Marc Marquez contro Lewis Hamilton. Hai voglia a chiamarla sfida...

Marc Marquez contro Lewis Hamilton. Hai voglia a chiamarla sfida...
Ammesso e non concesso che il ventilato duello incrociato tra i due - prima in auto e poi in moto - si farà davvero, verosimilmente non sarà qualcosa di molto diverso da uno show, magari entusiasmante, certo, ma ben lontano da poter essere considerato un vero confronto dal quale emergerà chi dei due è il più eclettico a padroneggiare il tempo e la velocità
28 agosto 2019

Rimbalza da stamattina, da diverse fonti, l’ipotesi di una sfida incrociata tra Marc Marquez e Lewis Hamilton, prima in auto e poi in moto. L’idea era stata lanciata da Marc alla vigilia di Silverstone e ha preso più forza ieri quando, in una intervista concessa a SportsMail, il motociclista più titolato della nostra epoca è tornato in argomento in risposta alla domanda precisa: ti piacerebbe sfidare in pista Hamilton?

“Sarebbe interessante - ha ammesso Marc - un faccia a faccia con lui: magari prima con un'auto di Formula 1 e poi con una moto. Siamo stati molto vicini a farlo l'anno scorso - ha aggiunto - ma poi abbiamo avuto dei contrattempi e non ci siamo riusciti. A volte ci parliamo sui social e so che lui va molto bene sulle due ruote”.

Premetto che da qui a ipotizzare un autentica sfida ce ne passa, naturalmente: anche senza considerare i rischi da correre, superflui per un campione concentrato sul suo sport, emergerebbero anche problemi di natura contrattuale perché i rispettivi sponsor sono diversi e in conflitto tra loro. Ma sognare è lecito: stiamo parlando di due campionissimi, cinque titoli ciascuno nella top class e in piena corsa per conquistare il sesto. E il confronto auto/moto scalda gli appassionati da sempre.

Marquez una F1 l’ha già provata l’anno scorso: a Spielberg, in Austria, nei primi giorni di giugno aveva fatto una quarantina di giri al volante di una Red Bull RB8 del 2012, con la livrea della Toro Rosso.

Marc (con Pedrosa) in quell’occasione aveva avuto a disposizione un coach d'eccezione, l'ex pilota della Red Bull Mark Webber vincitore di nove Gran Premi di F1 in carriera. Secondo le indiscrezioni, il Cabroncito aveva girato a una decina di secondi dalla pole di Bottas dell’anno prima, ma la vettura non era certo al top dell’equipaggiamento tecnologico. E d’altra parte che Hamilton sia un appassionato delle due ruote è noto: è stato fotografato più volte sui circuiti in sella alle moto, circola con una MV, e ha anche provato una Yamaha R1 Superbike in un test svolto a Jerez nel 2018.

Lì l'inglese aveva confessato che pilotare una MotoGP gli pareva più difficile della F1. E del resto la stessa valutazione era stata attribuita anche a Schumacher: Michael, dopo aver chiuso con la Formula 1, si era impegnato seriamente nella guida della moto da competizione e partecipò a qualche prova del campionato tedesco SBK; ma dopo diverse cadute e un brutto incidente a Cartagena, nel 2009 con la CBR 1000RR, a malincuore aveva dovuto desistere, limitandosi a qualche altra apparizione poco più che amatoriale.

E poi ricorderete Valentino. Anche Rossi è stato molto attratto dal mondo parallelo della F1: prima una serie di test a Maranello nel 2008, poi una seconda tornata nei primi mesi del 2010, anche sulla pista di Barcellona. Si disse allora che i suoi tempi fossero di assoluto rilievo, in Ferrari qualcuno addirittura confidò che per sensibilità e velocità aveva stupito tutti quanti. Il Dottore fu davvero vicino al grande passo? Forse sì, ma poi scelse la sfida targata Ducati.

Le suggestioni tra i due universi motoristici sono numerose. E del resto è una questione di DNA comune: il passaggio dalla moto all’auto è stato, per molti decenni, un naturale progresso nella carriera dei piloti. Vere leggende come Tazio Nuvolari e Achille Varzi hanno vinto numerose corse motociclistiche prima di essere consacrati come campionissimi dell’automobilismo. Per molti era facile saltar giù dalla sella di una moto e mettersi al volante di un’auto addirittura nella stessa giornata.

Il grande Omobono Tenni, bandiera della Moto Guzzi e trionfatore del TT nel ‘37, l’anno prima aveva vinto la Mille Miglia con una Maserati e partecipato ai GP di Montecarlo e del Nurburgring. Non posso sorvolare sul fatto, tragico, che Tenni e Varzi persero la vita a Berna il primo luglio del ’48 a poche ore di distanza l’uno dall’altro: i GP delle moto e delle auto spesso andavano in scena (ovviamente separati) nella stessa manifestazione.

Anche Mike Hailwood passò alla F1 dopo aver appeso il casco (la scodella Cromwell) al chiodo, e andava pure forte. Anche Giacomo Agostini dalla Yamaha passò alla Formula Aurora appena creata. Per la storia, però, l’unico pilota che sia stato capace di vincere il titolo mondiale nei due massimi campionati è stato John Surtees. Sette volte iridato con le due ruote (MV 350 e 500) tra il ‘56 e il ’60, con la Ferrari 158 ha poi conquistato il campionato mondiale F1 del 1964 con due vittorie e cinque podi.

Surtess, scomparso due anni fa a ottantatrè anni, ha corso in auto fino al 1972. Ma tornando ai nostri due eroi di oggi, Marquez e Hamilton, se davvero la sfida andrà in scena temo che non avrà nulla di epico. Purtroppo, dico, perché sarebbe bello il contrario.

Potranno giocare tra loro, potranno divertirsi e alternarsi al manubrio e al volante, i video saranno bellissimi. Ma non sarà una cosa seria: oggi tra la guida della MotoGP e quella della F1 c’è un abisso, le due tecniche si sono progressivamente allontanate sempre di più e sono diventate tremendamente specialistiche. E poi girare forte insieme sarà semplicemente impossibile: troppo rischioso per chiunque, figurarsi per due star come loro.

Se si farà, si farà con mezzi molto più facili o sarà solo teatro.

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