Massimo Clarke: "Le trombette telescopiche"

Massimo Clarke: "Le trombette telescopiche"
Prese d’aria realizzate in modo da fare variare, in funzione del regime, la lunghezza dei condotti di aspirazione. A cosa servono e come funzionano? | Massimo Clarke
8 dicembre 2010

 
Da alcuni anni a questa parte certe moto dalle caratteristiche molto sportive sono dotate di prese d’aria particolari, realizzate in modo da fare variare, in funzione del regime, la lunghezza dei condotti di aspirazione. Le estremità di questi ultimi, che si affacciano nell’airbox, sono conformate a trombetta (o a cornetto che dir si voglia), e in questi casi sono realizzate in due parti, con quella terminale mobile.

Le prime realizzazioni di questo genere si sono avute in campo auto, sui motori di Formula Uno aspirati, all’inizio degli anni Novanta. La soluzione si è poi standardizzata, venendo adottata da tutti i costruttori del settore. Per quanto riguarda le moto, ha fatto la sua comparsa dapprima su alcune superbike e quindi sulle motoGP. Pure alcune supersportive di serie hanno iniziato ad adottarla e ora il suo impiego sta diventando relativamente comune.

La variazione di lunghezza del condotto non è graduale. Per ragioni di praticità realizzativa si impiegano in genere sistemi nei quali, arrivati a una certa velocità di rotazione, la parte superiore delle trombette viene separata da quella inferiore mediante un apposito attuatore. Al di sopra di quel regime, quindi, il condotto è più corto, essendo stato staccato un “pezzo” dalla sua estremità. In questo modo si vengono ad avere due diverse lunghezze del condotto stesso: maggiore ai regimi bassi e medi e minore agli alti.

 

Nei motori di altissime prestazioni è assolutamente essenziale, ai fini della respirazione, “utilizzare” adeguatamente l’inerzia delle colonne gassose

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 La ragione che spinge i tecnici ad impiegare le trombette telescopiche è semplice. Nei motori di altissime prestazioni è assolutamente essenziale, ai fini della respirazione, “utilizzare” adeguatamente l’inerzia delle colonne gassose presenti nei condotti e le onde di pressione. Per ottenere un rendimento volumetrico più elevato, si sfrutta il fatto che l’aria nel condotto (o meglio, la miscela aria-benzina) non si arresta repentinamente quando il pistone, arrivato al termine della corsa di aspirazione (punto morto inferiore), si ferma per un attimo e quindi inverte il senso del suo movimento, iniziando la corsa che lo porterà al punto morto superiore. L’aria infatti continua ad entrare per inerzia nel cilindro, sia pure con una velocità che gradualmente diminuisce. Come ovvio, i migliori risultati si ottengono se la colonna gassosa esaurisce la sua “spinta” e si arresta proprio mentre la valvola si sta chiudendo. È principalmente per questa ragione, cioè per sfruttare al meglio i fenomeni inerziali, che le valvole di aspirazione, nei motori di alte prestazioni, si chiudono con un notevole ritardo rispetto al punto morto inferiore. Come ovvio, per un dato ritardo di chiusura, i migliori risultati si ottengono solo in corrispondenza di un determinato regime di rotazione (e nelle sue immediate vicinanze).


Per ottenere rendimenti volumetrici molto elevati si sfruttano anche le onde di pressione, che viaggiano lungo il condotto, in seno alla massa gassosa. In seguito all’apertura della valvola di aspirazione, nasce un’onda di pressione negativa, che si sposta con la velocità del suono verso l’altra estremità del condotto (ossia la presa d’aria). Una volta che l’ha raggiunta, l’onda viene riflessa con segno cambiato, cioè come onda di pressione positiva. Se essa raggiunge la valvola proprio mentre questa si sta chiudendo, potrà dare un contributo significativo al riempimento del cilindro. Non è proprio come se agisse un “pistone fluido”, ma quasi… Pure in questo caso, per una data lunghezza del condotto e per un dato ritardo di chiusura della valvola, i migliori risultati si hanno solo in corrispondenza di una determinata velocità di rotazione e nelle sue immediate vicinanze. Dunque, la lunghezza dei condotti di aspirazione è critica.

 

Trombette telescopiche della BMW S 1000 RR
Trombette telescopiche della BMW S 1000 RR

 
Nei motori che raggiungono regimi di rotazione molto elevati, il tempo che l’onda di pressione ha a disposizione per raggiungere l’estremità del condotto (cioè la trombetta), essere riflessa e arrivare quindi alla valvola, è molto ridotto. Per ottenere i migliori risultati occorre quindi un condotto corto. Per avere invece il miglior riempimento dei cilindri ai regimi medi, il condotto deve avere una lunghezza maggiore. Tra il momento di apertura e quello di chiusura della valvola passa infatti più tempo; dato che la velocità di propagazione dell’onda è la stessa, per farla arrivare in corrispondenza della valvola al momento giusto bisogna farle compiere un percorso più lungo.

A questo punto è chiaro il vantaggio che si può ottenere variando la lunghezza del condotto. Senza perdere nulla in fatto di potenza massima (condotto corto = miglior riempimento del cilindro alle alte velocità di rotazione), si può infatti avere un miglior tiro in un campo di regimi più ampio (condotto lungo = miglior riempimento alle medie velocità di rotazione).
Oggi varie moto di alte prestazioni impiegano sistemi di aspirazione con trombette telescopiche, e tutto lascia pensare che il loro numero aumenterà in futuro. Per quanto riguarda la produzione di serie, assai significativa è l’adozione di questa soluzione tecnica da parte di modelli come le Yamaha R1 e R6, la BMW S 1000 RR e la MV Agusta F4.

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