Massimo Clarke: "MV Agusta propone l'albero che gira all'indietro. I precedenti"

Massimo Clarke: "MV Agusta propone l'albero che gira all'indietro. I precedenti"
Nella storia del motociclismo le realizzazioni di questo tipo non sono certo mancate. Ecco una rapida panoramica, nella quale si espongono anche le ragioni di tale scelta da parte dei progettisti | M. Clarke
14 novembre 2011

 

Nella maggior parte delle moto gli alberi a gomiti girano in avanti. Questa è la soluzione classica, ed è abbinata di norma a una trasmissione primaria a ingranaggi (con due ruote dentate) e a un cambio in cascata, nel quale cioè l’albero di entrata è parallelo a quello di uscita. Il pignone della trasmissione finale deve girare in avanti e, siccome ogni coppia di ingranaggi comporta una inversione del senso di rotazione, gira in avanti anche l’albero a gomiti.

Come ovvio, la situazione è diversa quando il cambio è del tipo con presa diretta, nel quale il pignone è coassiale all’albero di entrata e non si ha inversione del senso di rotazione. Ed è diversa anche quando la trasmissione primaria è a catena o a terna di ingranaggi; con ciascuna di queste due ultime soluzioni l’elemento condotto, e quindi l’albero di entrata del cambio, gira nello stesso verso del pignone conduttore, montato sull’albero a gomiti. Una trasmissione primaria che prevede l’impiego di un albero ausiliario, sotto questo aspetto è esattamente analoga a una a terna di ingranaggi. A meno che non si tratti di una trasmissione “mista”, come nel caso dei famosi quadricilindrici Honda CB 500, CB 350 e CB 400 four degli anni Settanta, con l’albero ausiliario collegato all’albero a gomiti da una catena silenziosa e alla frizione da una coppia di ingranaggi.


Schema tradizionale

Come ovvio, si dice che l’albero gira in avanti quando il movimento ha luogo nello stesso senso di quello delle ruote (orario se si guarda la moto da destra e antiorario se la si osserva da sinistra). Lo schema tradizionale quindi prevede due inversioni del senso di rotazione. La prima ha luogo a livello della primaria, a coppia di ingranaggi. Se l’albero ruota in avanti, la frizione quindi gira all’indietro. La seconda inversione si ha all’interno del cambio (in cascata); pertanto il pignone della trasmissione finale gira in avanti, come l’albero a gomiti.


Modelli che hanno fatto storia


Gli esempi di trasmissioni realizzate con schemi diversi, che in molti casi comportano una rotazione “all’indietro” dell’albero a gomiti, non mancano certamente. Tra i più significativi spiccano i famosi Guzzi a cilindro orizzontale con volano esterno, che sono stati a lungo tra i più apprezzati della intera produzione mondiale e che, nelle versioni da competizione, hanno ottenuto grandi affermazioni ed hanno conquistato numerosi titoli iridati negli anni Cinquanta. Nei motori con questa architettura il contenimento dell’ingombro longitudinale è una esigenza molto importante. Adottando un cambio con presa diretta si possono mettere assai facilmente (ovvero, senza “controindicazioni” o limitazioni di sorta, per i progettisti) i due alberi uno sopra l’altro, il che è vantaggioso ai fini della riduzione della lunghezza del motore. Con una trasmissione primaria a ingranaggi, che la casa di Mandello ha impiegato fino dall’inizio della sua storia, perché il pignone della trasmissione finale giri in avanti l’albero a gomiti deve quindi girare all’indietro. Carlo Guzzi sosteneva che questa soluzione era vantaggiosa anche ai fini della lubrificazione del gruppo cilindro-pistone, in quanto la rotazione dell’albero scagliava l’olio che usciva ai lati della testa di biella verso la parte alta della canna, da dove esso per gravità scendeva agevolmente verso la parte inferiore. In effetti questa teoria, forse accettabile per i motori molto lenti, non si è dimostrata valida per la normali realizzazioni motociclistiche (come ben sanno i possessori dei Ducati bicilindrici con distribuzione comandata da cinghie dentate, nei quali l’albero gira in avanti).

 

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Hanno utilizzato uno schema analogo (albero che ruota all’indietro, primaria a coppia di ingranaggi e cambio con presa diretta), anche due eccellenti mono a cilindro orizzontale, grandi protagonisti degli anni Sessanta, ovvero i Motobi 125, 175 e 250 e gli Aermacchi 175 e 250, realizzati poi anche in una versione 350. Nel decennio precedente lo aveva adottato il famoso Mondial 200 (a cilindro verticale) e negli anni Settanta lo hanno impiegato i grossi bicilindrici Ducati 750 e 900, con distribuzione comandata da alberelli e coppie coniche.


Nei motori di oggi


Pure nei motori con cambio tradizionale (cioè in cascata, con inversione del senso di rotazione) ma con trasmissione primaria a catena, l’albero a gomiti deve girare all’indietro. Adottavano questo schema gli Honda CBX 400 e 550 dei primi anni Ottanta e, assai più di recente, i bicilindrici Kawasaki GPz 500 e Er-5.
Oggi, oltre al recentissimo MV 675 tricilindrico (che adotta un albero ausiliario e quindi due coppie di ruote dentate nella trasmissione primaria), ha l’albero a gomiti che gira all’indietro il monocilindrico BMW 450, nel quale la primaria è a terna di ingranaggi.


Nelle competizioni

Passando ai motori da corsa, oltre ai Guzzi mono e bialbero dei quali si è già detto, vanno menzionati almeno l’AJS Porcupine 500, vincitore del primo titolo mondiale 500, le formidabili Mondial 125 e 250 bialbero (più le 175 destinate alle gare minori) e la Morini 250 GP prima versione, con lubrificazione a carter secco. Tutte queste moto avevano la primaria a coppia di ingranaggi e il cambio con presa diretta.
Pure nelle straordinarie Honda a quattro, cinque e sei cilindri degli anni Sessanta l’albero a gomiti girava all’indietro, e lo stesso avveniva nelle Ducati bialbero a due cilindri paralleli di 125, 250 e 350 cm3. In questi casi si avevano una presa di moto centrale e una primaria con albero ausiliario e due coppie di ingranaggi; il cambio era del consueto tipo in cascata. Analogo schema avevano le formidabili Yamaha TZ 700 e 750 del decennio successivo, come pure la OW 35. In tempi più vicini ai nostri, impossibile non ricordare la Honda NSR 500. Oggi spicca la Yamaha M-1, per la quale i progettisti affermano di avere scelto questa soluzione al fine di fare lavorare meglio le sospensioni, in particolare quando si apre il gas, con risultati vantaggiosi in termini di comportamento in pista della moto. Va comunque detto che ogni “stadio” in più, nella trasmissione primaria, comporta un assorbimento di potenza aggiuntivo. Nel caso della MotoGP della casa dei tre diapason, si può ipotizzare che l’impiego di una trasmissione primaria con contralbero e due coppie di ingranaggi, invece di una soltanto, comporti una perdita di circa quattro cavalli.

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