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Non c'è pace fra Harley-Davidson e l'amministrazione Trump, protagonista di una guerra doganale con l'Unione Europea che ha portato la Casa del Bar & Shield a programmare una delocalizzazione della produzione al di fuori degli Stati Uniti (H-D dispone già di stabilimenti all'estero, dove al momento vengono realizzati modelli destinati al mercato orientale) per aggirare i dazi pensati come contromisura da parte dell'Europa nello scontro commerciale fra vecchio e nuovo continente.
Trump starebbe cavalcando il dissenso di una parte dei clienti Harley-Davidson (nella fattispecie, un club "Bikers for Trump") che avrebbe manifestato la volontà di boicottare la Casa di Milwaukee in caso procedesse con la delocalizzazione promessa. Il commento, arrivato via Twitter come da consuetudine del Presidente statunitense, suona più o meno come "Ottimo! Molte delle altre aziende, comprese le concorrenti di H-D, ci stanno seguendo [...] Se si trasferiscono, per loro sarà l'inizio della fine. L'aura di H-D sparirà per sempre"
Non si è ovviamente fatta attendere la risposta di Levatich. Il presidente di Harley-Davidson, protagonista del recente annuncio del nuovo corso H-D, ma anche dell'annuncio della nuova FXDR 2019, ha rassicurato la rete vendita e i dipendenti con una comunicazione in cui accusa piuttosto apertamente il Presidente di diffondere informazioni errate: "Siamo protagonisti di una forte discussione politica sul commercio equo. Continuano a circolare informazioni errate su questo problema”.
Il riferimento è ovviamente al tweet di Trump, soprattutto in merito all'interpretazione del sentimento comune del pubblico. Non è infatti un segreto che Harley-Davidson, sulla falsariga di quanto stanno facendo tutti i marchi cosiddetti globali, disponesse fin da tempi non sospetti di impianti in Asia pensati proprio per aggirare politiche protezionistiche uguali e contrarie a quelle messe in atto dall'amministrazione Trump, e come questa mossa non abbia perturbato più di tanto l'opinione pubblica americana, molto attenta certamente alla provenienza dei prodotti che acquista ma piuttosto indifferente rispetto a quanto invece accade ai consumatori al di fuori dei confini.
Restiamo in attesa dell'inevitabile risposta di "The Donald".
E.L.