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"Abbiamo sempre tribolato, perché abbiamo voluto far crescere un'azienda di moto in un posto dove sarebbe stato più naturale vendere sci, non moto. È stata una lotta, con le banche, con il contesto, con tutto e ogni anno - per 10 anni - ho dovuto reinventarmi, c'era una crisi ogni novembre: ma se domani mattina dovessi ricominciare tutto d'accapo non avrei problemi e senza piangermi addosso riparto a manetta, chiamo tutti i clienti, gli faccio provare le moto, organizzo un tour... se adesso - con l'emergenza sanitaria - gli passa la voglia di moto sono pronto a chiamarli tutti, mille persone una per una, dalle 5 del mattino a mezzanotte per dirgli quanto è bello il nostro mondo".
Adoro le persone come Matteo. Principalmente perché l'articolo lo scrivono loro e io non devo fare quasi nulla, giusto accomodare la sintassi ipotattica della conversazione e trasferirla su una pagina; in quel capoverso che ho trascritto dalla sua intervista c'è tutto: la storia di 60 anni di attività del padre sbilanciata tra passione e ragione, l'entusiasmo di Matteo che dal 2004 fa i primi passi nella concessionaria di papà Erminio, la necessità di non darsi traguardi definitivi e la magnifica percezione di se stessi come un punto di collegamento: i concessionari, almeno alcuni, sono un ponte tra noi e le nostre passioni, gli apostoli del verbo motociclistico e se questo è anche business, se qualcuno riesce in una, due o magari tre generazioni a mettere su un'azienda vitale e profittevole, tanto meglio anche dal punto di vista spirituale per noi motociclisti.
Erminio, oggi 74 primavere, sessant'anni fa apre la sua bottega di riparazioni meccaniche. Ripara le Ape, lavora in campagna, ma nel 1990 trova un'opportunità, rilevare una concessionaria storica: Attilio Damiani, personaggio molto noto - non solo in Valtellina - per le sue vittorie nelle gare in salita a cavallo tra gli anni '50 e '60, vende la sua attività ad Erminio che inizia così ad affiancare la vendita di moto alla riparazione.
Sembra una storia pionieristica, invece siamo già negli anni '90: "mio padre" mi racconta Matteo, "è stato uno dei primi a credere nell'esposizione passando da semplice officina a concessionaria, ma le difficoltà non mancavano". Tra il clima non sempre generoso della Valtellina ad un boom dello scooter ancora da incontrare, per finire con le difficoltà logistiche di chi opera in un territorio aspro, la classica domanda "ma chi te lo fa fare" si pone più di una volta. Eppure, "o hai la passione e non guardi nulla, non guardi il conto corrente e i rischi, o lasci perdere", giusto. Con la stessa passione Erminio mette il figlio su una moto - a partire degli otto anni di età - e nel corso del tempo gli lascia provare di tutto, dal cross alla velocità, relegandolo in officina nella pausa estiva della scuola cercando di fargli fare meno danni possibile. Un adolescente degli anni '90 in officina, per giunta figlio del capo: in tutta sincerità non riesco a pensare a nulla di più pericoloso e creativo.
Ma il punto non è questo. Il punto è che Ermino ci prova, ma non ci riesce. Prova a far ragionare se stesso prendendo nota dei rischi che fare il concessionario di moto in Valtellina presenta, ma non ce la fa e continua lo stesso. Prova pure ad impedire surrettiziamente a Matteo di entrare a lavorare in concessionaria ma anche qui, niente. Deve esserci aria buona in Valtellina.
Nonostante tutti i contrari auspici dei genitori consci di quanto sia sacrificante riuscire a fare di una rivendita di moto un'attività redditizia, Matteo nel 2004 mette piede ufficialmente in concessionaria ma "ero un fantasma, nel senso che nessuno mi considerava, i clienti cercavano lui (Erminio n.d.r.) che tra l'altro tentava di dirottarmi in tutti i modi". Le alternative non mancavano e qualche tempo prima Matteo aveva iniziato a lavorare in uno studio tecnico, ma ci dev'essere qualcosa di sbagliato in noi padri: vietare ai figli di dare ascolto alla passione mentre per noi stessi non desideriamo altro, è matematico che poi si venga aggrediti dai sensi di colpa e la fase successiva è quella della proiezione dove capiamo che in fondo è un gran bel momento quello in cui tuo figlio sceglie di fare il tuo stesso mestiere, per giunta sporcandosi le mani.
