Le sportive "tirano" ancora?

Le sportive "tirano" ancora?
A Bologna festeggiano la vendita di 7.500 esemplari della nuova superbike. Il segmento delle sportive è davvero in crisi o per loro c'è ancora spazio sui mercati più ricchi?
13 dicembre 2012

 Oltre 7.500 esemplari sul mercato mondiale, pari a poco meno del 18% del totale di moto vendute nel 2012 da Ducati. Un risultato non da poco quello della Panigale, che per la terza volta fa si che Ducati possa orgogliosamente parlare di "fenomeno" dell'anno come già era successo con Multistrada nel 2010 e poi Diavel l'anno successivo.

Per questi due modelli, però, le condizioni di mercato apparivano particolarmente favorevoli: le maxienduro di alto livello sono il settore che da anni fa i numeri migliori quasi ovunque, e Diavel ha fatto innamorare gli americani, amanti del marchio e delle maxi-cruiser. Vi potrà sembrare poco, vista la popolarità relativa del motociclismo negli USA, ma una ridotta percentuale di un paese da oltre trecento milioni di abitanti significa comunque numeri molto, molto rilevanti.

 

L'aspetto più interessante è però il fatto che il risultato della Panigale arrivi in un momento in cui da più parti si celebrano messe funebri per le supersportive, ormai sempre più specialistiche e meno adatte all'uso stradale. In un periodo di crisi economica c'è sempre meno spazio per modelli completamente superflui e il cui reale sfruttamento richiede spese accessorie notevoli (pneumatici, usure generali, costi dei circuiti) ma, allo stesso tempo, è vero che in questi periodi di crisi i giocattoli che sopravvivono sono quelli più belli e costosi. Quelli che vengono acquistati da chi la crisi economica non la sente (in diversi Paesi questi anni saranno ricordati come quelli del boom economico). Da qui il grande successo della Ducati Panigale, in buona parte comunque condizionato da almeno due fattori.

 

BMW S1000RR e Ducati Panigale: i successi sportivi delle ultime stagioni 
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Il primo è che si tratta ovviamente di una novità "vera", non la revisione di un modello già esistente, caratterizzato da un'estetica che ha raccolto consensi quasi unanimi. Il secondo è legato alla popolarità del marchio a livello mondiale: se le vendite si fanno sui mercati emergenti, e (di nuovo) negli Stati Uniti, a quanto pare in timida uscita dalla morsa della crisi economica, il fatto che il nome Ducati sia tanto prestigioso fa sicuramente la differenza. Ricordiamoci poi, per dare una misura dell'amore statunitense per le sportive, che a differenza di quanto avvenuto in altri paesi negli USA la S1000RR aveva superato nel 2010 persino "sua maestà" R1200GS.

 

Certo, parliamo di successi di vendita in un mercato in contrazione, o comunque in tenuta su volumi molto bassi, più o meno su tutti i fronti in cui il motociclismo "diportistico" ha una popolarità rilevante - Stati Uniti ed Europa occidentale, appunto. Ma a costo di venire accusati di intestardirci a voler vedere l'arcobaleno nel temporale, vale la pena di notare come il 18% del totale venduto di una casa come Ducati non sia affatto male, soprattutto nell'anno che si avvia ad essere per lei il migliore di sempre. E che avrebbe potuto essere ancora migliore, considerando un terremoto capace di penalizzare le vendite ed azzerare le consegne in uno dei momenti più caldi dell'anno (meteorologicamente e di vendite) e quello che possiamo serenamente archiviare come il peggior disastro mediatico della storia sportiva recente: le due stagioni di MotoGP con Valentino Rossi.

 

L'aspetto più interessante è però il fatto che il risultato della Panigale arrivi in un momento in cui da più parti si celebrano messe funebri per le supersportive

Insomma: le sportive stanno morendo? Forse si, un po' come pare avvenire nel mondo auto dove le proposte più aggressive nei segmenti medi godono di sempre minor popolarità a causa dei costi d'esercizio, di alcune legislazioni e della crescente "gogna" a cui sono esposte da amministrazioni nazionali e sovranazionali (Bruxelles, per capirci) costantemente impegnate nel rendere i mezzi di trasporto più sicuri, eco-compatibili e possibilmente meno divertenti - per evitare che a qualcuno possa venire in mente la balzana idea di andare in giro a consumare benzina ed inquinare per il solo gusto di guidare.

 

Allo stesso modo, però, le supersportive di prestigio - BMW, Ducati, MV Agusta ed Aprilia - tengono un po' come le corrispondenti proposte del mondo a quattro ruote: Ferrari, Lamborghini, Porsche, BMW, Mercedes, Audi - la lista qui non è esaustiva ed è sicuramente più lunga, ma d'altra parte parliamo di un mercato molto più ampio. Insomma: il marchio di prestigio con immagine dinamica vende bene anche le proposte più sportive che, anzi, più sono estreme e costose meglio sembrano vendere. Forse, come nelle auto, dovremo abituarci a considerare le Superbike alla stregua delle Supercar: velocissime, potentissime e alla portata di pochissime tasche, in attesa di una (ri)valorizzazione della categoria media, magari ricalibrata un po' verso l'alto come sta facendo MV Agusta con le sue 675 ed 800. Voi che ne pensate?

 

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