Massimo Clarke: "Gli equilibratori dinamici"

Massimo Clarke: "Gli equilibratori dinamici"
Gli equilibratori dinamici sono dispositivi che consentono di abbattere le vibrazioni generate dal motore. Funzionano generando forze dirette in senso opposto rispetto a quelle non equilibrate | Massimo Clarke
29 dicembre 2010

 


Perché i motori vibrano?

Alcuni tipi di motore a causa della loro stessa architettura (ovvero della disposizione e del numero dei cilindri) non sono equilibrabili perfettamente mediante il solito sistema della contrappesatura dell’albero a gomiti. Questo significa che inevitabilmente generano della vibrazioni. In certi casi esse sono di entità modesta e risultano quindi tollerabili, ma in altri sono fastidiose e possono perfino arrivare ad essere deleterie.


Le vibrazioni nascono quando le forze d’inerzia dovute alle masse in moto alterno non sono equilibrate. In certi casi però sono le coppie a non essere bilanciate. Occorre pertanto tenere conto sia delle forze che delle coppie, e in entrambi i casi tanto di quelle del primo ordine quanto di quelle del secondo (che per fortuna sono di entità assai più modesta).


Per visualizzare con estrema semplicità ciò che accade, facciamo riferimento a un monocilindrico (e supponiamo che il cilindro sia verticale). Le masse in moto alterno sono quelle del pistone, completo di segmenti e spinotto, e di una parte della biella (l’altra si considera facente parte delle masse rotanti).
Se equilibriamo al 100% tali masse mediante contrappesatura dell’albero, la situazione sarà perfetta solo in corrispondenza dei punti morti, e risulterà fortemente squilibrata quando la manovella è a 90° rispetto al Punto Morto Superiore (PMS): in tale situazione il contrappeso “tira” orizzontalmente da una parte, ma dall’altra non vi è una massa che lo contrasta, generando una forza opposta, in quanto il pistone continua ad essere all’interno del cilindro, cioè a muoversi in direzione verticale. Lo stesso si verificherà con la manovella a 270°.

Il contrario avverrà se adottiamo un fattore di equilibratura pari a 0 (con i contrappesi che equilibrano solo le masse rotanti ma non quelle in moto alterno): si avrà una bilanciatura perfetta solo con la manovella a 90° (e in posizione opposta, ossia a 270°). Ai punti morti, invece, la situazione sarà pessima.
Dunque, le forze d’inerzia del primo ordine nei monocilindrici non possono essere equilibrate. Si adottano dei fattori di equilibratura dell’ordine del 50 – 65 %, ma si tratta sempre di una scelta di compromesso. Il motore vibrerà inevitabilmente in quanto le forze d’inerzia del primo ordine non sono perfettamente bilanciate.

Nel caso di motori di piccola cilindrata spesso la situazione è tollerabile, ma negli altri oggi non lo è più e, per abbattere le vibrazioni, occorre adottare un equilibratore dinamico.
Le vibrazioni del secondo ordine sono dovute al fatto che il movimento del pistone, a causa della inclinazione (continuamente variabile) che la biella assume durante la rotazione dell’albero, non avviene in maniera uniforme, ovvero “simmetrica”. Nei primi 90° di rotazione della manovella, partendo dal Punto Morto Superiore, esso si sposta di più di quanto non faccia nei secondi 90°. Questo significa che metà corsa viene raggiunta ben prima di 90°; pure la velocità massima del pistone si ha prima di 90°. Questo movimento disarmonico dà luogo a delle forze, di valore notevolmente inferiore a quelle del primo ordine, che nei monocilindrici non sono equilibrate.


Nei bicilindrici paralleli con manovelle a 360° (ossia, con perni di biella allineati) i due pistoni scendono e salgono assieme; la situazione è quindi analoga a quella che si ha nei monocilindrici. Nella quasi totalità dei casi occorre impiegare un equilibratore dinamico.

