Massimo Clarke: "Il ricordo della Alpino"

Massimo Clarke: "Il ricordo della Alpino"
Mezzo secolo fa è scomparsa dalla scena motociclistica una casa che, pur senza raggiungere dimensioni rilevanti, è stata tra le protagoniste negli anni della ricostruzione postbellica
20 settembre 2012

La storia di questo marchio è iniziata nel 1945 a Stradella, nell’oltre Po pavese, con la realizzazione dei primi esemplari di un motore ausiliario, che avrebbe fatto molto parlare di sé negli anni successivi. Progettato da Pietro Trespidi, che già aveva realizzato delle interessanti moto a due tempi di 200 e 175 cm3 negli anni Venti, producendole in piccoli numeri, era un monocilindrico verticale robusto e affidabile, che è stato rapidamente messo in produzione dalla Motobici, società appositamente costituita. La denominazione Alpino è comparsa nel 1946, non è ben chiaro per quale motivo. Il successo di questo ottimo micromotore è stato veloce e di notevole portata, anche per via degli eccellenti risultati che esso otteneva nelle gare riservate alle “bicimotore”, assai popolari in quel periodo.

Motore Alpino
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La produzione di ciclomotori completi è iniziata nel 1947 e quella delle motoleggere alla fine del 1948, con il modello 98. Si trattava di una semplice e versatile monocilindrica a due tempi (alesaggio e corsa = 49 x 52 mm) che erogava circa cinque cavalli; il cambio era a tre marce e la trasmissione primaria a catena. La parte ciclistica prevedeva ruote da 19 pollici, una forcella a parallelogramma in tubi e una sospensione posteriore a ruota guidata. La velocità di punta veniva indicata in poco più di 80 km/h. La 125 è arrivata nel 1950, anno nel quale Trespidi ha lasciato l’Alpino per fondare la SIMES (Società Industriale Meccanica Stradella) e cominciare a produrre le moto Ardito, creando così una viva rivalità cittadina che si è protratta fino al 1954, quando la sua azienda ha chiuso i battenti. La nuova monocilindrica aveva un alesaggio di 53 mm e una corsa di 55,5 mm e disponeva di 6,2 CV a 6500 giri/min, una potenza davvero ragguardevole, all’epoca, per un mezzo di questa cilindrata. La trasmissione primaria era sempre a catena e il cambio rimaneva a tre marce; la forcella a parallelogramma era in lamiera stampata.


Verso la fine del 1951 hanno fatto la loro apparizione due nuove 125, azionate da un motore debitamente riveduto e dotate di una ciclistica inedita, con sospensione anteriore a forcella telescopica e posteriore a forcellone oscillante. Una era di impostazione più tradizionale e aveva le ruote da 19 pollici, mentre l’altra (un autentico “bassotto” tipo Isomoto) le aveva da 14”. L’estetica era piacevole e moderna e il livello realizzativo elevato. Queste moto sono state prodotte in numeri decisamente interessanti per diversi anni, in più versioni. Quelle con motore a doppio tubo di scarico, apparso a partire dal 1953, erano più sportive; sempre iniziando dai modelli più performanti ha fatto la sua apparizione anche un nuovo cambio a quattro rapporti. Nel 1954 è entrato in produzione un nuovo telaio, dal disegno più moderno. Le potenze sono salite dai 6,8 CV dei primi Sport ai 7,5 CV (a 6500 giri/min) della versione del 1955. Da diverso tempo era iniziata l’esportazione delle moto e dei ciclomotori, in particolare verso l’Argentina, che a un certo punto è arrivata ad assorbire circa il 30% della produzione. Parallelamente era andata avanti l’attività sportiva; i ciclomotori e le motoleggere di Stradella hanno ottenuto decine e decine di successi, in particolare nelle gare che si svolgevano sui circuiti cittadini. E non erano mancati i record mondiali, su distanze che andavano dal chilometro alle sei ore. Tra il 1952 e il 1955 sono stati ben 24 quelli conquistati dall’azienda stradellina.

Nel 1955 è stata fondata la Moto Alpino SpA
Nel 1955 è stata fondata la Moto Alpino SpA


All’inizio del 1955 è stata presentata una bella 175 a quattro tempi, con motore costruito dalla bolognese OMA (Officine Meccaniche Amadori). Il monocilindrico che la azionava aveva un alesaggio di 64 mm e una corsa di 54 mm, la distribuzione ad aste e bilancieri, il cilindro in ghisa e la trasmissione primaria a ingranaggi. Alimentato da un carburatore da 20 mm erogava 8,5 CV a 6000 giri/min. Nello stesso 1955 è stata fondata la Moto Alpino SpA, autentica “emanazione” della Motobici Srl. In pratica, cambiava ben poco; gli uomini erano gli stessi e così pure la proprietà. Alla fine dell’anno è stato presentato un nuovo, interessantissimo ciclomotore, dotato di motore a quattro tempi dal disegno lineare e moderno. Per l’entrata in produzione della versione definitiva di questo cinquantino è stato necessario però attendere circa un anno. Il piccolo monocilindrico a quattro tempi aveva la distribuzione ad aste e bilancieri e il cilindro in lega di alluminio con canna riportata in ghisa; che si trattasse di un motore costruito senza fare economie o scendere a compromessi dal punto di vista tecnico era dimostrato anche dal fatto che l’albero a gomito ruotava su tre cuscinetti di banco. L’alesaggio di 40 mm era abbinato a una corsa di 38 mm e la potenza era di 1,8 CV a 6000 giri/min. Il cambio era a tre marce. Nel 1959 da questo motore è stata ricavata una versione di 75 cm3, erogante 3,7 CV a 6800 giri/min, che però è stata prodotta in pochi esemplari soltanto.


Sul finire degli anni Cinquanta la situazione economica dell’azienda è peggiorata nel giro di poco tempo. In Italia per il mercato motociclistico era iniziata la grande crisi e i numeri di vendita dei mezzi a due ruote sono scesi quasi repentinamente a livelli molto modesti. Il colpo mortale alla azienda di Stradella è stato però inferto dalla decisione del governo argentino, dopo la caduta di Peron, di bloccare tutte le importazioni e di non pagare i debiti esteri. Il marchio Alpino è definitivamente uscito di scena nel settembre del 1962 con la dichiarazione di fallimento, dopo che la produzione era cessata da numerosi mesi. Un tributo a questa casa appare più che doveroso, nel cinquantenario della scomparsa; la passione e il valore dei protagonisti della sua storia, ossia i tecnici, gli altri dipendenti e i piloti, non sono mancati davvero…

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