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Quando si adottano quattro valvole per cilindro, ci sono due modi nei quali esse possono venire disposte. Il primo prevede che esse siano tutte parallele e non è adatto ai motori di alte prestazioni ad accensione per scintilla; per i diesel però è da anni la soluzione standard. L’altro invece prevede che le coppie di valvole (di aspirazione e di scarico) siano disposte su due piani inclinati tra loro di un certo angolo, il che impartisce alla camera di combustione una forma a tetto e consente di disporre la candela in posizione centrale. Questo schema da anni domina la scena, per quanto riguarda i motori a ciclo Otto di più elevata potenza specifica.
Già nei primi anni del Novecento però c’era stato chi aveva pensato di disporre le quattro valvole radialmente, in modo da ottenere una camera di combustione di forma emisferica, cioè dotata della conformazione che consente di avere il minor rapporto tra superficie e volume. In questo modo inoltre le valvole potevano avere dimensioni molto considerevoli; in altre parole, era possibile sfruttare al meglio lo spazio geometricamente disponibile.
Il complesso della distribuzione diventava però più macchinoso, rispetto a quelli tipici della soluzione convenzionale, e anche per quanto riguarda la conformazione e la disposizione dei condotti ci potevano essere delle difficoltà, se il motore aveva più di un cilindro.
Occorre sottolineare a questo proposito che, se si escludono i primissimi anni del motorismo, il settore motociclistico è sempre stato svantaggiato rispetto a quello automobilistico sotto l’aspetto degli investimenti e quindi dei mezzi di ricerca e di sviluppo disponibili. D’altro canto, alcune soluzioni tecniche è più facile adottarle sui motori monocilindrici (o bicilindrici a V o boxer), dato che hanno le teste singole; c’è abbondante spazio attorno alla zona della camera di combustione, senza dover fare i conti con i condotti e gli organi della distribuzione dei cilindri adiacenti. È abbastanza logico quindi che, anche per quanto riguarda le valvole radiali, siano state le moto ad essere protagoniste.
Il primo brevetto relativo a una testa con quattro valvole risale al 1906 ed è dovuto alla Hotchkiss. Il primo esempio di motore con quattro valvole radiali effettivamente realizzato (e impiegato in gara) è costituito dall’Alcyon monocilindrico del 1912. Il sistema di comando adottato era ad aste e bilancieri.
Per lungo tempo quando si parlava di motori motociclistici a quattro valvole, anche se ci sono stati interessanti esempi di impiego di questa soluzione da parte di altri costruttori, la prima casa che veniva in mente era la Rudge-Whitworth. Questa azienda inglese infatti ha prodotto per diverso tempo ottime monocilindriche di elevate prestazioni, con distribuzione ad aste e bilancieri, dotate di quattro valvole. Le prime risalgono alla metà degli anni Venti; le quattro valvole erano disposte due da un lato e due dall’altro della testa, secondo lo schema classico. La disposizione radiale è stata adottata sulle moto ufficiali a partire dal 1930 per la 350 e dall’anno successivo per la 250. Nel 1932 anche il modello Ulster, prodotto in piccola serie, ha impiegato questa soluzione, che prevedeva un unico albero a camme montato nella parte destra del basamento. Ciascuna delle due aste azionava un bilanciere il quale a sua volta ne muoveva un altro (per comandare la valvola di destra) che infine agiva su di un terzo (per azionare la valvola più lontana, piazzata cioè sulla sinistra). In tutto si avevano quindi tre bilancieri per comandare le due valvole di scarico e altrettanti per quelle di aspirazione.
Dal 1931 la Rudge 500 ufficiale è stata dotata di una testa con valvole “semi-radiali” (le due di aspirazione erano parallele e le due di scarico inclinate), utilizzata anche sulla Ulster a partire dal 1933.
Pure un’altra casa inglese, meno famosa, negli anni Trenta ha sviluppato una distribuzione ad aste e bilancieri con quattro valvole disposte radialmente. Si tratta della Excelsior, che ha utilizzato questa soluzione sulla sua Mechanical Marvel di 250 cm3. Nel basamento c’erano due alberi a camme, collocati uno davanti e l’altro dietro la zona di appoggio del cilindro.
Nel frattempo un giovane tecnico austriaco, Ludwig Apfelbeck, aveva iniziato ad interessarsi alle teste con valvole radiali e, nella seconda metà degli anni Trenta aveva ottenuto alcuni interessanti brevetti relativi a vari schemi decisamente innovativi. In particolare, questo brillante progettista proponeva una disposizione “diametrale” delle valvole, con le due omologhe (ossia entrambe di aspirazione o entrambe di scarico) non adiacenti ma piazzate nelle zone opposte della camera. E come disposizione preferibile, per quanto riguarda i condotti di aspirazione, indicava quella downdraft (cioè verticale), al posto di quella laterale (ossia orizzontale o quasi), prevista dallo schema usuale.
