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Parliamo spesso di Milano perché la conosciamo, e perché è lo specchio di quello che succede nelle altre grandi città italiane o di quello che potrà facilmente accadere. Questa volta il tema è la sicurezza in città e l’obbligo dei sensori dell’angolo cieco per i mezzi pesanti. Il Comune, dopo i troppi incidenti anche mortali, aveva stabilito l’obbligo della dotazione in area B e C dal primo ottobre, i rappresentanti dei mezzi privati hanno fatto ricorso al Tar della Lombardia e il Tar ha annullato tutto.
Secondo i giudici, l’iniziativa del Comune era indebita, perché è lo Stato che omologa e approva i dispositivi di controllo e regolazione del traffico. Le Regioni possono intervenire sui temi della salute, i Comuni possono creare le aree a traffico limitato per ragioni ambientali o culturali. E in questo caso, dicono sempre i giudici, è evidente che non si parla di un inquinamento o di salvaguardia dei beni storici.
Palazzo Marino che farà? Convinta della necessità di dare sicurezza a pedoni e utenti delle due ruote, l’assessore alla mobilità Arianna Censi è orientata a proporre appello al Consiglio di Stato. “Penso - ha detto - che non sia più rimandabile un intervento del Governo, per introdurre questa misura in tutte le città”.
Assotir, che aveva presentato ricorso il 9 ottobre, è soddisfatta. Ma, sottolinea il segretario Donati: “Siamo pronti al confronto perché siamo i primi ad essere interessati a che i nostri veicoli viaggino in sicurezza. Però i trasportatori meritano un rapporto istituzionale adeguato alla funzione sociale ed economica che essi assolvono quotidianamente nella realtà metropolitana”. Come dire, non ci hanno rispettato.
A suo tempo avevamo riportato il parere di un camionista, che spiegava come il sensore dell’angolo cieco risolva veramente poco nel traffico del centro città: il cicalino suona ininterrottamente o quasi. Più utili per lui sono gli adesivi di avvertimento dell’angolo morto, e qui speriamo che l’obbligo resti operativo: siamo noi che dobbiamo badare a stare lontano dai mezzi pesanti, è vitale.
La vicenda sottolinea ancora una volta come siamo combinati in Italia. In questo caso è chiaro che come minimo manca chiarezza sulle competenze. E basta un ricorso al Tar, magari anche fondato, e tutto si ferma.