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Le sportive sono morte. Le sportive non si vendono più. Le sportive sono ormai inutilizzabili ed insensate. Quante volte avete sentito ripetere, da professionisti del settore ma anche da chi osserva con un po’ d’attenzione l’andamento del mercato, una di queste affermazioni? Sicuramente tante, ma la realtà è con ogni probabilità abbastanza diversa. Il problema fondamentale è che le sportive, più di tante altre moto, sono un giocattolo, bellissimo, folle, spesso irresistibile ma alla fine sempre un giocattolo. E di questi tempi pochi di noi hanno ancora soldi per un giocattolo che, come tutti i giocattoli dei “bimbi grandi”, non costa una semplice manciata di euro.
Le sportive, però, continuano a far sognare – vi basta andare ad un qualunque salone e osservare i capannelli che si formano davanti alle supersportive. Ma se le novità sono sempre più relegate al mondo dei sogni c’è il mercato dell’usato che, alimentato dalle vendite record degli anni Novanta ed inizio 2000, propone ottimi affari. Con 5.000 euro – cifra che sul mercato del nuovo vi consente di mettervi in casa moto valide ma non certo supersportive – ci si può portare a casa una 600 di pochi anni fa, ma anche una 1000 di poco più vecchia e qualche insospettabile leggenda del settore, che magari a suo tempo costava come un anno di stipendio di tanti di noi.
Naturalmente non tutti gli esemplari in vendita sono perfetti, e trattandosi di supersportive è evidente che più di una sarà stata elaborata, portata in pista o magari usata in gara. Nel primo caso è indispensabile che la trasformazione sia reversibile, almeno se non desiderate farne una special da usare solo in circuito, nel secondo caso è necessario un esame più scrupoloso ma l’acquisto non è da escludere. Tenete presente che è tassativa la disponibilità di tutte le parti originali, e che all’esame visivo della moto (molto approfondito e con particolare attenzione a segni sul telaio, potenzialmente nascosti da protezioni applicate dopo il ‘fattaccio’) è meglio fare seguito con una valutazione da parte di un tecnico.
L’occhio di un esperto deve tenere in considerazione lo stato dei consumabili e delle condizioni generali – una moto da pista può effettivamente non essere mai incappata in cadute di entità rilevante, ma se una volta spesi 5. 000 euro se ne devono aggiungere (tanti) altri per cambiare gomme, dischi, olio e pastiglie freno, olio motore nonché magari revisionare le sospensioni il risparmio va a farsi benedire.
Abbiamo pensato di dividere le moto per categoria, e presentarvi per ciascuna il modello più rappresentato di ogni casa nelle migliori condizioni raggiungibili con il budget a disposizione: ogni modello è evidentemente cliccabile per accedere alla scheda tecnica, al listino dell’epoca e all’offerta di moto usate.
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Partiamo!
Una mille per 5. 000 euro? Sembra incredibile, ma si trovano tante supersportive non ancora pronte per la pensione cercando con un po’ di calma. Nella fascia che abbiamo scelto troviamo ben rappresentate le quattro case giapponesi, ma anche le italiane di qualche generazione fa e qualche golosissimo affare per i più lungimiranti: modelli particolari che da nuovi costavano cifre folli e che si possono portare a casa con cifre frazionali rispetto al listino dell’epoca. Magari da tenere religiosamente, sapendo che fra qualche anno potrebbero spuntare ben altre quotazioni…
E’ stata la prima CBR a cilindrata piena, che ha raccolto il testimone dell’ultima 900 ed ha segnato il debutto di una quadricilindrica in linea Honda nel Mondiale Superbike in coincidenza con il suo rientro dopo il polemico stop del 2003. Esteticamente ancora fresca, prese le mosse dalla 600 – serviva un occhio attento per distinguerle – che aveva debuttato nella stagione precedente e a sua volta si rifaceva alla MotoGP RC211V.
Come da tradizione Honda, dinamicamente andava molto bene (qui la nostra prova) anche se da un punto di vista delle prestazioni pure e dell’agilità pagava qualcosa alle rivali più cattive. Cercando bene per la stessa cifra si trova anche qualche esemplare del modello successivo, mero affinamento di questo, che però almeno teoricamente vale qualcosa di più: in caso vi lasciate tentare dall’affare controllate tutto meticolosamente. Non è praticamente mai stata impiegata nelle competizioni amatoriali, per cui potete acquistarla senza grossi timori di trovare mezzi troppo spremuti o in pessime condizioni.
La Yamaha R1 non ha bisogno di presentazioni, quale che sia la stagione. Il modello 2004 segna il passaggio all’iniezione “vera” dopo la soluzione ibrida del modello precedente, e torna a presentare le caratteristiche tradizionali della maxi Yamaha: il concedere pochissimi compromessi a qualunque cosa non fosse l’uso sportivo, riconquistando il cuore di chi aveva storto un po’ il naso davanti alla grande sfruttabilità del modello precedente.
