Massimo Clarke: "I ciclomotori italiani a quattro tempi" / terza parte

Massimo Clarke: "I ciclomotori italiani a quattro tempi" / terza parte
Attorno alla metà degli anni Cinquanta queste autentiche piccole moto hanno vissuto un periodo d’oro e se i modelli a due tempi prevalevano numericamente era solo perché costavano meno | M. Clarke
13 febbraio 2014


La Nassetti, nata nel 1934, si era rapidamente ingrandita, arrivando ad avere quattro strutture di produzione in tre diverse regioni d’Italia. Fabbricava dispositivi elettrici di ottima qualità, principalmente destinati ad impiego aeronautico, come generatori di corrente e magneti. Dopo il termine del conflitto l’attività si è concentrata sui volani magnete destinati al settore motociclistico; rapidamente le strutture produttive di Milano e di San Pellegrino Terme sono state adibite anche alla fabbricazione di motori ausiliari per bicicletta, che hanno ottenuto un notevole successo. I modelli Aurora, Alba e Brunetta, rispettivamente con trasmissione a catena, a rullo rapportato e a rullo in presa diretta, sono entrati in produzione nei primi anni Cinquanta. I loro nomi erano quelli delle prime tre figlie di Cesare Nassetti. Quelli delle altre due sono stati riservati a due ottimi ciclomotori apparsi successivamente. Oltre che per il motore sciolto, il nome Brunetta è stato anche usato per un semplice ma efficace bicimotore con telaio in lamiera stampata che per l’appunto lo impiegata e che veniva prodotto nel nuovo stabilimento di San Pellegrino Terme, ove ben presto si è concentrata tutta l’attività produttiva dell’azienda.
 

Il Dilly (che sta per Diletta), era un ciclomotore a due tempi, prodotto in due versioni, con telaio rispettivamente in lamiera stampata e in tubi e sospensioni a biscottini oscillanti (non solo anteriormente, ma anche posteriormente!). Il Sery (da Serenella), esso pure apparso nel 1955-56, si poneva al top della gamma e aveva un motore a quattro tempi. Si trattava di un monocilindrico con distribuzione ad aste e bilancieri e valvole inclinate di 80°, il che consentiva di ottenere una camera di combustione emisferica. Il cilindro era in ghisa con canna integrale e l’albero a gomito era in un sol pezzo.

Nassetti Sery sport
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La biella lavorava alla testa su rullini sciolti. La frizione era montata direttamente alla estremità sinistra dell’albero a gomito. Una trasmissione primaria a ingranaggi a denti dritti provvedeva a inviare il moto al cambio a tre marce, del tipo a crociera scorrevole. La lubrificazione del motore era affidata a un sistema a sbattimento, senza pompa. Le due versioni (Turismo e Sport) avevano potenze rispettivamente di 2 e 2,4 cavalli, a un regime di 5500 giri/min. Il telaio in tubi aveva una struttura inconsueta, assai vicina a una doppia culla rialzata. Ben oltre il 50% dei ciclomotori costruiti dalla Nassetti è andato a finire in Belgio e in Olanda. In Italia i Sery oggi esistenti si contano sulle dita delle mani e quindi costituiscono una autentica rarità. A renderli particolarmente significativi è anche il fatto che alla loro progettazione ha lavorato il famoso ingegner Cesare Bossaglia, prima di passare alla Parilla. La Nassetti è uscita dalla scena motociclistica verso la fine del 1960.


Stradella, nell’oltrepò pavese, è nota per l’ottimo vino e le fisarmoniche ma soprattutto occupa un posto importante nella storia del motociclismo. Nel dopoguerra infatti è stata sede di due aziende del settore, una delle quali di importanza addirittura internazionale. Si tratta della Alpino, la cui nascita (avvenuta addirittura nel 1945 con la costituzione della ditta Motobici) e i cui primi anni di attività sono indissolubilmente legati al nome di Pietro Trespidi.

Motore Alpino T48
Motore Alpino T48

Questo ottimo tecnico aveva già costruito moto di 250 e di 175 cm3 con il proprio marchio nella seconda metà degli anni Venti. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale Trespidi progettò un motore ausiliario che, prodotto in alcuni esemplari già nel 1944, mise subito in mostra eccellenti qualità. Si arrampicava forte sulle salite, che nella zona non mancano certo, e per tale ragione qualcuno lo chiamò Alpino. Questo nome in seguito ha contraddistinto tutti i motori ausiliari costruiti dalla Motobici, ed è diventato il marchio con il quale sono state commercializzate le moto. Famose sono rimaste le 125, nelle versioni con ruote tanto da 14 quanto da 19 pollici, entrate in produzione nel 1952.


Nello stesso periodo sono stati messi in listino eccellenti ciclomotori a due tempi. Nel frattempo Trespidi era uscito dall’azienda per fondare l’Ardito. Va anche menzionata una bella 175 con motore OMA. Nel 1957 finalmente è entrato in produzione il T48 (il prototipo era stato presentato un paio di anni prima), una bella piccola moto a quattro tempi dalle ottime caratteristiche. Il motore aveva il cilindro in lega di alluminio con canna riportata in ghisa, e due valvole inclinate di 74°, comandate da aste e bilancieri. L’albero a gomito, formato da tre parti unite per forzamento alla pressa, poggiava su tre cuscinetti di banco. La trasmissione primaria a ingranaggi, posta sul lato destro, inviava il moto a un compatto cambio a tre marce. La lubrificazione era a carter umido, con pompa a ingranaggi. La potenza era di 1,8 cavalli a 6000 giri/min. In seguito di questo motore è stata realizzata anche una versione di 75 cm3, erogante 3,7 CV a 6800 giri/min. La situazione finanziaria della azienda è andata peggiorando sul finire degli anni Cinquanta, a causa dell’autentico collasso del mercato motociclistico interno e del mancato pagamento di un cospicuo quantitativo di moto esportate in Argentina. Il marchio Alpino è scomparso dalla scena nel 1962.


La Laverda ha prodotto moto di grande successo, tanto commerciale quanto agonistico, e i suoi più importanti modelli sono ormai entrati nella leggenda. Dei ciclomotori prodotti da questa importante casa si parla invece piuttosto poco, anche se si trattava di prodotti di ottima fattura. Il fatto è che sono comparsi nel momento sbagliato, quando il mercato motociclistico stava crollando, e quindi sono stati venduti in numeri non molto elevati.

Laverdino Turismo
Laverdino Turismo

Il Laverdino, come è stato subito denominato, era un ciclomotore a quattro tempi di struttura semplice e robusta, che è stato realizzato nelle versioni Turismo (potenza 2 CV a 6000 giri/min) e Sport (2,5 CV a 6800). La presentazione di questi modelli è avvenuta verso la fine del 1957, con entrata in produzione all’inizio dell’anno successivo. Il motore aveva il cilindro in lega leggera con canna riportata in ghisa, la testa con calotta in ghisa (incorporata di fusione) in corrispondenza della camera di combustione emisferica e la distribuzione ad aste e bilancieri. La trasmissione primaria era a ingranaggi e il cambio a tre marce; il circuito di lubrificazione, a carter umido, era dotato di una pompa a ingranaggi. Il motore era montato a sbalzo inferiormente all’elemento principale del telaio, realizzato in tubi. Questi ciclomotori sono usciti di produzione nella prima metà degli anni Sessanta.

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