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Pochi giorni fa sono stati diffusi i dati frutto del Rapporto ACI-Istat sugli incidenti stradali registrati sulle strade italiane nel 2018 (qui l'approfondimento).
Le vittime sono appena diminuite (3.325 contro i 3.378 del 2017: -1,6%), con incidenti calati dell’1,5%(172.344 rispetto ai 174.933 dell’anno precedente) e feriti in diminuzione dell’1,7% (242.621, erano 246.750 nel 2017). Progressi molto contenuti nei confronti degli impegni presi, e che vedono i costi sociali dell’incidentalità stradale stimati all’1% del PIL nazionale.
Nel 2018 si sono registrate 1.420 vittime tra conducenti e passeggeri di autovetture (-3%), 685 tra i motociclisti (-6,8%) e 219 tra i ciclisti (-13,8%).
La categoria che ha visto aumentare le vittime è quella dei ciclomotoristi (108, ovvero +17,4%), seguita da quella dei pedoni (609 decessi: +1,5%). Nel complesso, gli utenti vulnerabili rappresentano circa il 50% delle vittime della strada (1.621 su 3.325).
Il rapporto considera anche la cause: distrazione, mancato rispetto della precedenza o del semaforo, velocità troppo elevata, si confermano le prime tre cause di incidente sommando il 40,8% delle circostanze.
Tra le altre cause più rilevanti ci sono la distanza di sicurezza (20.443 incidenti), manovra irregolare (15.192), comportamento scorretto verso il pedone (7.243) o del pedone (7.021), presenza di buche o ostacoli accidentali (6.753): rispettivamente il 9,2%, il 6,9%, il 3,3%, il 3,2% e il 3,1% del totale.
Restando in ambito motociclistico, ma la considerazione è comune, i dati diffusi non informano se si è vittima delle proprie azioni o di quelle altrui, e questo non fornisce una analisi completa dell’incidentalità.
Resta il dato preoccupante di morti ancora troppo numerose, e di quanto ci sia ancora da fare in termini di educazione, prevenzione, infrastrutture, segnaletica e manutenzione.