Affilata, cattiva e potente, in questa versione la R1 paga solo un motore un po' vuoto ai bassi e un leggero peggioramento della maneggevolezza rispetto al modello precedente. Quest'ultima è in buona parte dovuta al nuovo impianto di scarico (la Euro-III incombe) che sposta i silenziatori sotto il codone alzando sensibilmente il baricentro nonostante una massa ridotta per avvicinarsi al rapporto 1:1 nel peso/potenza. Una moto per tanti versi senza tempo, che può dare grandi soddisfazioni anche oggi tanto su strada che nell'uso amatoriale in circuito. Anche per lei, la quotazione a volte consente di arrivare ad un modello 2006/2007, da passare però ai raggi X per evitare sgradite sorprese. Stessa considerazione per moto evidentemente usate in pista.
E’ raro che una moto venga chiamata non con il nome del suo modello ma con l’identificativo dell’anno, ma con la GSX-R1000 2005 andò proprio così: per tutti divenne subito “la K5”, sigla che faceva capire subito come si stesse parlando della dominatrice della categoria. La GSX-R quell’anno (qui la nostra prova) pulì letteralmente il pavimento con la concorrenza, rivelandosi la più veloce e sportiva in pista e su strada ma allo stesso tempo anche sufficientemente sfruttabile da lasciarsi guidare senza una patente speciale.
La cifra chiesta è davvero contenuta, se si pensa che consente di mettersi in casa una delle GSX-R migliori di sempre – i modelli successivi, compreso l’attuale, sono sostanzialmente mere evoluzioni della K5. Purtroppo, data la sua prestanza, è stata molto usata nelle competizioni amatoriali, e come tutte le GSX-R è abbastanza improbabile che non abbia assaggiato almeno una volta la pista. Assicuratevi che tutto sia in ordine e andate sicuri: l’affidabilità è sempre stata a prova di bomba.
La verdona terribile arrivata nel 2004 si è tagliata un po’ le unghie (e si è anche purtroppo rifatta il look diventando meno accattivante) con questo modello successivo, che si trova già (un pelo) sotto alla fatidica soglia dei 5.000 euro – avete capito bene: una 1.000 Superbike di soli 6/7 anni fa si "porta via" con una cifra insufficiente anche per la più economica delle utilitarie.
La Kawasaki Ninja (trovate qui la nostra prova) pur addolcita, resta una moto molto impegnativa, fattore che ne ha un po’ frenato la diffusione a suo tempo. Ma è una supersportiva capace di regalare grandissime soddisfazioni a chi abbia manico e determinazione sufficienti e ,possibilmente, una pista a disposizione. Anche in questo caso, attorno alla cifra limite orbitano anche alcuni rari esemplari del modello successivo – non staremo a ripetervi le solite raccomandazioni.
La 999 non sarà certo ricordata come la Ducati più amata di tutti i tempi, ma ben pochi una volta provatala (trovate qui le nostre impressioni di guida) vi hanno saputo trovare reali difetti. Più sfruttabile, versatile, veloce e moderna della precedente 998 ha però pagato una linea non altrettanto accattivante e un passaparola fra smanettoni che le attribuivano difetti a dire il vero poco realistici. Parzialmente rivista ed abbellita nella revisione del 2004, la 999 si trova oggi a prezzo di realizzo in entrambe le versioni, e non è raro imbattersi addirittura in versioni “S”, più potenti e con sospensioni Ohlins, sempre vendute al di sotto della magica soglia.
Decisamente non male per una moto che da nuova oscillava fra i 17.000 e i 21.000 euro, e che a tutt’oggi costituisce un mezzo più che valido qualunque sia l’uso che se ne vuole fare. Azzardiamo anche una previsione: non avendo venduto in numeri molto rilevanti, e contraddistinta da un’estetica troppo ricercata per una sportiva ma molto apprezzata dagli amanti del design potrebbe essere fortemente rivalutata in futuro. Assicuratevi solo di trattare un esemplare con tagliandi regolarmente eseguiti e documentati: le Ducati moderne hanno ben poco da invidiare alle altre sportive per affidabilità, ma richiedono regolari visite presso mani esperte e premurose per non giocare brutti scherzi.
La prima RSV Mille nacque per far consacrare definitivamente il marchio Aprilia nell’olimpo dei grandi. Impegnata in Superbike non se la cavò male, ma le traversie della Casa di Noale la costrinsero al ritiro prima di poter conquistare un meritatissimo titolo mondiale. In versione stradale era una sportiva sopraffina, e con la seconda evoluzione - in cui la sigla Mille venne scritta in cifre - arrivata nel 2004 e poi ulteriormente rivista nel 2006, si fece rispettare a distanza di diverse stagioni dalla sua introduzione in tutte le comparative a cui prese parte.
