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Con la sua nuova supersportiva H2 la casa di Akashi ha voluto strabiliare il mondo della moto. E bisogna dire che c’è riuscita perfettamente. Si tratta di una realizzazione assolutamente estrema, che percorre una strada diversa da quella intrapresa dagli altri costruttori delle 1000 a quattro cilindri di alte prestazioni, studiate anche per poter essere utilizzate nelle gare delle superbike. Per il nuovo modello di punta della Kawasaki questa possibilità non è prevista, dato che i motori sovralimentati non sono ammessi dal regolamento. Però della moto è stata anche sviluppata una versione, la H2R, che non può essere impiegata sulle strade aperte al traffico, ma solo in circuito! Destinata a chi ama sensazioni straordinariamente forti, questa incredibile quadricilindrica dispone di una potenza inusitata, addirittura nettamente superiore a quella delle MotoGP, con i suoi oltre 300 cavalli.
Frutto di scelte tecniche spesso davvero radicali, la nuova moto è stata studiata senza compromessi, con lo specifico obiettivo di fornire prestazioni eccezionali e di diventare una autentica pietra miliare nella storia delle due ruote. Come ovvio, il punto di forza è costruito dalla adozione di un sistema di sovralimentazione che attualmente non usa nessuno (fa eccezione, se vogliamo, solo la tedesca Horex con motore V6, presentata un paio di anni fa. In giro però finora non si è vista…) e che per il settore motociclistico è addirittura inedito. Sulle auto i compressori centrifughi comandati meccanicamente qualche raro impiego lo hanno invece avuto in passato negli USA (e sulla sfortunata BRM 1500 a 16 cilindri di Formula Uno, costruita in Inghilterra nei primi anni Cinquanta), ma da lungo tempo sono scomparsi dalla scena. Questo, per quanto riguarda i modelli di serie e da corsa, mentre nel mondo del tuning continuano ad avere un apprezzabile spazio.
Quando il motore della H2R ruota a 14.000 giri, il compressore raggiunge una velocità di rotazione dell’ordine di 130.000 giri
Quello della H2 è un dispositivo molto evoluto, realizzato sfruttando in larga misura anche il grande know-how e gli straordinari mezzi in possesso della divisione aeronautica del grande gruppo industriale giapponesi (non si deve dimenticare che la Kawasaki costruisce navi e velivoli e che il settore moto non è certamente il più grande del suo impero). La girante in lega di alluminio è interamente ricavata dal pieno mediante lavorazioni effettuate su sofisticate macchine utensili gestite tramite computer.
La casa di Akashi ha scelto di realizzare un compressore molto compatto. Niente a che vedere con i “padelloni” utilizzati a suo tempo su alcune automobili americane e con i peraltro eccellenti centrifughi impiegati sui grandi motori d’aviazione del passato. Una girante di piccolo diametro però deve girare molto forte, per erogare una adeguata quantità di aria nell’unità di tempo e per fornire una pressione di alimentazione elevata. Per questo motivo il sistema che trasmette il movimento dall’albero a gomiti al compressore nella H2 (e H2R) assicura un incremento considerevole della velocità di rotazione. Rispetto al motore, la girante ruota nove volte più forte! Lo stadio finale del sistema di comando è costituito da un compatto gruppo epicicloidale (coassiale rispetto alla girante) che ha un rapporto di moltiplicazione di 8:1. Il rapporto totale è 9,2:1 e ciò significa che quando il motore ruota a 14.000 giri/min (regime che viene raggiunto dalla H2R), il compressore raggiunge una velocità di rotazione dell’ordine di 130.000 giri/min.
I compressori centrifughi hanno un ottimo rendimento ma hanno un campo di funzionamento ottimale relativamente ristretto, all’interno del quale sono in grado di fornire portate e pressioni considerevoli con un ottimo rendimento (ovvero, con un ridotto riscaldamento dell’aria e un assorbimento di potenza relativamente modesto). Quelli a comando meccanico girano con una velocità che è direttamente legata a quella dell’albero a gomiti. La pressione di alimentazione che forniscono cresce con il quadrato della velocità di rotazione. Questo significa che i centrifughi assicurano una eccellente sovralimentazione del motore agli alti regimi, ma una decisamente modesta ai medi e addirittura trascurabile ai bassi. Nel nostro caso però non è che la cosa abbia una particolare importanza. La H2 non è una moto da granturismo o una naked, che deve fornire prestazioni di punta brillanti ma comunque abbastanza lontane da quelle delle sportive, e che deve avere una robusta coppia per un campo di regimi relativamente ampio. Le 1.000 da 200 cavalli sono destinate a un impiego molto spinto, e vengono studiate sin dall’origine per fornire risultati eccellenti nell’uso in pista. Quelli che contano sono i cavalli in alto; il campo nel quale il motore dà il meglio di sé non è ampio, ma è quello che viene utilizzato nella guida più sportiva, grazie a un intenso uso del cambio. Poco importa dunque che una moto con compressore centrifugo azionato meccanicamente si comporti ai regimi medio-bassi più o meno come una con motore aspirato di eguale cilindrata. Agli alti la musica cambia, eccome!
