Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
L’evoluzione della tecnica ha portato inevitabilmente a una selezione, dalla quale sono emerse le soluzioni più vantaggiose ai fini delle prestazioni, della razionalità costruttiva e/o del contenimento dei costi di fabbricazione. Lo spazio per la creatività, specialmente in campo motoristico, negli ultimi anni si è pressoché annullato. Al massimo infatti le diversità che si possono riscontrare rispetto agli schemi ormai consolidati e di impiego universale si hanno a livello di dettaglio, o sono costituite da “variazioni sul tema”, comunque di modesta entità. In passato però c’è stato chi ha sondato strade realmente alternative e ci sono state non poche moto davvero diverse, frutto di un estro straordinario. E non si tratta solo di prototipi o di esemplari unici; alcune sono state prodotte in serie per diversi anni.
Nel 1921 in Germania è entrata in produzione la Megola, con motore stellare a cinque cilindri installato nella ruota anteriore. Non c’erano né frizione né cambio e il motore girava, anche se con velocità differente rispetto alla ruota, quando la moto avanzava. Alle estremità inferiori della forcella erano piazzati da un lato il carburatore e dall’altro il magnete di accensione. Dopo avere realizzato alcuni prototipi con motori stellari rotativi, tanto a tre e quanto a cinque cilindri, nel 1919 e nel 1920, il progettista Fritz Cockerell ha iniziato la fabbricazione in serie della moto a Monaco, costruendo un totale di circa 2.000 esemplari, gli ultimi dei quali nel 1925. Il motore di 640 cm3, chiaramente ispirato ai rotativi stellari d’aviazione largamente impiegati nella prima guerra mondiale, aveva la distribuzione a valvole laterali ed erogava 14 cavalli. Il telaio dalla caratteristica struttura era in acciaio stampato. Posteriormente veniva adottata, in molte delle moto prodotte, una sospensione con una balestra per ogni lato.
Della Megola è stata realizzata anche una versione da competizione.
Quest’ultimo era costituito da due ruote di frizione disposte a 90° una rispetto all’altra, che trasmettevano la coppia grazie all’attrito. La variazione del rapporto si otteneva spostando la ruota condotta (dotata di una banda periferica in materiale d’attrito, che poteva essere sostituita quando era troppo usurata) lungo il suo albero, in modo da avvicinarla o da allontanarla dal centro dell’altra. Di straordinario interesse era la parte ciclistica, che prevedeva un telaio in lamiera stampata costituito da due elementi longitudinali collegati da traverse e un avantreno davvero innovativo, del tipo con mozzo sterzante, collegato al manubrio da una semplice tiranteria collocata sul lato destro. Questa moto veniva particolarmente apprezzata per la grande stabilità della quale faceva sfoggio in qualunque condizione di marcia. Nel 1925 e 1926 le Ner-a-Car costruite in Inghilterra sono state dotate di un motore a quattro tempi a valvole laterali di 348 cm3, prodotto dalla Blackburne, e di un cambio a tre marce fabbricato dalla Sturmey-Archer.
Una moto inconsueta che è rimasta in produzione per ben 15 anni (dal 1925 al 1939) è stata la Bohmerland, progettata da Albin Liebisch e costruita in quella che oggi è la repubblica ceca. Era azionata da un motore monocilindrico con distribuzione ad aste e bilancieri di 598 cm3, con una corsa di ben 120 mm (l’alesaggio era di 79,8 mm), che nelle ultime versioni erogava circa 25 cavalli. A renderla straordinaria era la parte ciclistica; accanto a una versione “corta”, destinata al pilota più un passeggero, veniva infatti prodotta quella a tre posti, rimasta famosa. Spiccavano inoltre le ruote a razze in lega di alluminio, largamente in anticipo rispetto ai tempi, e i due serbatoi di carburante, collocati ai lati della ruota posteriore.
Di recente abbiamo parlato della Nembo, una incredibile moto a tre cilindri, di recente realizzazione, caratterizzata dal fatto di avere il gruppo testa-cilindri rivolto in basso. Sul finire degli anni Trenta in Francia Marcel Guiget aveva adottato questa architettura per la sua MGC 500 (la cilindrata è stata poi portata a 600) a quattro cilindri in linea longitudinale, nella quale il serbatoio del carburante, in lega di alluminio, era conformato e dimensionato in modo da fungere anche da elemento superiore del telaio. E negli anni Cinquanta un tecnico ungherese aveva ottenuto un brevetto, che qui mostriamo, relativo a una moto con cilindro rivolto verso il basso…