Nei primi anni Cinquanta l’inglese BSA per un certo periodo ha preso in considerazione l’idea di prendere parte ai Gran Premi. La classe prescelta era la 250, per la quale il tecnico Bert Hopwood ha progettato una bella monocilindrica che è stata presentata nel 1952 ma che non è mai uscita dallo stadio di prototipo. In questo caso ciascuna delle quattro valvole radiali veniva azionata da un semplice e leggero bilanciere a due bracci. Nella parte superiore della testa erano piazzati due alberi a camme (con due eccentrici ciascuno), inclinati uno rispetto all’altro e in presa tra loro per mezzo di due ingranaggi conici. Il sistema era brillante e meccanicamente pregevole, ma assai complesso dal punto di vista realizzativo. Una ventina di anni dopo una soluzione del genere è stata sviluppata dall’Alfa Romeo per un suo motore sperimentale dotato di una splendida testa a quattro valvole per cilindro con camere di combustione perfettamente emisferiche.
Negli anni Sessanta Apfelbeck ha lavorato a lungo per la BMW. In particolare, per la casa bavarese ha progettato un paio di interessantissime teste a quattro valvole con camere emisferiche e distribuzione bialbero
Negli anni Sessanta Apfelbeck ha lavorato a lungo per la BMW. In particolare, per la casa bavarese ha progettato un paio di interessantissime teste a quattro valvole con camere emisferiche e distribuzione bialbero, che sono state realizzate e provate su motori quadricilindrici di 1600 e 2000 cm3. Sono state sperimentate tanto una soluzione con condotti pressoché orizzontali, che “sfociavano” ai due lati della testa, quanto una con valvole diametrali; in questo secondo caso c’erano otto condotti di aspirazione verticali e altrettanti di scarico, che fuoriuscivano quattro da una parte e quattro dall’altra della testa stessa. Con questi motori, installati in una monoposto di Formula Due, sono anche stati ottenuti alcuni record mondiali. Lo schema adottato prevedeva due bilancieri a dito per ogni valvola.
Le quattro valvole radiali sono state riportate alla ribalta dalla Honda nel 1983, quando sono entrati in produzione i nuovi monocilindrici delle serie XL e XR. In questo caso la distribuzione era monoalbero e ogni eccentrico comandava la propria valvola per mezzo di un bilanciere a due bracci e di un bilanciere a dito. In seguito la soluzione è stata anche impiegata sul modello Dominator di 650 cm3, esso pure di grande successo.
In aggiunta alle teste con quattro valvole veramente radiali o “diametrali” per ogni cilindro e camere di combustione emisferiche, vanno ricordate anche quelle nelle quali le coppia di valvole omologhe sono collocate una da una parte e una dall’altra, rispetto al centro della testa, e giacciono su due piani inclinati tra loro di un certo angolo, come nel classico schema bialbero che da anni domina la scena, ma sono azionate da camme leggermente troncoconiche.
In questo caso le due valvole di aspirazione (e spesso anche quelle di scarico) non sono perfettamente parallele tra loro; gli steli formano infatti un piccolo angolo (in genere si tratta di alcuni gradi soltanto), e divergono mano a mano che si allontanano dalla camera. Quest’ultima ha una conformazione che si discosta in misura pressoché trascurabile dalla classica a tetto e non si avvicina neanche lontanamente a quella emisferica. Le camme troncoconiche necessarie per azionare le valvole agiscono su punterie a bicchiere o su bilancieri a dito.
Il primo brevetto relativo a una soluzione di questo genere risale al 1924 ed è dovuto alla inglese Napier. La Porsche ha iniziato ad impiegarla nei primi anni Ottanta sul suo motore TAG V6 sovralimentato di Formula Uno.
A livello di coefficiente di efflusso ci possono essere (forse) lievissimi vantaggi in quanto mano a mano che le valvole si sollevano dalle sedi i loro funghi si allontanano progressivamente dalle pareti laterali della camera e del cilindro, il che riduce la loro “schermatura” da parte delle pareti stesse. Pure per quanto riguarda la forma della camera può darsi che ci sia un piccolissimo miglioramento. Questa soluzione viene impiegata su diversi motori da competizione. In campo motociclistico va segnalata la sua recente adozione da parte della BMW (per alcuni bicilindrici boxer, nei quali la scelta è stata dettata dalla necessità di contenere l’ingombro delle teste) e della MV Agusta.