Moto da gara poco note. O sfortunate...

Tre splendide realizzazioni da corsa degli anni Cinquanta che avrebbero potuto scrivere pagine importanti per Mondiale e Mi-Val
24 marzo 2020

Nella storia del motociclismo le proposte coraggiose non sono certo mancate. Non sempre però hanno avuto la fortuna che avrebbero meritato.

In certi casi sono mancati i soldi per andare avanti o il tempo per effettuare un adeguato sviluppo. Altre volte è stata una mutata politica aziendale a farle rimanere allo stadio di prototipo, se non addirittura sulla carta soltanto… Questo è accaduto anche presso alcuni costruttori importanti.
Un esempio eclatante è quello della meravigliosa Guzzi 500 otto cilindri la cui messa a punto, ormai prossima a fornire i risultati previsti, si è arrestata per via del ritiro della casa dalle competizioni.

Nel campo delle moto da corsa i regolamenti hanno avuto come ovvio una importante influenza: i loro cambiamenti hanno comportato la scomparsa di alcuni progetti di grande interesse o l’uscita di scena di mezzi pressoché pronti a scendere in pista.
La Benelli stava realizzando un motore V8 per la sua nuova 250 quando la FIM ha limitato (a partire dal 1970) a due soltanto il massimo numero di cilindri per tale classe. Per la 500 e la 350 il limite era quattro e quindi la MV Agusta sei cilindri, ormai pronta, è rimasta allo stadio di prototipo.

Altri esempi di realizzazioni sfortunate sono meno noti ed è proprio di alcuni di loro che ci occupiamo in questo servizio.

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3- Il bicilindrico di 250 cm3 progettato da Tonti e costruito nella seconda metà del 1957, come Mondial ha effettuato solo prove. Un paio di anni dopo è apparso in pista col marchio Paton. In seguito, impiegato solo saltuariamente, non ha avuto la possibilità di essere sviluppato come avrebbe meritato
3- Il bicilindrico di 250 cm3 progettato da Tonti e costruito nella seconda metà del 1957, come Mondial ha effettuato solo prove. Un paio di anni dopo è apparso in pista col marchio Paton. In seguito, impiegato solo saltuariamente, non ha avuto la possibilità di essere sviluppato come avrebbe meritato

Negli anni Cinquanta la Mondial era una autentica regina, nelle piccole cilindrate. Dopo aver vinto il mondiale 125 nel 1949, ‘50 e ‘51 con le sue formidabili moto con distribuzione bialbero si era dedicata con grande impegno alle gare nazionali. Il ritorno in grande stile sulla scena dei Gran Premi si è avuto nel 1957, una stagione trionfale che ha visto la casa del conte Boselli (che aveva uffici e magazzino a Milano e reparto corse a Bologna) conquistare il titolo iridato sia nella 125 che nella 250 con le sue velocissime monocilindriche.

Qualche tempo prima la NSU aveva trionfato per due stagioni successive (1953 e 54) nella classe 250 con delle bicilindriche che avevano realmente surclassato la concorrenza. Era una chiara e ulteriore dimostrazione del fatto che per ottenere una potenza massima più elevata, ferma restando la cilindrata, occorreva impiegare un numero maggiore di cilindri.

Per la Mondial Lino Tonti realizzò nel 1957 una moto con motore dotato di due cilindri fortemente inclinati in avanti e distribuzione bialbero comandata da una cascata di ingranagg

A una soluzione di tale genere però non si smise di pensare e, mentre la 250 mono stava portando a termine la sua trionfale stagione 1957, su progetto di Lino Tonti la Mondial realizzò una moto con motore dotato di due cilindri fortemente inclinati in avanti (per favorire il raffreddamento della zona centrale della testa) e distribuzione bialbero comandata da una cascata di ingranaggi piazzata centralmente.

A parte il fatto che i cilindri non erano verticali, per il resto lo schema costruttivo impiegato prefigurava in buona misura quello poi adottato sulle Bianchi bicilindriche, progettate dallo stesso Tonti. Le due valvole di ogni cilindro, fortemente inclinate tra loro, venivano richiamate da molle a spillo scoperte. La lubrificazione era a carter umido e la frizione lavorava a secco.

Questa moto non ha mai gareggiato come Mondial ma, dopo la cessazione della attività agonistica da parte di questa grande casa, è stata acquisita da Giuseppe Pattoni e va considerata l’autentica progenitrice delle successive Paton bicilindriche.

5- Nel 1955 – 56 la Mi-Val ha realizzato questa bella 175 bialbero destinata non ai Gran Premi ma alle gare nazionali su strada e alle corse in salita. Nella foto si possono notare tra l’altro il razionale e moderno disegno del telaio e la inconsueta disposizione della batteria
5- Nel 1955 – 56 la Mi-Val ha realizzato questa bella 175 bialbero destinata non ai Gran Premi ma alle gare nazionali su strada e alle corse in salita. Nella foto si possono notare tra l’altro il razionale e moderno disegno del telaio e la inconsueta disposizione della batteria

Negli anni Cinquanta, come del resto anche oggi, bialbero era sinonimo di alte prestazioni. A differenza di quanto accade da diverso tempo a questa parte, tale tipo di distribuzione non veniva ritenuto adatto ai modelli di serie per via del costo e della complessità (maggior numero di lavorazioni, interventi di manutenzione meno agevoli).
I motori bialbero all’epoca erano quindi destinati alle sole moto da competizione. Alcuni di essi non sono usciti dallo stadio di prototipo, come il Parilla 125 con comando degli alberi a camme affidato a una catena piazzata sul lato sinistro, visto solo al Salone di Milano del 1952. E come il bellissimo Rumi 125 bicilindrico bialbero, realizzato esternamente alla casa ma esposto nello stand della azienda bergamasca al Salone del 1954.
Esiste ancora e fa parte della bellissima collezione di un noto appassionato lombardo.

Un motore bialbero molto interessante che invece è stato impiegato, anche se in misura limitata, è stato il Mi-Val 175. L’azienda di Gardone Valtrompia negli anni Cinquanta era ben nota e i suoi modelli a due tempi di 125 e 175 cm3 erano apprezzati e si vendevano piuttosto bene. In particolare la sua notorietà derivava dai notevoli successi ottenuti nelle gare di Regolarità (l’enduro di allora).

Attorno alla metà del decennio la casa ha ampliato la sua gamma iniziando a produrre anche modelli a quattro tempi. E, mentre continuava l’attività fuoristradistica ai massimi livelli, culminata con due titoli di cross nella classe 500 (1958 – 59), ha anche realizzato una bella 175 bialbero con comando della distribuzione “misto” (catena + ingranaggi).
Le misure caratteristiche erano pressoché quadre, con un alesaggio di 60 mm e una corsa di 61 mm e la potenza nel 1956 veniva indicata in 19,5 CV a 10.500 giri/min.

Questa moto, dotata di un bel telaio in tubi a doppia culla continua e di sospensioni allo stato dell’arte, non è stata molto impiegata e non ha avuto lo sviluppo che avrebbe meritato. Ha ottenuto comunque due vittorie significative nelle gare in salita.