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Con la R 1100 RS, presentata nell’autunno del 1992, la BMW ha voltato pagina per aprire un altro, importantissimo capitolo della sua straordinaria storia. Cominciava una nuova generazione di bicilindrici, finalmente dotati di teste a quattro valvole.
Con il passare del tempo, già nel corso degli anni Ottanta era chiaro che i classici motori boxer ad aste e bilancieri, con due valvole per cilindro, iniziavano a mostrare i segni dell’età. Conservavano tutto il loro fascino e la loro personalità, ma le loro prestazioni non sarebbero più state adeguate a lungo alle crescenti esigenze del mercato e d’altro canto non potevano essere ulteriormente aumentate. Occorrevano dei motori completamente nuovi. Era giunto il momento di passare alle quattro valvole per cilindro e di adottare una distribuzione con almeno un albero a camme in ogni testa.
Per i tecnici della BMW i problemi da superare non erano certamente di poco conto. Data l’architettura del motore, che rimaneva ovviamente a cilindri contrapposti, le dimensioni delle teste dovevano rimanere contenute, onde non creare problemi di ingombro o addirittura rischi di contatto con l’asfalto nelle pieghe più esasperate. Mantenendo il condotto di scarico rivolto in avanti e quello di aspirazione all’indietro, una soluzione bialbero di schema classico era da scartare. Le teste sarebbero state troppo grosse.
D’altro canto l’adozione di una distribuzione monoalbero di architettura convenzionale poneva problemi a livello di sistema di comando. Si sarebbe potuto impiegare il raffinato sistema già utilizzato dalla casa bavarese per i suoi motori da competizione, con comando ad alberelli e coppie coniche e due alberi a camme paralleli e ravvicinati in ogni testa, ma si trattava di una soluzione complessa dal punto di vista costruttivo, costosa e difficile da silenziare. Di utilizzare delle cinghie dentate non era neanche il caso di parlare, per ragioni di ingombro e di praticità (i biemmevuisti di strada ne fanno, e sai che scocciatura la sostituzione periodica! E poi a Monaco le cinghie non le usano neanche nei motori auto).
Dopo che, attorno al 1985, era stato varato il programma che avrebbe portato alla realizzazione della nuova generazione di bicilindrici, i tecnici della BMW hanno preso in considerazione anche alcune soluzioni al di fuori degli schemi usuali (in ogni caso era previsto un albero ausiliario nella parte inferiore del basamento, azionato dall’albero a gomiti per mezzo di una catena collocata anteriormente). La prima prevedeva un alberello, mossa da una coppia conica, che andava a ciascuna testa e che nella parte terminale era dotato di due eccentrici, i quali azionavano due bilancieri sdoppiati (uno per ogni coppia di valvole) per mezzo di punterie a bicchiere. Può sembrare incredibile, ma un’altra soluzione valutata prevedeva due lunghe aste per ogni cilindro, che prendevano il moto dall’albero ausiliario e lavoravano sia a compressione che a trazione; azionavano due alberi a camme oscillanti collocati in testa, ognuno dei quali era dotato di due eccentrici e comandava due valvole.
Alla fine si è imposto lo schema più razionale, con l’albero ausiliario che comandava un albero a camme collocato in ciascuna testa per mezzo di una catena. Con tale soluzione era necessario che l’albero a camme fosse disposto con l’asse geometrico parallelo a quello di rotazione dell’albero a gomiti. Nella testa però le coppie di valvole non erano disposte sopra e sotto, ma davanti e dietro, rispetto al pozzetto della candela. Il problema poteva essere risolto solo impiegando punterie, corte astine e bilancieri a due bracci aventi una opportuna conformazione. E disponendo l’albero a camme non sopra le valvole o in mezzo ad esse, ma nella parte inferiore della testa. È stato proprio questo lo schema adottato nel motore definitivo.
Dato che per ottenere le prestazioni previste si era deciso di impiegare quattro valvole per cilindro, sorgeva un altro problema: come raffreddare convenientemente la zona di ciascuna testa che si trovava tra le due sedi di scarico. Per superarlo i progettisti hanno deciso di adottare un sistema di raffreddamento “misto”, nel quale oltre all’aria vi era un forte contributo da parte dell’olio, che veniva fatto passare in misura cospicua in una intercapedine praticata proprio nella zona critica.
