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Negli anni Trenta diverse moto da competizione sono state dotate di un compressore volumetrico, azionato meccanicamente, del tipo a palette o del tipo a lobi (Roots). Basta ricordare la BMW 500 che vinse il campionato europeo (vero e proprio mondiale dell’epoca) nel 1938 e la Gilera che trionfò l’anno successivo. E poi non si devono dimenticare le formidabili NSU, impiegate anche negli anni Cinquanta, nelle versioni destinate al primato mondiale di velocità. Su una di esse W. Herz portò il record a ben 340 km/h a Bonneville nel 1956.
Dagli anni Settanta le moto impiegate per i primati di velocità hanno impiegato quasi sempre dei turbocompressori.
Per quanto riguarda i modelli di serie, hanno fatto scalpore al loro apparire, all’inizio degli anni Ottanta, le moto “turbo” realizzate dai quattro grandi costruttori giapponesi, che però non hanno ottenuto un buon successo commerciale e sono rimaste in produzione solo per poco tempo. Si trattava della Honda CX 500 T (successivamente evolutasi nella CX 650 T), con motore bicilindrico da 82 cavalli, della Suzuki XN 85 (versione sovralimentata della GS 650), da 86 CV, della Yamaha XJ 650 T, da 90 CV, e della Kawasaki GPZ 750 T da 109 CV.
Al Salone della moto di Milano del 1981 venne anche presentata la splendida Morini 500 Turbo, rimasta allo stadio di prototipo, munita di intercooler, che erogava 70 cavalli a circa 8000 giri/min. La stessa Casa bolognese ha realizzato poco più di un anno dopo un altro interessantissimo prototipo, stavolta di 125 cm3, sovralimentato per mezzo di un compressore volumetrico a palette, che produceva una ventina di cavalli.
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