Se le manovelle sono a 180°, le cose cambiano notevolmente. Un pistone sale mentre l’altro scende. Questo significa che le forze del primo ordine sono equilibrate, mentre rimangono squilibrate quelle del secondo. In questo caso però quella che dà fastidio è una coppia squilibrata, dovuta al fatto che i due cilindri non sono coassiali, ma a una notevole distanza l’uno dall’altro. Le forze agiscono quindi in modo tale che mentre una “tira” verso l’alto la parte destra del motore, l’altra “spinge” verso il basso la parte sinistra, e viceversa. Pure qui, almeno al di sopra di una certa cilindrata, ci vuole un equilibratore dinamico.

Se i due cilindri sono contrapposti, la situazione è molto buona: sono perfettamente equilibrate infatti tanto le forze del primo ordine quanto quelle del secondo. Il fatto che gli assi dei due cilindri non coincidono dà origine a una coppia squilibrata di entità estremamente modesta, al punto da poter essere ritenuta trascurabile in quanto a produzione di vibrazioni. Nonostante questo, la BMW ha dotato diversi bicilindrici di sua produzione aventi questa architettura di un equilibratore dinamico, proprio per eliminare queste vibrazioni pressoché inavvertibili. Una autentica raffinatezza.
 

Per quanto riguarda i bicilindrici a V, con le bielle che lavorano affiancate sull’unico perno di manovella dell’albero, molto buona è la situazione di quelli a 90°, nei quali sono perfettamente equilibrate le forze del primo ordine. Mano a mano che l’angolo tra i cilindri diminuisce, la situazione peggiora. E infatti i costruttori di motori di questo genere (con V da 75° in giù, per capirci) dotano le loro realizzazioni di equilibratori adeguati. Perfino l’Harley Davidson si è finalmente decisa e da qualche tempo a questa parte prevede l’impiego di questi dispositivi anche sui suoi bicilindrici a V di 45°.
Un'interessante alternativa è quella adottata dalla Honda sin dai primi anni ottanta per i suoi motori a V di 52° (vedi Transalp e Africa Twin), che vede lo “sdoppiamento” del perno di manovella, con un determinato spostamento angolare tra le due parti; si hanno quindi due perni, su ciascuno dei quali è montata una biella.


I motori a tre cilindri sono messi decisamente bene sotto l’aspetto vibratorio, ma per avere una equilibratura perfetta occorre abbattere il “disturbo” derivante da una coppia non bilanciata; nelle moderne realizzazioni di alte prestazioni si fa quindi ricorso a un equilibratore dinamico, che in questo caso è sempre costituito da un albero ausiliario che ruota con la stessa velocità dell’albero a gomiti ma in senso opposto.


I motori a quattro cilindri in linea potrebbero sembrare perfettamente equilibrati, a un esame superficiale. Due pistoni vanno su (al PMS) mentre altri due vanno giù (al PMI) e viceversa. Tutto a posto, dunque? E invece no, perché, se le forze del primo ordine sono effettivamente equilibrate, lo stesso non si può dire per quelle del secondo ordine. Fortunatamente queste ultime sono di entità modesta, ma se il motore ha una cilindrata considerevole e gira molto forte, si possono comunque far sentire. È per questa ragione che alcuni costruttori, per certe realizzazioni di particolare pregio, dotano anche questi motori di un equilibratore dinamico.
Dal punto di vista delle vibrazioni, la situazione è decisamente peggiore per i motori che i cilindri li hanno a V, con un angolo tra le due bancate inferiore a 90°. E infatti la recente Aprilia RSV 4 è dotata di un equilibratore dinamico.


Come si combattono le vibrazioni?

