In seguito questa Casa ha proposto dei modelli tecnicamente evoluti, ma sviluppati in un’ottica “classicheggiante”, con raffreddamento ad aria, senza particolari pretese a livello di prestazioni e con una estetica ispirata fortemente a quella delle mitiche bicilindriche degli anni d’oro della classica scuola inglese. Le moto non sono solo facili e divertenti da guidare ma anche di una bellezza straordinaria, i cui nomi sono rimasti leggendari, a cominciare da quello della mitica Bonneville.
Come sono
I nuovi modelli sono simili a quelli di una volta solo a livello estetico. L’attuale motore bicilindrico è frutto di una progettazione completamente nuova e di una filosofia totalmente diversa. Ha quattro valvole per cilindro, distribuzione bialbero con comando a catena, albero a gomiti che lavora interamente su bronzine, con le manovelle disposte a 270°, tre supporti di banco e un albero ausiliario di equilibratura. Il cambio è in blocco, la trasmissione primaria a ingranaggi e la lubrificazione a carter umido. Le misure di alesaggio e corsa (90 x 68 mm) sono fortemente superquadre.
Com'erano
Vale la pena di ricordare, a titolo di confronto, le caratteristiche principali delle bicilindriche Triumph degli anni Sessanta, moto che costituivano il sogno di molti tra gli appassionati più sportivi, ma che purtroppo per diverso tempo sono state alla portata di pochi. Il motore aveva i cilindri in ghisa, la distribuzione ad aste e bilancieri, con due alberi a camme nel basamento, e la lubrificazione a carter secco, con due pompe a pistoncino. Le valvole erano due per cilindro, fortemente inclinate tra loro. Le bielle erano forgiate in lega di alluminio e l’albero a gomiti (con le manovelle a 360°) poggiava su due soli supporti di banco, muniti di cuscinetti a rotolamento. La trasmissione primaria era a catena e il cambio in “semiblocco” (era cioè alloggiato nella parte posteriore del basamento, ma in un vano separato e dotato di un proprio olio) aveva quattro marce, con la più alta in presa diretta. Il telaio era a culla singola continua, che si sdoppiava sotto il motore. La cilindrata di 650 cm3 era ottenuta abbinando a un alesaggio di 71 mm una corsa di 82 mm. Si trattava quindi di un motore a corsa decisamente lunga, come usava allora.
Un po' di storia
Le classiche bicilindriche Triumph hanno mostrato la strada agli altri costruttori inglesi, che si sono affrettati a realizzare anch’essi dei modelli di tipo analogo, dopo la loro apparizione. La storia è iniziata nel 1937 con la 5T di 500 cm3, progettata da Edward Turner; questa moto è stata seguita poco dopo dalla T 100 di eguale cilindrata ma dalle caratteristiche più sportive. In entrambi i casi il cambio era separato.
Dopo la seconda guerra mondiale la produzione è continuata con modelli gradualmente evoluti e migliorati. I motori con cilindrata portata a 650 sono apparsi nel 1953. Poco dopo sono arrivate anche le teste in lega di alluminio (al posto di quelle in ghisa). La mitica T 120 Bonneville, dalle prestazioni assolutamente superlative per la sua epoca (venivano dichiarati 46 cavalli a 6500 giri/min), ha fatto la sua comparsa nel 1958. Nel 1962 la gamma ha subito una rivisitazione radicale, che ha visto tra l’altro il passaggio al cambio in semiblocco. I nuovi modelli sono entrati in produzione l’anno successivo. I miglioramenti sono continuati fino al 1970, che molti ritengono giustamente sia stato l’ultimo delle classiche Triumph bicilindriche. Le successive, brutte e dotate di una nuova ciclistica (con mozzi conici e serbatoio dell’olio ricavato nel telaio) appartengono davvero a un’altra “razza”; sono state un fiasco dal punto di vista commerciale hanno contribuito al rapido declino finale della Casa inglese.
Quella mostrata nella foto è una Bonneville del 1963, primo anno di produzione degli “unit twins”, con cambio in semiblocco.