La versione più recente – sostituita poi dalla V4 nel 2009 – si trova per una manciata di spiccioli (qui la nostra prova) se si considera il suo valore intrinseco, anche nella raffinatissima versione Factory, con dotazione completa Ohlins. Forte di una ciclistica di altissimo livello, se ben tenuta vi garantirà tanti chilometri di divertimento. Affidabilità fuori discussione, sempre a patto che la manutenzione sia stata eseguita da tecnici competenti.
Due titoli iridati Superbike, uno davanti ad Haga su Yamaha R7, l’altro ottenuto battendo Bayliss e la Ducati 998: vi basta come palmarés per una moto? La VTR/SP si trova sotto la cifra magica tanto nella versione SP-1 che nella più evoluta SP-2, nata per attenuare o cancellare i pochi difetti della prima versione: in cambio di 5. 000 euro vi portate a casa una moto che Honda ha battezzato – parallelamente alla denominazione convenzionale – RC51.
Raffinatissima tecnicamente (distribuzione ad ingranaggi, cruscotto a LED come mai si era visto prima su una stradale), pur se non quanto le RC30 e RC45 che l’avevano preceduta, era comunque una moto pensata in collaborazione con il reparto corse con l’obiettivo dichiarato di battere la Ducati sul suo stesso terreno: missione compiuta, come abbiamo visto, per ben due volte, con l’aggiunta di una vittoria alla 8 ore di Suzuka ad opera di Valentino Rossi in coppia con Colin Edwards. A parte la guida, ancora moderna, volete mettere il gusto di possedere una "vera" Honda RC?
C’è stato un momento, sul finire degli anni Novanta, in cui sembrava che per vincere in Superbike – e anche sul mercato delle sportive – fosse necessario avere solo due cilindri. Suzuki non si fece pregare e presentò la TL1000: la versione "S" si fece una pessima fama (in Italia almeno), ma il suo motore andò a spingere tanti ottimi modelli di diverse altre case, fama che trascinò a fondo anche la TL1000R, venduta in pochissimi esemplari.
Veloce e potente, la Superbike bicilindrica di Hamamatsu pagava solo un peso non troppo contenuto ed un’estetica che non tutti gradivano allo stesso modo. Oggi è un gioiellino poco noto che sa dare ancora diverse soddisfazioni nella guida e che si trova spesso a cifre anche inferiori al limite (ovvero a 3.000 euro) proposto. Una moto con cui si fa comunque ancora la propria figura, e che potrebbe avere proprio nella sua rarità un motivo di successo negli anni a venire. Attenzione anche in questo caso alla documentazione degli interventi di manutenzione, per il resto andate sicuri!
Scendendo alla categoria inferiore, quella delle 600 e delle medie, gli affari diventano ancora più ghiotti: la grande diffusione dei mezzi in questione ha portato ad un certo sovraffollamento sul mercato dell’usato, spingendo le quotazioni verso il basso. Brutte notizie per i venditori, ottime per chi vuole mettersi in casa una media a prezzo di realizzo, ancora in grado di far divertire tanto su strada che in pista.
Per la "piccola" Ducatina valgono le stesse considerazioni espresse per la 999, con il vantaggio che le quotazioni scendono spesso su cifre ancora più basse e vi permettono di risparmiare qualche euro da spendere altrove. La 749S (non dotata, a differenza della sorella maggiore, di cavalli in più o di sospensioni svedesi visto che le variazioni si limitano a cannotto di sterzo regolabile, cerchi a cinque razze, trattamento TiN per la forcella e monoammortizzatore Showa al posto del Boge della versione standard) può vantare gli stessi pregi della 999, con il vantaggio di un motore meno impegnativo ed assetato.
Come già detto per la sorella maggiore, è fondamentale disporre di un libretto tagliandi con tutti i timbri al posto giusto (ancora meglio se ci sono le fatture), perché una 749 ben tenuta saprà regalarvi tanti chilometri; al contrario, se la manutenzione è stata trascurata, l’imprevisto è dietro l’angolo. La 848? E’ ancora presto per trovare esemplari realmente appetibili a questa cifra…
La Daytona 675 è stata un vero colpo da maestro per Triumph, che ha cancellato con un colpo di spugna i brutti ricordi legati alle precedenti 600 e 650 a quattro cilindri creando finalmente quello che tutti le chiedevano da qualche tempo: una media sportiva tricilindrica. Ha fatto innamorare immediatamente tutti grazie ad una sinergia fra motore e ciclistica che ha spostato in avanti di diverse tacche i riferimenti prestazionali della categoria.
