Massimo Clarke: Ricordo della Motobi

Massimo Clarke: Ricordo della Motobi
Questa Casa per oltre due decenni ha prodotto ottime moto, alcune delle quali hanno contribuito a segnare un’epoca, per le loro ottime caratteristiche e le loro brillanti prestazioni | M. Clarke
12 aprile 2012

 

Le origini

Nel 1949, in seguito a notevoli divergenze di opinioni, Giuseppe Benelli lasciò i fratelli e l’azienda che portava il suo nome per mettersi in proprio, fondando la FAM (Fabbrica Auto Motoveicoli), sempre con sede a Pesaro, lungo la statale Adriatica. La prima realizzazione della nuova casa è stata la “B” 98, una semplice e robusta motoleggera a due tempi, con cilindro orizzontale. Non aveva alcuna pretesa velocistica, ma si proponeva come veicolo economico e versatile destinato all’uso di tutti i giorni e come tale ottenne un ottimo successo commerciale.

Logo Motobi inizio anni Cinquanta
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Giuseppe Benelli era molto attento all’evolversi della tecnica e a quanto proponevano gli altri costruttori, anche esteri. Fu proprio in occasione di un suo viaggio in Germania che si innamorò della forma “a uovo” del motore della Imme, geniale realizzazione di Norbert Riedel. Decise che, da allora in poi, quella sarebbe stata l’architettura che avrebbero avuto tutti i modelli prodotti dalla sua azienda.
 

Nel 1952 apparve la bicilindrica Spring Lasting di 200 cm3, che adottava le stesse misure caratteristiche della 98 (48 x 54 mm) ed erogava 8,5 CV a 5000 giri/min. Da questa moto che, via via ammodernata, è rimasta in produzione fino al 1960, è derivato il modello di 250 cm3, presentato nel 1954. La versione sportiva era alimentata da due carburatori e aveva prestazioni molto elevate, per l’epoca, come testimoniato anche dalla vittoria di Silvano Rinaldi nella Milano-Taranto del 1955.
La 98 venne sostituita alla fine del 1953 dalla 125 a due tempi (alesaggio e corsa = 54 x 54 mm) con architettura a uovo, che venne denominata Ardizio.


Una nuova èra: Imperiale e Catria


Verso la fine del 1955 si è aperta una nuova era per l’azienda pesarese, con la presentazione di due nuovi modelli dotati di motore a quattro tempi, sempre a cilindro orizzontale e sempre caratterizzato dalla medesima architettura, oramai tipica della casa. Si trattava di una 125 e di una 175, assolutamente analoghe in quanto a schema d’assieme e a soluzioni costruttive adottate. Disegnati da Piero Prampolini, i motori avevano la distribuzione ad aste e bilancieri, con albero a camme piazzato nella parte
Catria 175, versione del 1956 - 58
Catria 175, versione del 1956 - 58

inferiore del basamento e due valvole inclinate che venivano richiamate da molle ad elica. L’albero a gomiti, in tre parti unite per forzamento, era supportato da ben quattro cuscinetti a sfere. Le misure di alesaggio e corsa erano rispettivamente 54 x 54 mm per il 125 e 62 x 57 mm per il 175. La trasmissione primaria era a ingranaggi e il cambio a quattro marce del tipo con presa diretta. L’elemento principale del telaio era costituito da una grossa trave superiore in lamiera scatolata.

Denominati rispettivamente Imperiale e Catria, questi monocilindrici sono entrati in produzione nella primavera del 1956. Poco più di un anno dopo è stata presentata la versione sportiva della 175, dalla quale è stata ben presto ricavata una variante per le gare delle moto derivate dalla serie (MSDS).


Gli scooter


Dato che la situazione del mercato motociclistico stava peggiorando rapidamente, la Motobi propose due interessanti scooter, il primo dei quali dotato dello stesso motore di 175 cm3 che azionava la moto e il
Scooter a quattro tempi a ruote alte Picnic, molto avanzato per la sua epoca
Scooter a quattro tempi a ruote alte Picnic, molto avanzato per la sua epoca

secondo di un monocilindrico a quattro tempi semplice ma al tempo stesso assai ardito, in quanto ad architettura. Si trattava del Picnic, a ruote alte, dotato di una estetica che non avrebbe certo sfigurato una trentina di anni dopo (e forse sarebbe attuale ancor oggi).


