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Con l’imminente arrivo del 2015, sul mercato USA, a livello commerciale, la nuova parola d’ordine è MAP. Niente di nuovo in molti altri settori, ma in quello moto la tendenza sta prendendo piede molto più velocemente del previsto: vediamo perché. Innanzi tutto, cosa diavolo vuol dire MAP? Minimum Advertised Price. Ovvero il minimo prezzo che un dealer/venditore può pubblicizzare per un determinato prodotto o gamma.
Il concetto va a braccetto con il MSRP, che sta per Manufacturer Suggested Retail Price, ovvero il prezzo di vendita suggerito dal produttore/distributore per un determinato articolo.
La MAP è una cosa che non esiste in Europa, in quanto è espressamente vietata dalle norme che regolano la libertà di commercio: nessun produttore o distributore può apertamente e legalmente imporre un prezzo minimo di vendita a chicchessia. In realtà questo succede anche in USA, infatti la MAP impone un limite minimo nel prezzo che si può pubblicizzare, ma non dice nulla (e nemmeno potrebbe legalmente farlo) per quanto riguarda l’effettiva vendita. In pratica, se il dealer, a porte chiuse, decide di vendere il prodotto sottocosto nulla glielo impedisce, basta che non lo usi come arma pubblicitaria.
La maggior parte dei produttori e distributori americani hanno delle MAP che variano dal prezzo pieno (MSRP) ad un massimo sconto del 10%. Chi infrange le regole viene immediatamente bloccato e non riceve materiale dal fornitore finché i suoi prezzi tornano ad adeguarsi alla MAP sottoscritta.
Ovviamente la MAP non era percepita come una necessità fino ad alcuni anni fa, quando il mercato era in piena trazione e Internet, perlomeno nel settore moto, non era ancora quello che è oggi. Il cliente si recava presso il negozio, dava un’occhiata ai prezzi e poi si metteva a trattare con il venditore per strappare il prezzo migliore. Certo, pubblicizzare un prezzo di $10 inferiore poteva essere interessante se il negozio concorrente era in zona, ma la vicenda sostanzialmente si fermava li.
Tutto è cambiato nel 2009, l’anno della crisi economica: nel giro di tre anni quasi il 25% dei dealer americani ha chiuso bottega e internet è diventato il mostro che è oggi. Le vendite online rappresentano ormai il 60% del mercato (!) e grazie alle leggi americane, c’è molto spazio per muoversi bene. Per esempio non esiste sales tax (la nostra IVA) se si compra online da un fornitore che ha sede al di fuori del proprio stato di residenza. Mediamente la sales tax varia dal 6 al 10%, con alcuni stati che nemmeno ce l’hanno, come l’Oregon. In pratica se invece che comprare lo stesso identico prodotto dal negozio all’angolo vado online e scelgo un fornitore “out of state” mi faccio da solo uno sconto automatico del 6-10%. Ovvio, c’è da considerare il costo di spedizione, ma molto spesso i siti di vendita più grossi offrono spedizione gratuita, e la roba arriva a casa in un paio di giorni.
Ecco il perché la MAP sta diventando fondamentale nel mercato online: quei famosi $10 di sconto in più diventano ora molto interessanti, visto che al cliente non cambia nulla, nel senso che non deve guidare 20 o 30 km in più per ottenere il prezzo migliore. I grossi negozi online movimentano talmente tanto materiale che possono permettersi prezzi anche molto bassi, anche perché spesso le aziende gli concedono ogni tipo di vantaggio pur di lavorare con loro: i guadagni di questi “online monsters” si misurano in pochi dollari su ogni vendita, moltiplicati però su tantissime vendite. Con i loro siti possono raggiungere milioni di potenziali clienti e uno sconto ben piazzato potrebbe creare disastri per tutti gli altri. Ma i produttori e distributori non possono permettere che i propri prodotti finiscano per essere svenduti e quindi svalutati, e soprattutto non possono permettere ai pesci grossi di mangiare tutti i pesci piccoli, conquistando così il monopolio del mercato.
La scelta di adottare una MAP Policy sta funzionando, e sempre più produttori e distributori la stanno imponendo ai propri dealer. La vera sfida sta ora nel farle rispettare. È un lavoro estenuante (in USA ci sono ad oggi ancora circa 8000 dealer, di cui la maggior parte ha un sito di e-commerce) che richiede personale, tempo e astuzia.
Il più delle volte sono i venditori stessi che “denunciano” un concorrente, ma gli uffici vendite devono comunque monitorare costantemente il mercato per pizzicare le violazioni. E qui entra in gioco anche l’astuzia perché sempre più dealer, soprattutto i più piccoli e “strozzati” stanno cercando di violare le MAP a proprio vantaggio con sistemi poco ortodossi. Tra i trucchetti migliori ho visto di recente offerte “cash back” ovvero denaro che viene restituito all’acquirente sotto forma di credito presso il negozio o anche una carta di credito prepagata. In pratica compri a $100, per fare un esempio, ma poi ti regalo $20 in “store credit”. Tecnicamente non è uno sconto sul prodotto, ma di fatto lo paghi meno. Ecco perché le MAP stanno diventando sempre più restrittive e dettagliate, e chi le fa rispettare deve essere molto preparato.
Altro trucchetto, piuttosto meschino se devo ammetterlo, sono le vendite “flash” fatte nei weekend, ovvero quando gli impiegati che dovrebbero monitorare i prezzi non sono al lavoro. Più di una volta sono capitati siti che proponevano prezzi stracciati su determinati articoli solo dalle 6 del pomeriggio del venerdì fino alle 6 della mattina del lunedì successivo. La risposta? Le aziende ora devono sostenere un costo in più per avere qualcuno che tiene gli occhi aperti anche nel weekend, e sono certo che prima o poi quel costo finirà per essere ricaricato sui prodotti stessi. In poche parole: i furbi nuociono a tutti!