950 la Kawasaki ha iniziato a costruire motori sciolti per impiego motociclistico e tre anni dopo ha fondato una azienda (la Meihatsu) per la fabbricazione di moto. Nel 1960 è cominciata una stretta collaborazione con la Meguro, produttrice di moto a quattro tempi di media e grossa cilindrata fortemente ispirate a modelli europei, che è stata acquisita nel 1963. Due anni prima nel nuovo stabilimento di Akashi ha avuto inizio la costruzione di moto Kawasaki. Si trattava di robuste monocilindriche a due tempi di piccola cilindrata senza pretese prestazionali. Le cose però sono rapidamente cambiate.

Nel 1966 è apparsa la prima bicilindrica di alte prestazioni, con ammissione a disco rotante, lubrificazione con pompa dosatrice e cambio a cinque marce. Si trattava della A1 Samurai di 250 cm3, della quale è stata realizzata anche una versione da competizione. L’anno successivo è arrivata la A7 Avenger di 350 cm3, realizzata con identico schema e nel 1968 è stata la volta della eccezionale tricilindrica H1 Mach III. Il primo titolo mondiale è arrivato nella classe 125 l’anno seguente. Era iniziata una storia straordinaria.

 

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