Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Le regolazioni che interessano la parte ciclistica della moto, e quindi anche le sospensioni, vanno eseguite lavorando in maniera graduale, con il massimo ordine e prendendo nota, passo dopo passo, di ciò che viene fatto. È importante intervenire su di un elemento di taratura alla volta, in modo da poter valutare il risultato senza che intervengano altri fattori.
Di norma si inizia con la regolazione del precarico. Come noto, esso è legato direttamente all’accorciamento della molla rispetto alla sua lunghezza “libera”, cioè quella che aveva prima della installazione nell’ammortizzatore (o nella forcella). Un maggiore accorciamento significa che occorre una forza più elevata per fare iniziare la compressione della sospensione. La rigidezza della molla, indicata dalla sua caratteristica elastica, rimane però invariata.
Per chiarire le cose facciamo un esempio-limite, con valori numerici comprensibili. Prendiamo la molla di una sospensione posteriore avente una caratteristica elastica di 10 N/mm che, quando viene precaricata, subisce un accorciamento di 10 mm. Con l’ammortizzatore perfettamente libero (cioè, come si trova in magazzino o sul banco di lavoro, senza alcun peso gravante su di esso) la molla agirà cercando di estenderlo, ma senza ovviamente riuscirvi, con una forza di 100 N. Per fare iniziare la compressione della molla occorrerà quindi superare tale forza. Sotto un carico di 250 N la lunghezza della molla così precaricata subirà una riduzione di 150 mm. Agiamo poi sull’apposito registro in modo da portare l’accorciamento iniziale a 15 mm, aumentando così il precarico. La lunghezza dell’ammortizzatore perfettamente libero rimane invariata, ma la forza da vincere per fare iniziare la compressione diventa di 150 N. Sotto un eguale carico di 250 N, la molla si accorcerà di 100 mm.
E’ quindi chiaro che impartendo alle molle un maggiore precarico, le sospensioni si comprimono meno, sotto il peso della moto e del pilota. In altre parole, aumenta l’altezza d’assetto.
Per regolare il precarico all’avantreno, si utilizzano gli appositi registri dei quali sono dotate le moderne forcelle; al retrotreno si interviene invece sul registro della molla dell’ammortizzatore, che può essere del tipo a ghiera o del tipo idraulico. Queste regolazioni sono importanti e possono interessare tanto la moto completa quanto le due sospensioni separatamente. Ad esempio, variando il precarico della sospensione posteriore è possibile modificare l’avancorsa e l’inclinazione del cannotto di sterzo, con le relative conseguenze sul comportamento della moto. Aumentando l’altezza d’assetto posteriore migliorano l’agilità e la maneggevolezza, ma ciò avviene a scapito della stabilità.
La moto può essere abbassata o alzata, tanto anteriormente quanto posteriormente, cambiando la lunghezza delle sospensioni. Spesso la cosa può essere fatta, almeno entro certi limiti, senza sostituire alcun componente. All’avantreno si può variare il posizionamento degli steli della forcella nelle piastre di sterzo, facendoli scendere o salire leggermente. Posteriormente si può agire sull’interasse dell’ammortizzatore, se esso presenta questa possibilità di regolazione. I risultati che si ottengono in questo modo però non sono tutti proprio analoghi a quelli che si possono conseguire agendo sui precarichi. Le corse delle sospensioni e il loro comportamento dinamico non sono identici nei due casi…
Per regolare il precarico delle molle in modo da portarlo al valore ottimale conviene rilevare gli abbassamenti che le sospensioni subiscono sotto il peso della sola moto e sotto quello del complesso moto+pilota. Come riferimento si prendono quindi due distanze “a vuoto”, che si misurano disponendo la moto con entrambe le ruote sollevate dal suolo. Per quanto riguarda la sospensione anteriore, si misura quella tra l’asse ruota (o il margine del piedino) e l’estremità inferiore del fodero della forcella. Posteriormente invece si misura la distanza tra un punto fisso (come il margine inferiore della sella o del codone, o anche una vite nella parte posteriore del telaio) e l’asse della ruota.
Si dispone poi la moto, sempre verticale, con entrambe le ruote poggiate al suolo. Le sospensioni si comprimeranno leggermente. Per calcolare l’entità di questo abbassamento (spesso detto static sag) basta effettuare due misure esattamente analoghe alle precedenti. Per ciascuna di esse (anteriore e posteriore) la differenza tra la distanza misurata con la moto sollevata da terra e quella rilevata con le ruote poggianti al suolo costituisce l’abbassamento statico. È importante segnalare che mentre anteriormente non ci sono problemi, posteriormente non di rado nelle moto di prestazioni più elevate risulta impossibile rilevare l’affondamento in maniera adeguata; negli ammortizzatori di ultima generazione infatti è spesso presente all’interno una contromolla, che impedisce l’operazione.
Successivamente si ripetono le due misure, ma con il pilota in sella e nella posizione che assume durante la guida. In questo caso le differenze rispetto ai valori di riferimento (misure rilevate con la moto sollevata da terra) costituiscono il rider sag, ossia l’abbassamento con il pilota.
È evidente che un maggiore precarico determina un minore abbassamento e viceversa. In linea puramente indicativa, e tenendo anche conto del fatto che ci sono discordanze tra le varie fonti, lo static sag anteriore delle moto stradali (sportive da 600 cm3 in su) dovrebbe essere compreso tra 15 e 30 mm e il rider sag tra 35 e circa 50 mm. Al posteriore il rider sag dovrebbe rientrare in un range che va da 25 a 40 mm. Questi sono comunque solo valori di riferimento.
Idealmente le regolazioni dovrebbero essere tali da consentire lo sfruttamento di quasi tutta l’escursione molleggiante della sospensione. Per quanto riguarda la forcella, affidabili indicazioni in questo senso possono essere ottenute facendo ricorso semplicemente a una fascetta in plastica, tipo quelle che si impiegano per i cablaggi elettrici. Basta stringere la fascetta attorno a una canna della forcella, subito sotto il paraolio del fodero. Non si deve stringere con troppa forza. Basta che la fascetta rimanga ferma ma che al tempo stesso possa venire spostata dal fodero lungo la canna durante la compressione della sospensione. Si fa quindi un giro sulla moto, su un percorso e con un tipo di guida analoghi a quelli più impegnativi che si possono ipotizzare nel successivo impiego. Al termine, si controlla la posizione nella quale è stata portata la fascetta. Lo spostamento corrisponde alla escursione della sospensione che è stata effettivamente utilizzata, ovvero indica la compressione che la forcella ha subito nelle situazioni più severe incontrate durante la prova.