Erminio comprende che ha di fronte un ragazzo caparbio, e gli da spazio: "ho cercato di fare tutto in modo diverso, ho introdotto il computer quando mia madre stendeva ancora le fatture con la macchina da scrivere e dopo un paio d'anni ho capito che era scattato qualcosa, ero lì e i clienti cercavamo più me che lui... non cercavano più mio padre con gli occhi e ho capito che potevo farcela da solo". Questo non rende molto più facile tutto il resto, però: "quando hai vent'anni e devi parlare con i clienti non è facile. Qui in Valtellina la gente è schietta, diretta, i clienti picchiano parecchio duro quando si parla di soldi ma ho avuto un cambio di carattere e mio padre, senza che ci fossimo mai detti nulla, ha capito tutto e mi ha dato fiducia".
Cambia tutto, Matteo si mette in testa di fare un ulteriore salto di qualità e di diventare un concessionario ufficiale Honda, giusto per i 30 anni della Stilmoto, nel 2020. Passo importante durante il quale c'è bisogno di cambiare qualcosa nell'azienda, di strutturarla diversamente e lui è l'uomo giusto per portare a termine anche questa rivoluzione che ha bisogno comunque di suggerimenti e ancora tanta fiducia che riceve "dal mio ispettore Honda Alberto Laneri, un appassionato di moto che senza mai essere troppo invadente ha visto in me un giovane che voleva entrare nella famiglia, e dallo stesso William Armuzzi, nostro General Manager, che mi ha dato tutto quello che potevo chiedere per fare questo passaggio, aiutandomi in ogni modo per gestire questa rivoluzione".
Generalmente i ringraziamenti vanno coi titoli di coda, ma ci sono ancora un paio di cose da raccontare: la prima è che Stilmoto oggi è guidata da Matteo ma "c'è tutta la mia famiglia a bordo. Anche nel passaggio in Honda mio padre non ha detto nulla, ma è sempre sul pezzo, attivo, fiero, contento. Honda ha tirato fuori da me una cosa che non sapevo di avere. Ho collaborato con marchi più piccoli ed io stesso ero più piccolo, adesso collaborare con Honda per me è come essere passato dalla Superbike ad un team di MotoGp".
La seconda è che oggi Erminio è più giovane di venti anni fa, almeno così si dice. Non chiede nulla, si fida, vede che i clienti tornano, è felice così.
I festeggiamenti per il trentennale della concessionaria e per il passaggio sotto l'ufficialità dell'Ala Dorata sono rimandati a quando l'emergenza sanitaria sarà un ricordo ma c'è una cosa che mi ha detto Matteo e che voglio riportare qui così come l'ho sentita: "quando tutto questo finirà - e finirà - saremo orgogliosi di noi stessi, perché avremo sacrificato le nostre abitudini e la nostra quotidianità per qualcosa che andava risolto: stare a casa è duro. Saremo usciti da questa situazione tutti insieme e saremo più forti, affronteremo tutto a testa alta. L'estate aiuta a cancellare i brutti ricordi e si tornerà in moto. Non avremo perso nulla, per noi motociclisti un giorno in moto vale come trenta giorni in casa e il secondo giorno dopo la fine di quest'emergenza ci saremo dimenticati tutto, sarà tanta roba. Avremo già fatto 1000 chilometri e avremo dimenticato tutto. Ci sarà qualche gatta da pelare ma la gente ricomincerà ad andare al parco, in moto, a vivere normalmente, a pensare positivo".
"Mio padre ne ha viste tante; dice che ne usciremo, è positivo, uscirebbe domani mattina per andare a lavoro, in officina: apre e comincia come se non avesse mai smesso".