I primi esemplari si trovano con cifre anche al di sotto del limite che ci siamo posti, e non è impossibile trovare anche qualche esemplare del modello successivo – evoluzione minore ma significativa – ad una cifra se non sottostante quantomeno molto vicina ai canonici 5.000 euro; tenete presente però che, pur trattandosi di un mezzo intrinsecamente affidabile, è stato molto amato da una clientela molto sportiva. A buon intenditor…
Molti arrivano a considerarla la miglior CBR600RR di sempre. Noi non siamo così drastici, anche perché ricordiamo bene che impatto ebbe la prima 600RR sul segmento, ma concordiamo sul fatto che la versione 2007 rasentasse la perfezione come potete leggere nella nostra prova. Facile come solo una Honda CBR può essere, in pista sapeva tenere testa – quando non battere – rivali dalla tradizione ben più corsaiola e in strada, come sempre, non c’era confronto con le altre quattro cilindri.
Con la cifra che ci siamo immaginati si trovano esemplari in condizioni praticamente perfette, e la tradizionale qualità Honda fa il resto. Il che significa che se vi imbattete in esemplari men che pari al nuovo siete davanti ad una moto che è stata trascurata dal proprietario, allora lasciate perdere. Grazie a numeri di vendita elevatissimi come da consuetudine, potete permettervi di essere particolarmente selettivi se ne cercate una.
Le 600 e 750 Suzuki a partire dal 2004 condividono tutto… tranne la cilindrata: misure caratteristiche praticamente identiche determinano una guida che differisce per poche sfumature, quasi tutte – facilità compresa – a favore della tre quarti di litro, che dalla sua può vantare il blasone di un modello che ha fatto storia.
All’atto pratico (trovate qui la nostra prova) è una moto capace di giocarsela sia con le 600 che le 1.000 anche nei rispettivi terreni di gioco d’elezione, con un’affidabilità pressoché assoluta e che proprio per la sua cilindrata non più compatibile con l’uso agonistico difficilmente è stata usata in pista con quel tipo di continuità e ritmo tali da danneggiarne i componenti, pur essendo per sua natura e tradizione molto amata da una clientela decisamente sportiva. Una moto per intenditori, ancora odierna in tutto.
Questo modello di Ninja (di cui potete leggere qui la nostra prova) è stato definito da molti una versione interlocutoria, che ha fatto da collegamento fra la precedente 636 e la eccellente ZX-6R recentemente pensionata. Molto specialistica e pistaiola, la 6R di queste annate ha pagato una certa difficoltà di sintesi fra le esigenze della guida in circuito e quelle dell’uso stradale. Di fatto si trattava di un modello pensato per abbandonare le sovrastrutture stradali e i vincoli omologativi del motore per diventare una perfetta supersport; peccato che la cosa mal si conciliasse con l’uso stradale che gran parte della clientela intendeva farne.
Resta una moto di alto livello, gratificata di tutte le doti che rendono tradizionalmente tanto appetibili le Kawasaki e si presta in maniera particolare all'uso in circuito. Attenzione però: è stata usata tantissimo in competizioni e trofei monomarca. Se non state cercando una "pronto pista" assicuratevi che sia stata curata e coccolata. Diffidate degli esemplari le cui sovrastrutture sembrano uscite ieri dalla concessionaria: spesso sono state smontate e custodite accuratamente per venire rimontate dopo qualche stagione di gare…
E’ stata la moto che ha rivoluzionato la categoria delle medie supersport giapponesi, imprimendogli la deriva finale verso la specializzazione pistaiola. Se prima le 600, compresa la stessa R6 che da sempre era stata la più estrema, avevano quasi tutte mantenuto un minimo di considerazione per l’uso stradale, dal modello 2005 lo scenario è cambiato per merito (o colpa, a seconda di come la vogliate vedere) della Yamaha YZF-R6. Linea da fotomodella, acceleratore Ride by Wire, linea rossa sul contagiri a quota stratosferica e una ciclistica che sembrava appena uscita dalle verifiche tecniche del mondiale l’hanno resa istantaneamente la moto da avere per chiunque non avesse in mente altro che le prestazioni pure.
Il fatto che il regime massimo realmente raggiunto dal motore si sia rivelato successivamente molto meno stratosferico non ne ha intaccato più di tanto l’immagine; la personalità del motore, il cui encefalogramma era piatto fino a regimi a cinque cifre, ne ha però frenato un po’ il successo presso chi pretendeva di usarla anche fuori dalle piste. Per la sua specializzazione è piaciuta moltissimo a chi si cimentava nelle gare amatoriali o nei (frequentatissimi) monomarca a lei riservati. Regolatevi come già detto in precedenza.