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Quando ancora molti appassionati curavano personalmente la manutenzione della propria moto una delle operazioni più impegnative (e talvolta anche più critiche) era la regolazione del gioco delle valvole.
I controlli erano previsti con notevole frequenza ed era necessario effettuarli con grande accuratezza. Per fortuna bastava un semplice spessimetro; occorreva comunque un minimo di sensibilità. I problemi erano (e sono ancor oggi) due. Innanzitutto l’accessibilità meccanica, che in quasi tutte le moto di una volta era in genere buona.
Oggi, a parte le naked, la situazione è decisamente peggiorata a causa del notevole numero di parti di carrozzeria e altro che occorre rimuovere per raggiungere le valvole e gli organi che le azionano. La cosa è però compensata dal fatto che i controlli sono prescritti con una frequenza assai inferiore, rispetto al passato.
L’altro problema era (ed è tuttora) costituito dal fatto che nei motori di prestazioni più elevate per poter effettuare la regolazione del gioco occorreva disporre di un considerevole numero di pastiglie calibrate di differenti spessori, che difficilmente un privato poteva avere. Attualmente la situazione è analoga ma questa operazione si rende necessaria molto più raramente. Rimane comunque il fatto che nei motori che impiegano pastiglie calibrate di piccole dimensioni, poste sotto le punterie, per effettuare la regolazione occorre rimuovere gli alberi a camme…
Un intervento di regolazione da tempo scomparso è quello che riguarda la regolazione della tensione della catena di distribuzione. Da qualche decennio a questa parte si impiegano tenditori automatici, ma prima sui dispositivi di tensionamento occorreva intervenire manualmente con una certa frequenza.
L’operazione era in genere piuttosto semplice: si allentava un dado di bloccaggio (ossia un “controdado”) e una molla tarata provvedeva a spostare il pattino o il rullo tenditore mettendolo nella posizione corretta, ovvero quella che impartiva alla catena la giusta tensione. Tipicamente richiedevano questo intervento periodico le moto degli anni Settanta (e le bicilindriche giapponesi degli anni Sessanta).
Un’altra operazione di manutenzione periodica che oggi va effettuata con minore frequenza rispetto al passato è la sostituzione dell’olio. Gli intervalli tra un cambio e l’altro si sono diradati in una maniera impensabile fino a pochi anni fa.
Questo è stato reso possibile dalle migliorate caratteristiche degli oli. Maggiore stabilità chimica, ovvero superiore resistenza alla ossidazione, e additivi in grado di svolgere il loro compito più a lungo sono stati fondamentali, ma un certo merito va anche alla migliore efficienza dei filtri. In particolare, occorre osservare che in campo moto fino a buona parte degli anni Settanta il filtraggio dell’olio motore era in molti casi rudimentale, se non proprio inesistente. Le Morini bicilindriche ad aste e bilancieri, così popolari negli anni Settanta, avevano solo un filtro a reticella sulla aspirazione dell’olio dalla coppa, per non dire delle prime Ducati e Guzzi 750 e delle Laverda bicilindriche monoalbero.
La Honda impiegava moderni filtri a cartuccia nei motori con albero monolitico lavorante su bronzine ma in quelli con albero composito e cuscinetti a rotolamento negli anni Sessanta e Settanta (e oltre) utilizzava un filtro centrifugo, posto alla estremità dell’albero a gomiti, che poteva essere pulito agevolmente.
Era centrifugo anche il filtro delle Ducati monocilindriche ma per effettuarne la pulizia oltre al coperchio laterale destro del basamento occorreva togliere testa e cilindro. L’operazione, non certo facile, poteva essere eseguita senza togliere il motore dal telaio; per fissare al basamento i due componenti in questione infatti non si impiegavano prigionieri ma lunghe viti a testa esagonale.
Fino a non molti anni fa periodicamente occorreva anche procedere all’ingrassaggio di alcuni punti della moto. Occorrevano un ingrassatore a mano e un lubrificante di tipo adatto.
Non erano molti però quelli che curavano questo aspetto della manutenzione. Anche perché se esso veniva trascurato nell’immediato non succedeva nulla: la moto funzionava lo stesso e le prestazioni non peggioravano.
Però con il passare dei chilometri qualcosa succedeva e dopo una certa percorrenza iniziavano a manifestarsi problemi che potevano influenzare il comportamento su strada del mezzo.
Il principale punto interessato era il fulcro del forcellone oscillante, sul quale spesso era presente (ma purtroppo nascosto) un nipplo per l’ingrassatore, mediante il quale si poteva procedere alla immissione del lubrificante. Non per nulla prima di procedere all’acquisto di una moto usata veniva consigliato di verificare, cercando di smuoverlo vigorosamente, se il forcellone poteva muoversi lateralmente.
Nelle Honda CB 500 Four c’era un nipplo per l’ingrassatore in corrispondenza del meccanismo di disinnesto della frizione. Non di rado veniva trascurato e allora dopo un certo periodo la chiocciola interna poteva accusare una usura localizzata, la quale a sua volta poteva creare problemi.
Il disinnesto allora poteva avvenire “a scatti”, il movimento della leva al manubrio poteva risultare irregolare e si potevano verificare veri e propri impuntamenti con conseguenti difficoltà (distacco non completo, slittamenti della frizione…).
Per diverso tempo anche gli snodi delle sospensioni posteriori a progressività variabile sono stati assai spesso dotati di nippli per l’ingrassatore. Poi si sono affermati anche per tali articolazioni, come già da molto tempo avvenuto per le ruote, i cuscinetti stagni, lubrificati “for life” (con il grasso inserito all’atto della fabbricazione, prima della applicazione degli elementi di tenuta laterali).
A qualcosa di analogo si è fatto ricorso anche per le catene delle trasmissioni finali, ponendo appositi O-ring tra le estremità delle bussole e i perni, grazie ai quali il grasso viene trattenuto all’interno.
In precedenza le catene dovevano essere pulite e lubrificate con una notevole frequenza (indicativamente, ogni 500 km) ed erano comunque soggette a rapida usura delle articolazioni, che rendeva necessaria la loro sostituzione dopo percorrenze piuttosto ridotte. Dopo la comparsa delle catene con O-ring la situazione è cambiata radicalmente.
Occorre comunque ricordare che esse pure richiedono una periodica applicazione di lubrificante (per impedire che gli O-ring in elastomero si “secchino” o si induriscano e per lubrificare l’accoppiamento rullo/bussola), ma le esigenze in questo senso sono diventate di gran lunga minori e la durata delle catene è aumentata enormemente.