Massimo Clarke: il cambio a doppia frizione Honda

Massimo Clarke: il cambio a doppia frizione Honda
I tecnici della più grande Casa del mondo stanno dedicando una particolare attenzione alle trasmissioni di tipo non convenzionale. Ecco come funziona il cambio meccanico a doppia frizione | M. Clarke
23 settembre 2011

Punti chiave


Per inviare il moto alla ruota posteriore, incrementando la coppia come opportuno e modificando adeguatamente il rapporto di trasmissione, quasi tutte le moto oggi in produzione impiegano un cambio di tipo tradizionale. Le uniche eccezioni sono i (pochissimi) modelli che adottano una trasmissione CVT, a variatore, che può essere impiegata tanto in modalità automatica quanto in modalità con posizioni predefinite, ovvero con “marce” che possono essere selezionate dal pilota mediante un semplice comando al manubrio. 

I progetti della Honda nel passato


Questa Casa aveva già sondato con convinzione la strada del cambio automatico negli anni Settanta, con la CB 750 A, prodotta dalla metà del 1976 alla fine del 1978. Lo schema adottato era ispirato a quelli utilizzati in campo automobilistico; vi erano un convertitore di coppia e un cambio a due rapporti, che il pilota selezionava mediante il pedale (la trasmissione quindi era in effetti semiautomatica). L’accoglienza del mercato fu decisamente tiepida, fondamentalmente perché i tempi non erano maturi. E poi lo schema non era forse quello più adatto al settore motociclistico. Ancor prima, nel 1962, la Honda aveva adottato sullo scooter Juno una interessante trasmissione meccano-idraulica, realizzata partendo da un brevetto del tecnico italiano Badalini. In seguito questa stessa trasmissione automatica, a variazione continua di rapporto, era stata utilizzata a livello sperimentale su di una moto da cross, la CR 250, che ha corso solo in patria, imponendosi nel campionato giapponese del 1991. Oggi, a dimostrazione della sua validità, viene impiegata sulla bicilindrica DN-01.
Che i tecnici della più grande Casa del mondo dedichino una particolare attenzione anche alle trasmissioni di tipo non convenzionale è confermato dalla recente VFR 1200. Su una versione di questa moto, e si tratta di una importante “prima” in campo moto, viene infatti impiegato un cambio a doppia frizione, molto adatto anche all’impiego sportivo.

I cambi a doppia frizione

Le trasmissioni di questo tipo hanno fatto la loro comparsa nel settore automobilistico sulle Porsche 956, più volte trionfatrici a Le Mans, verso la fine del 1984. Realizzati in collaborazione con la ZF, erano denominati PDK (Porsche Doppel Kupplung). In effetti la soluzione, pur con notevoli differenze, si ispirava ai “powershift” delle macchine movimento terra e dei trattori impiegati negli aeroporti per spostare gli aerei.
 

Il funzionamento si basa sul fatto che durante la marcia in ogni momento (eccezion fatta per la posizione di folle, a moto ferma) sono innestate due marce contigue, una dispari e una pari

Naviga su Moto.it senza pubblicità
1 euro al mese


Il principio di funzionamento delle trasmissioni di questo tipo è semplice, mentre la realizzazione lo è meno e prevede, per poter sfruttare al meglio le potenzialità offerte, un adeguato ricorso alla gestione elettronica.
Il cambio funziona in maniera esattamente eguale a quella dei cambi tradizionali. In questi gli ingranaggi, sempre in presa a due a due, sono montati su di un albero di entrata (primario) e un albero di uscita (secondario), e vi è un tamburo selettore che, ruotando (uno “scatto” ogni volta che si muove il pedale), si dispone in posizioni prefissate, a ognuna delle quali corrisponde una marcia, determinando lo spostamento assiale delle forcelle. Queste ultime a loro volta muovono gli ingranaggi scorrevoli, muniti di denti di innesto frontali. È proprio grazie a tali denti che, a turno, gli ingranaggi folli vengono resi solidali nella rotazione con il loro albero (gli ingranaggi scorrevoli sono infatti obbligati a girare con l’albero stesso, sul quale sono montati con un accoppiamento scanalato).

Sono sempre innestate due marce

Nelle trasmissioni con doppia frizione vi sono due alberi primari coassiali, disposti uno all’interno dell’altro per buona parte della loro lunghezza. Su uno di essi sono montati gli ingranaggi delle marce dispari e sull’altro quelli delle marce pari. Per ognuno di questi due alberi vi è una frizione. Il funzionamento si basa sul fatto che durante la marcia in ogni momento (eccezion fatta per la posizione di folle, a moto ferma) sono innestate due marce contigue, una dispari e una pari. Ad esempio, la terza e la quarta. Una sola delle due frizioni però trasmette il moto, in quanto l’altra è disinnestata. Quando si passa alla marcia successiva, mentre la prima delle due frizioni “molla la presa”, l’altra “attacca”. In contemporanea si ha insomma il disinnesto di quella che trasmetteva il moto e l’innesto dell’altra. Non appena la prima frizione si è disinnestata, un attuatore fa ruotare il tamburo selettore determinando, su tale albero primario (che ora è “scollegato”, ovvero non trasmette più il moto) l’innesto di una nuova marcia, e così via. Le due frizioni vengono comandate idraulicamente; la pressione dell’olio, il cui passaggio viene regolato da apposite valvole, agisce sullo spingidisco determinando l’entrata in presa o il disinnesto. La centralina controlla le valvole in questione, nonché la rotazione del tamburo selettore, affidata di norma a un attuatore elettrico.
I vantaggi delle trasmissioni a doppia frizione sono costituiti da una grande rapidità nei cambi di marcia (i tempi possono essere inferiori al centesimo di secondo!), che possono avvenire senza che in pratica si verifichino interruzioni realmente sensibili nel flusso della coppia (insomma, la trasmissione di potenza non è più “a scatti” ben avvertibili, come nei cambi tradizionali). Inoltre essi possono avvenire con una eccezionale dolcezza.

La soluzione della Honda

La Honda ha realizzato una trasmissione di rimarchevole compattezza, per la quale ha sviluppato una elettronica di gestione particolarmente sofisticata. La moto è priva tanto di pedale del cambio quanto di leva della frizione; il pilota può scegliere tra un funzionamento automatico o uno manuale. In questo secondo caso è lui stesso a determinare il passaggio da una marcia all’altra, semplicemente agendo su di una pratica levetta collocata sul manubrio. Se invece preferisce l’opzione automatica, può scegliere tra due modalità differenti.
Una è più adatta a una guida tranquilla e fluida, ed è particolarmente vantaggiosa ai fini del consumo, mentre l’altra privilegia una guida sportiva e brillante. In entrambi i casi il divertimento è assicurato…

Argomenti

Caricamento commenti...

Hot now