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Uno dei problemi dei motori che raggiungono regimi di rotazione molto elevati è quello del contenimento delle perdite meccaniche, ovvero degli assorbimenti di potenza dovuti agli attriti, al pompaggio, alla “ventilazione interna” e allo sbattimento (che, a ragione, diversi tecnici chiamano “freno olio”). Per quanto riguarda quest’ultimo, si tratta in pratica della resistenza causata dal lubrificante, che ostacola il movimento dell’albero a gomiti e delle bielle all’interno della camera di manovella. Una cosa è fendere aria pura e un’altra è “tagliare” una densa pioggia di olio! Si deve anche tenere conto del fatto che il lubrificante possiede una considerevole viscosità. Osservazioni effettuate con l’ausilio di una finestrella trasparente hanno consentito di appurare che, almeno in certe situazioni, l’olio tende ad “avviluppare” gli organi del manovellismo, frenandone il movimento in misura ancora superiore a quanto ci si potrebbe aspettare.
Per superare questo problema, almeno parzialmente, in prima battuta i progettisti di motori di moto hanno installato una o più paratie all’interno del basamento, in grado di separare la camera di manovella dalla coppa dell’olio. Poi ci si è spinti più in là, realizzando delle paratie “raschianti” o quasi e disponendo la coppa sotto l’alloggiamento del cambio, ossia ben lontana dal vano in cui si muove l’albero a gomiti. Un ulteriore step è stato effettuato piazzando i passaggi di ritorno dell’olio dalla testa all’esterno della camera di manovella e facendoli sfociare direttamente al di sopra della coppa.
Fino a pochi anni fa, comunque, i circuiti a carter secco venivano impiegati per altre ragioni (che rimangono tuttora valide, ovviamente). Tanto per cominciare, permettono di ridurre l’ingombro verticale del motore, eliminando la coppa. Un vantaggio non da poco, in certi casi. Così si spiega l’adozione di tali sistemi di lubrificazione in molti grossi monocilindrici. In seconda battuta, la soluzione assicura ai componenti interessati (cuscinetti dell’albero a gomiti in primo luogo) un flusso di olio in pressione continuo in qualunque situazione, ivi comprese le impennate, i salti e via dicendo. La pompa di mandata infatti può “pescare” sempre il lubrificante dalla parte inferiore del serbatoio, opportunamente conformata.
Sempre in tema di lubrificazione, può essere interessante osservare che nei motori motociclistici di schema classico, con un cilindro (o due a V), l’ingresso dell’olio destinato a lubrificare il cuscinetto di biella avvenga di norma da una estremità dell’albero a gomito, attraverso una canalizzazione assiale. Si tratta di una soluzione vantaggiosa, che viene utilizzata anche nei motori delle motoGP e delle auto di Formula Uno e che evita di dovere fare ricorso a pressioni di mandata molto elevate, indispensabili quando le canalizzazioni di ingresso nell’albero sono radiali e l’adduzione avviene tramite i cuscinetti di banco. In questo secondo caso, tipico di tutti i motori di serie a tre e a quattro cilindri oggi in produzione, per entrare nell’albero l’olio deve vincere la forza centrifuga, che è legata al diametro dei perni di banco e al regime di rotazione. Quando quest’ultimo è molto elevato, occorre impiegare una pressione di mandata molto alta, il che si traduce in un cospicuo assorbimento di potenza da parte della pompa.
Facendo ricorso a una canalizzazione di ingresso assiale (praticata a una o a entrambe le estremità dell’albero) si può adottare una pressione notevolmente inferiore, a tutto vantaggio del rendimento meccanico del motore. Per fare un esempio, con un perno del diametro di 50 mm e un regime di rotazione di 15000 giri/min occorrerebbe utilizzare una pressione di oltre 6 bar più alta di quella che sarebbe sufficiente con una mandata assiale.