La re-unione con Benelli


Pochi anni dopo la morte del fondatore, avvenuta nel 1957, la situazione del mercato divenne molto difficile; la Motobi e la Benelli decisero pertanto di riunirsi, cosa che avvenne alla fine del 1962. I modelli di punta, ossia i monocilindrici a quattro tempi, vennero progressivamente aggiornati tanto a livello estetico quanto a livello tecnico, diventando molto ambiti tra i giovani per le loro eccellenti prestazioni.

Alla fine del 1962 fece la sua comparsa la Sprite 200, dalla quale al termine del 1965 venne ricavata la 250 (con un alesaggio di 74 mm e una corsa di 57 mm), con cambio a cinque marce e una potenza di 18 cavalli a 7500 giri/min, dalla quale furono sviluppati ben presto il Barracuda e, alla fine del 1968, il modello SS (ossia Sport Special). La 125 ha subito una strada evolutiva simile, per ciò che riguarda tanto lo styling quanto la tecnica, ricevendo essa pure il cambio a cinque marce e subendo un graduale incremento delle prestazioni. Queste moto sono state vendute in numeri considerevoli anche con il marchio Benelli e molte di
250 SS (Sport Special), del 1968-1971
250 SS (Sport Special), del 1968-1971

loro hanno preso la via degli USA, ove l’importatore (Cosmopolitan Motors) era particolarmente attivo. Anche l’ottimo cinquantino, nato alla Benelli, del quale era particolarmente apprezzata la versione sportiva, si è venduto bene sul nostro mercato, con entrambi i marchi.


La scomparsa


Alla fine del 1967 venne presentato il bicilindrico Tornado, di 650 cm3, progettato da Prampolini, che entrò in produzione solo nel 1970. Alla fine dell’anno successivo il gruppo Benelli-Motobi venne acquisito dall’imprenditore italo-argentino Alejandro De Tomaso. Al termine del 1972 entrarono in produzione i bicilindrici a due tempi di 125 e 250 cm3, destinati ad avere per diversi anni una buona diffusione tra i giovani (anche queste moto, come la 650, sono state commercializzate con entrambi i marchi). Per i formidabili monocilindrici a quattro tempi con architettura a uovo la fine era ormai vicina. Gli ultimi esemplari sono stati venduti nel 1975, quando la produzione era oramai terminata da alcuni mesi. Il marchio Motobi è definitivamente uscito di scena nel 1977.


Protagnoniste nella scena agonistica

Per tutti gli anni Sessanta le Motobi monocilindriche sono state grandi protagoniste della scena agonistica nazionale, a livello di campionati juniores (17 titoli, suddivisi tra le classi 125, 175 e 250, tra il 1959 e il 1972) e di gare in salita (nove titoli della montagna). Le hanno condotte alla vittoria, piloti come Ballestrieri, Bertarelli, Lazzarini, Fattori, Tondo, Isnardi e Giansanti. Tra il 1965 e il 1968 le moto pesaresi sono state imbattibili tra le 125 della categoria Sport, con le quali si correvano le gare per i piloti juniores, e tra il 1967 e il 1972, terminata l’era delle Morini Settebello, le Motobi 175 hanno conquistato la

La splendida estetica della 175 per le gare juniores, completa di carenatura
La splendida estetica della 175 per le gare juniores, completa di carenatura

bellezza di sei titoli juniores consecutivi. Insomma un palmares esaltante.

Nella classe 250 sono rimasti famosi i duelli con le Aermacchi Ala d’Oro. Dal reparto corse, diretto da Zanzani, che era coadiuvato da un team di abili meccanici, uscivano delle moto che, oltre ad essere preparate alla perfezione, avevano anche un’estetica strepitosa, a cominciare dalla bellissima carenatura a vitino di vespa. Una delle scuderie che hanno impiegano con maggior successo le Motobi è stata quella di Augusto Imperiali.

Alla Motobi 250 va anche il merito di avere consentito il primo successo di un italiano sulla velocissima pista di Daytona, nella 100 miglia del 1967, davanti a una temibile schiera di moto giapponesi; questa moto, che ha corso col marchio Benelli, è stata portata alla vittoria da Silvano Bertarelli. Per la cronaca, prima che venisse realizzata la pista in asfalto che tutti conosciamo, a Daytona si era imposto già un binomio italiano, nel 1959; si trattava di Giuseppe Rottigni sulla Parilla 175.

Le Motobi hanno segnato un’epoca meravigliosa del motociclismo agonistico e i modelli stradali sono rimasti nella memoria di tanti appassionati che li hanno sognati o posseduti (beati loro) in gioventù. Un ricordo era quantomeno doveroso…