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Tanto la nostra sicurezza quanto le prestazioni, se amiamo la guida sportiva (e più ancora se andiamo in pista), dipendono in misura fondamentale dalla efficienza dei freni e dal loro comportamento nelle più svariate situazioni. Uno spazio di arresto per quanto possibile ridotto è sicuramente essenziale ma non è comunque tutto. I freni infatti devono essere in grado di mantenere la loro efficacia anche se sollecitati intensamente e in maniera ripetuta, devono poter trasmettere al pilota un adeguato feeling, devono essere potenti ma non troppo bruschi a livello di “bite” iniziale e risultare sempre sinceri in quanto a modulabilità. Si tratta di esigenze non certo facili da soddisfare appieno, date anche le strabilianti prestazioni delle moderne moto sportive e il livello di sollecitazioni che ne deriva.
Così come il pneumatico trasmette le forze al suolo, tanto trasversali quanto longitudinali (ossia acceleranti e frenanti), grazie alla aderenza con il fondo stradale, le pastiglie agiscono sul disco, ostacolandone in misura maggiore o minore la rotazione, grazie all’attrito. Lo svolgimento della loro funzione è quindi accompagnato dallo sviluppo di una quantità di calore che può essere imponente, nel caso di rapido rallentamento da velocità elevate o di azionamento prolungato (come ad esempio può accadere nelle lunghe discese).
Sotto pressione
Facendo riferimento al solo freno anteriore, la forza che il pilota esercita sul comando al manubrio subisce un primo aumento “meccanico” (si tratta di una leva, no?) e quindi un secondo, di entità assai superiore, grazie al sistema idraulico composto dalla pompa, dalla tubazione flessibile e dalla pinza. Anche in questo caso l’incremento della forza viene ottenuto a scapito dello spostamento, sicché il prodotto (forza x spostamento = energia, ovvero lavoro) rimane invariato. Il liquido idraulico, messo in pressione dalla pompa, agisce sui pistoni della pinza. Siccome una forza divisa per una superficie è eguale a una pressione (che nel nostro caso viene generata a livello della pompa) e viceversa una pressione moltiplicata per la superficie sulla quale agisce (quella dei pistoni della pinza) è eguale a una forza, è ben chiaro come svolge il suo compito il circuito idraulico di comando.
Dunque, sui pistoni agisce una notevole forza che è quindi quella con la quale le pastiglie serrano il disco. Per avere un’idea dei valori in gioco, con una pressione nel circuito di 30 bar un pistone del diametro di 32 mm trasmette alla pastiglia una forza di 240 kg, valore che sale a 300 kg per un pistone da 36 mm. Questo significa che in una pinza a quattro pistoni con diametri differenziati (32/36 mm), le pastiglie serrano il disco con una forza complessiva di oltre una tonnellata (540 kg per ogni lato). Il materiale di attrito delle pastiglie deve sopportare quindi forze di compressione molto elevate e al tempo stesso deve resistere alle forze di taglio dovute alla rotazione del disco (che, per via dell’attrito, tende a staccare e a trascinare con sé gli strati più esterni).
Le pastiglie sinterizzate vengono ottenute partendo da una miscela di polveri metalliche, più modeste quantità di abrasivi e di lubrificanti; il procedimento di produzione prevede una forte compattazione sotto una pressione molto elevata e una sinterizzazione, durante la quale i granuli metallici si saldano l’uno all’altro, che ha luogo ad alta temperatura.
Con le pastiglie sinterizzate non occorre un “rodaggio termico” nel primissimo periodo di impiego; basta un assestamento meccanico. Gli intagli presenti nel materiale d’attrito (sia sinterizzato che organico) servono per lo scarico delle polveri che si formano durante l’uso e per ridurre l’”effetto bimetallica”, derivante dal diverso coefficiente di dilatazione della piastrina e del materiale d’attrito.