Il primo bicilindrico della nuova generazione ha fatto il suo esordio sulla R 1100 RS verso la fine del 1992, al salone di Colonia, per entrare in produzione nel mese di aprile dell’anno successivo. Anche la parte ciclistica, con la sospensione anteriore Telelever e la parte centrale del telaio praticamente costituita dallo stesso basamento del raffinato boxer, era inedita. A catturare l’attenzione dei tecnici e degli appassionati era però il motore a quattro valvole per cilindro, che era stato studiato anche in funzione del suo impiego strutturale e per alloggiare il fulcro del braccio oscillante della sospensione Telelever. Il basamento aveva dimensioni ragguardevoli, in senso verticale, proprio per questo motivo; la cosa era vantaggiosa anche ai fini della riduzione delle variazioni di pressione che ciclicamente hanno luogo all’interno della camera di manovella. Costituito da due semicarter che si univano (cosa inedita per un bicilindrico BMW) secondo un piano verticale longitudinale, il basamento era fuso in conchiglia a media pressione in lega di alluminio al 9% e di silicio (più un 3% di rame). Tra le soluzioni di maggiore interesse spiccavano le bielle ottenute per sinterizzazione e con cappello posizionato mediante superfici di frattura coniugate. Le due valvole di aspirazione avevano un diametro di 36 mm; quelle di scarico erano da 31 mm. Nel motore venivano impiegate tre catene (una era collocata anteriormente e azionava l’albero ausiliario, mentre le altre due andavano da quest’ultimo alle teste). Per la prima volta su un boxer BMW veniva impiegata l’alimentazione a iniezione. Le pompe dell’olio erano due, montate coassialmente; il lubrificante asportava il 22% del calore da smaltire; al rimanente 78% provvedeva l’aria. Questo bicilindrico aveva un alesaggio di 99 mm e una corsa di 70,5 mm (la cilindrata era quindi di 1085 cm3) ed erogava 90 cavalli a 7250 giri/min. A tale regime la pressione media effettiva era di 9,96 bar e la velocità media del pistone di 17 metri al secondo; la potenza specifica era di 82 CV/litro.
Con gli anni, partendo da questa versione base, i tecnici tedeschi hanno realizzato motori sempre più evoluti e performanti, con uno sviluppo che, in due step, ha visto anche un aumento della cilindrata. I motori della serie 1150, con alesaggio portato a 101 mm, sono apparsi nel 1999. Nel 2003 è stata adottata la doppia accensione (poi impiegata diffusamente, ma non su tutti i motori via via realizzati). Nel 2004 è comparso il motore 1200, con alesaggio di 101 mm e corsa aumentata a 73 mm; una importante novità si è avuta con l’adozione di un albero di equilibratura, montato coassialmente all’interno dell’albero ausiliario (che diventava tubolare); ad azionarlo, con rapporto 1:1, provvedeva una coppia di ingranaggi collocata davanti alla catena di comando dell’albero ausiliario stesso. Grazie a questa autentica raffinatezza venivano eliminate le vibrazioni, peraltro di entità pressoché trascurabile, causate dal fatto che i due cilindri non erano sullo stesso asse (nei boxer uno è un poco più avanti dell’altro).
Nel 2007 è stata la volta dell’HP2 Sport con nuove teste, finalmente bialbero, anche se di schema decisamente inconsueto, studiato per contenere il più possibile l’ingombro, e molto raffinato sotto l’aspetto tecnico. In ogni testa i due alberi a camme, azionati direttamente dalla catena proveniente dal basamento, erano paralleli all’asse di rotazione dell’albero a gomiti; ognuno di essi era dotato di due camme, delle quali la posteriore muoveva una valvola di aspirazione e l’anteriore una valvola di scarico.
Le valvole erano disposte radialmente (in lieve misura) e di conseguenza venivano impiegate camme troncoconiche, che agivano su bilancieri a dito (fulcrati su quattro assi individuali). La compattezza era assolutamente rimarchevole. Il motore della HP2 Sport erogava 130 cavalli a 8750 giri/min; a tale regime la PME era di 11,2 bar e la velocità media del pistone di 21,3 metri al secondo. La potenza specifica raggiungeva i 111 CV/litro. Si trattava di nuovi valori record per i bicilindrici boxer. Questo stesso motore tre anni dopo è stato adottato, in versione “addolcita”, sulla R 1200 GS.