Gli equilibratori dinamici sono dispositivi che consentono di abbattere le vibrazioni generate dal motore. In genere sono costituiti da uno o più alberi rotanti muniti di masse eccentriche, ma non mancano almeno un paio di ottimi esempi di equilibratori di tipo diverso (a massa oscillante o a “falso pistone”). Funzionano generando forze dirette in senso opposto rispetto a quelle non equilibrate prodotte dalle masse in moto alterno del manovellismo e quindi annullandole o abbattendole in misura considerevole. Di conseguenza vengono ridotte grandemente (se non proprio eliminate) le vibrazioni che altrimenti il motore produrrebbe.
Ecco in sintesi la situazione


Monocilindrici

Qui non sono equilibrate le forze del primo e del secondo ordine. A rigore, per abbattere completamente le vibrazioni sarebbero necessari quattro alberi ausiliari (due per il primo e due per il secondo ordine). In passato alcuni motori Honda (XL 500), Suzuki (DR 600, Big, …) e Kawasaki (KLR 600) hanno adottato due alberi ausiliari. All’atto pratico, per ragioni di compattezza e di semplicità, oggi si impiega un albero soltanto, che ruota alla stessa velocità dell’albero a gomito ma in senso opposto, con risultati comunque più che buoni.
Negli anni Novanta il supermono Ducati è stato dotato di un sistema a “batacchio” (con una seconda biella e una massa oscillante), che funzionava ottimamente e che consentiva di impiegare un albero pressoché eguale a quello dei bicilindrici a V di 90° della stessa Casa.


Bicilindrici paralleli
Per quelli con manovelle a 360° la situazione è analoga a quella che si ha nei monocilindrici. Si impiegano in genere due alberi ausiliari (ad esempio era questo il caso dei motori Yamaha della serie TDM primo tipo o degli Honda CB 400 T a tre valvole per cilindro apparsi alla fine degli anni Settanta). Un'alternativa validissima è costituita dall’adozione di un sistema con massa oscillante e biella ausiliaria, impiegata con eccellenti risultati dalla BMW nel suo motore di 800 cm3. Lo scooterone Yamaha T-max adotta invece un sistema a “falso pistone”.
Nei bicilindrici con manovelle a 180° quella da equilibrare è una coppia, alla quale si aggiungono (ma di norma vengono trascurate, dato che sono di entità modesta) le forze del secondo ordine. Nei motori realizzati con questo schema, come il Kawasaki ER 6, si usa un solo albero ausiliario controrotante dotato di due masse eccentriche, che gira in senso opposto rispetto all’albero a gomiti.


Bicilindrici a V
Se la V è di 90°, sono squilibrate solo le forze del secondo ordine, che si possono ritenere pressoché trascurabili in quanto ad effetti pratici. Con angoli tra i cilindri più stretti occorre però equilibrare le forze del primo ordine, in quanto non bilanciate. Si impiega allora in genere un albero ausiliario controrotante, oppure si adottano due perni di manovella sfalsati.
Nel motore Aprilia RSV 1000 (angolo = 60°) si impiegano due alberi, ma quello di minori dimensioni serve solo a eliminare una coppia squilibrante di modesta entità. Si tratta di una raffinatezza, e la Rotax si è spinta ancora più in là, lungo questa strada, adottando tre masse eccentriche rotanti, nel suo 1125 realizzato per la Buell.


Motori a tre cilindri in linea
Qui occorre equilibrare una coppia del primo ordine (che non darebbe comunque origine a vibrazioni di particolare intensità). Si impiega un albero ausiliario controrotante, che gira alla stessa velocità dell’albero a gomiti.


Motori a quattro cilindri in linea
In questo caso non sono equilibrate le forze d’inerzia del secondo ordine, di entità modesta. Per abbatterle completamente sarebbero necessari due alberi ausiliari, con velocità di rotazione doppia rispetto a quella dell’albero a gomiti. In alcuni motori di 1000 cm3 molto spinti si adotta un albero ausiliario soltanto (di piccole dimensioni, che gira con velocità doppia rispetto all’albero a gomiti). La prima Casa ad impiegare questa soluzione su di un quadricilindrico in linea è stata la Kawasaki con la GPz 900 del 1983. Oggi la adottano moto come la R1, la GSX-R 1000, la CBR 1000 e l’ultimissima ZX-10 RR. In moto di cilindrata superiore e di particolare pregio, come la BMW K 1200 e 1300 (S e R) e la Kawasaki ZZR-1400 si impiegano due alberi ausiliari. 

 

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