I dati forniti dalla Kawasaki non sono molti, ma consentono comunque di fare interessanti considerazioni. Il compressore, che come detto è frutto di una tecnologia molto evoluta, è in grado di elaborare oltre 200 litri di aria al secondo e di fornire una pressione di sovralimentazione dell’ordine di 1,4 bar. Una volta uscita, l’aria viene inviata a un polmone in lega di alluminio della capacità di 6 litri. Nelle sportive con motore aspirato l’airbox ha generalmente un volume superiore a 7 volte la cilindrata (nella ultima R1 è di 10,5 litri) e viene realizzato in materiale plastico; qui però la situazione è diversa e il “contenitore” deve essere in grado da un lato di sopportare pressioni decisamente superiori a quella atmosferica e dall’altro di assicurare un buono scambio termico con l’esterno (è particolarmente apprezzata l’elevata conduttività termica della lega di alluminio, quindi), contribuendo a limitare la temperatura della carica fornita ai cilindri.
I motori sovralimentati sono molto sollecitati dal punto di vista termico. Grande attenzione è stata quindi dedicata dai progettisti al sistema di raffreddamento. Nelle zone più critiche della testa, ovvero in corrispondenza delle sedi delle valvole e della candela, sono stati realizzati ampi passaggi per l’acqua; addirittura, i condotti di scarico sono individuali (cioè uno per ogni valvola), il che ha consentito di praticare tra di essi delle intercapedini per il liquido refrigerante.
Il carico termico al quale sono sottoposti questi organi è imponente. La H2R, che eroga 316 CV a 14.000 giri, ha una potenza specifica areale che raggiunge 1,7 cavalli per centimetro quadrato di superficie dei pistoni, circa il doppio dei 1.000 quadricilindrici aspirati
I pistoni hanno il cielo quasi perfettamente piano, e ciò è vantaggioso per la geometria delle camere di combustione; la cosa è resa possibile dal rapporto di compressione (8,5:1) sensibilmente più basso di quello dei motori aspirati delle 1.000 sportive (dell’ordine di 13:1). Nella cartella stampa la Kawasaki ci informa di una scelta che sembrerebbe andare controcorrente: i pistoni non sono realizzati per forgiatura, ma per fusione. Non si tratta però della consueta colata in conchiglia. La tecnologia impiegata non viene indicata, ma dovrebbe trattarsi dello squeeze casting, procedimento largamente impiegato da anni tanto in Giappone quanto in Germania per questi componenti; a meno che non si tratti addirittura di una sofisticata colata in semisolido (!?). Speriamo di saperne di più tra non molto. Ad ogni modo, in entrambi i casi il processo produttivo consente di impiegare una lega dalle eccellenti caratteristiche meccaniche e dalla elevata conduttività termica e permette di impartire al materiale una microstruttura particolarmente vantaggiosa.
Il carico termico al quale sono sottoposti questi organi è imponente, soprattutto nel caso della H2R (che eroga ben 316 CV a 14.000 giri/min!), come dimostrato dal fatto che la sua potenza specifica areale raggiunge gli 1,7 cavalli per centimetro quadrato di superficie dei pistoni, mentre nei 1000 quadricilindrici aspirati è dell’ordine di 0,98-1,04 CV/cm2. Per raffreddare convenientemente questi componenti ciascuno di essi viene lambito da due getti di olio (e non uno soltanto), emessi da appositi ugelli. L’importanza che in questo motore assume la funzione refrigerante dell’olio viene confermata dal fatto che la coppa ha una capacità di ben 5 litri.
La H2 dispone di 200 cavalli, che vengono ottenuti a 11.000 giri/min; le quadricilindriche sportive di eguale cilindrata e di analoga potenza li erogano a regimi notevolmente più elevati (ad esempio, 13.500 giri/min nel caso della R1). Questo vuol dire che grazie alla sovralimentazione le singole fasi utili che hanno luogo all’interno dei cilindri della Kawasaki sono più “energetiche”. La cosa è chiaramente confermata dal fatto che in quest’ultima la coppia massima è di 133,5 Nm contro i 112,4 Nm della R1. Viene però raggiunta a un regime di soli 500 giri inferiore a quello di potenza massima, mentre nel motore Yamaha le velocità di rotazione alle quali si hanno i due picchi sono separate da 2000 giri/min. OK, quello che conta è l’andamento delle curve, comunque…