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Questa settimana vi parlo di qualcosa che mi rode da un bel po’ di tempo. Ne parlai a lungo con alcuni miei colleghi già anni fa ma l’argomento è tornato alla ribalta in questi giorni, proprio come in ogni finale di stagione. La scintilla che ha riacceso la fiamma è arrivata grazie all’annuncio che Cody Webb, appena laureatosi campione 2014 nell’AMA Endurocross, ha lasciato la Beta per firmare con il Team RPM Racing KTM.
Premetto che ho enorme stima per ogni pilota, a qualsiasi livello. E capisco che i professionisti siano in un certo senso “obbligati” a fare scelte talvolta drastiche e non proprio simpatiche, nella loro ricerca di un mezzo più competitivo possibile e una squadra che li supporti al meglio. Capisco anche che un professionista in questo settore, dove le carriere non sono poi lunghissime, debba sempre cercare di realizzar dil massimo guadagno in termini di ingaggio, visto che non può pensare di arrivare alla pensione correndo in moto.
Non so cosa ci sia dietro alla scelta di Cody (parlo di lui ma il discorso è applicabile a tantissimi altri, vedi ad esempio Guintoli in Superbike) ma sicuramente non dovrebbe essere un problema di competitività della moto o di validità del Team, visto che la Beta lo ha portato a vincere il titolo davanti a un mostro sacro come Blazusiak e lo squadrone KTM.
Non voglio dunque giudicare le scelte del pilota, cerco solo di vedere il tutto partendo dalla prospettiva delle Case costruttrici o dei Team, che spesso investono tempo e denaro in piloti talvolta sconosciuti, per poi vederseli scappare sotto il naso ed approdare magari alla diretta concorrenza. Negli anni recenti fece scalpore il caso di Musquin, che passò in KTM a metà campionato MX2, quando ormai era imprendibile in classifica sulla sua Honda quasi privata. Il francese vinse poi il campionato mondiale anche l’anno successivo in sella alle moto austriache e da qualche anno è uno dei piloti di punta nel Supercross e nel National Americano. La storia delle corse è piena di questi esempi e credo che ormai non ci si dovrebbe più scandalizzare, ma forse sarebbe ora di imparare dagli altri sport.
Dopottuto, se è vero che i piloti hanno diritto a guadagnare, lo stesso si deve poter dire dei Team, che secondo me dovrebbero poter capitalizzare al momento della cessione di uno dei propri piloti di punta, come avviene in altre discipline. L’esempio più lampante è ovviamente il calcio, dove il famoso “cartellino” del giocatore è di proprietà della società ed un eventuale acquirente oltre a pagare lo stipendio al nuovo arrivato è tenuto anche a pagare una bella somma a chi quel giocatore lo ha scoperto, allevato ed aiutato a diventare quello che è oggi.
Qui in USA è interessante il caso del Football NFL, dove ogni acquisizione è regolata in modo da garantire un ritorno economico a tutte le parti. E ci sono dei meccanismi che permettono di rimescolare le carte ed evitare che una squadra diventi troppo dominate, uccidendo lo spettacolo. Ecco come succede: i nuovi talenti in arrivo dai College vengono scelti dalle squadre NFL col sistema del Draft. La prima squadra che ha diritto di scelta (e quindi prendere il giocatore più promettente) è quella che è arrivata ultima nella stagione precedente. La seconda scelta spetta alla penultima, e così via. Quando tutte e 32 le squadre hanno scelto, si riparte per un secondo giro e poi un terzo, quarto e via dicendo. Alcune squadre possono scambiarsi i turni attraverso compensazioni in giocatori o numero di scelte (esempio: se lasci scegliere a me adesso poi ti cedo la mia seconda e terza scelta, più magari la prima scelta il prossimo anno…) ma il sistema perlopiù funziona senza troppi pasticci.
Ci sono poi altri due meccanismi molto interessanti: i giocatori debuttanti firmano obbligatoriamente un contratto di 4 anni (in modo da non lasciarli scappare via subito se “esplodono”) e le squadre hanno un “salary cap” ovvero una cifra massima che possono spendere in stipendi per il totale dei 53 giocatori della rosa. Dopo i primi 4 anni il giocatore diventa “free agent” ovvero può firmare con chiunque ma ci sono casi in cui la squadra può obbligarlo a rimanere, con il meccanismo della “franchise tag” (utilizzabile solo su un giocatore all’anno e mai due volte sullo stesso atleta). In questo caso il giocatore deve restare un altro anno anche contro la sua volontà. Altri casi prevedono il “restricted free agent” ovvero il giocatore è libero di testare il mercato ma la società ha il diritto di conoscere la migliore offerta che riceve dagli altri team, per poi decidere se “match it” ovvero offrirgli gli stessi soldi e tenerselo, oppure lasciarlo andare.
Tutto molto complicato, vero, ma si potrebbe applicare anche nelle moto. Le squadre potrebbero essere formate obbligatoriamente da due piloti, con un “salary cap” dove la prima guida si prende la maggior parte dei soldi e il giovane talento la parte restante, con un contratto a scadenza breve. Questo darebbe spazio a i giovani e allo stesso tempo ridistribuirebbe i piloti migliori tra i Team, assicurando più spettacolo. Alla scadenza del contratto del “giovane” il Team potrebbe sapere quali offerte ci siano sul tavolo e decidere se mantenere il pilota o lasciarlo andare, investendo in un nuovo giovane. Idem per le prime guide, dove peraltro il “salary cap” giocherebbe un ruolo determinante: se la squadra XXX vuole assolutamente il pilota del Team YYY deve per forza lasciar andare la propria prima guida (a meno che quest’ultimo accetti uno stipendio al livello dei giovani talenti) e l’ex pilota XXX potrebbe ora essere acquisito dal Team YYY. Beh, potrebbero addirittura scambiarseli!
La classe cadetta, che sia Junior, Superstock, EMX2 o come volete chiamarla potrebbe essere il “College” (con limite di età e cilindrata) da cui i Team attingono ogni anno col sistema del Draft NFL, ovvero il Team che ha visto la sua primaguida piazzarsi peggio avrebbe diritto alla prima scelta, decidendo quindi se selezionare il Campione Junior o chiunque altro, e così a seguire.
Boh, alla fine volevo solo dire che mi fa molto piacere che Beta abbia vinto il titolo AMA Endurocross 2014 americano, ma allo stesso tempo mi scoccia un sacco che Cody Webb abbia deciso di accasarsi altrove!
Pietro Ambrosioni