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Ieri, causa quarantena forzata, ho recuperato un film di Clint Eastwood che mi mancava: The Mule. Eastwood è come sempre magistrale, perché compie una trasformazione da attore grandioso quale è (qui è anche regista) nonostante sia vicino ai 90, e per uno della sua caratura e con la sua carriera scegliere di dimagrire e di cambiare atteggiamento, postura, camminata non è per niente scontato. Per niente. Ecco, Steve McQueen se fosse arrivato fino a oggi, se oggi avesse compiuto 90 anni, ci sarebbe da immaginarselo così.
Comunque stoico
Comunque rigoroso.
Comunque affascinante.
Comunque Steve McQueen.
È chiaro, gli eroi è meglio non vederli invecchiare. Fanno invecchiare di più anche noi, i miti che invecchiano sono uno specchio, capaci di propagare pure la nostra inevitabile sconfitta al tempo, che nel migliore dei casi si chiama accettazione. Paolo Sorrentino ha scritto: “Non mi preoccupa invecchiare, mi preoccupa il deperimento”. Ed è per questo che morire giovani, se sei un mito, se sei un eroe, forse conviene. Ed è sempre per questo che un campione, per definirsi tale, a un certo punto deve saper capire quando alzare una mano e dire: e adesso anche basta.
McQueen è diventato un mito per il suo fascino, per il suo carattere scontroso, per la sua caparbietà, per essere sia attore sia pilota, come ha dimostrato - più che in altre occasioni - in La 24 Ore di Le Mans dove mise a repentaglio la sua vita pur di fare delle riprese il più reali possibile sulla Porsche 917K. Perché anche a questo servono i miti: a fare quello che tu non avresti mai il coraggio di fare. Questo film fu allo stesso tempo il suo più grande insuccesso (al botteghino) e il suo grande successo (mediatico). Mentre un successo fu "La grande fuga", il film che lo ha consacrato.
Qualche mese fa Triumph ospitò pochissimi selezionati a rivivere la scena madre nello stesso luogo del salto originale fatto con una Triumph TR6 Trophy mascherata da BMW bellica. Io ero uno degli invitati, e il tutto venne messo in scena per una trasmissione britannica presentata dal pilota e meccanico Guy Martin, che era lì con noi. In quel prato nel nord della Germania, nei pressi di Füssen, c‘era anche lo stesso proprietario del campo, coetaneo di Steve. Ha raccontato che McQueen rifiutò di andare in hotel, preferì la sua casa per avere un’atmosfera familiare.
Ma soprattutto c’era John Leyton, che con lui ha recitato ne La grande fuga, l’unico rimasto in vita tra gli attori del film. John è stato anche musicista, e ha avuto la fortuna di conoscere e avere a che fare con i Beatles, con i Rolling Stones, con Frank Sinatra ed Elvis: insomma, è una sorta di testimone delle leggende vissute in quegli anni nel pieno del loro picco: “Il più grande di tutti è stato sicuramente Sinatra, nessuno ha raggiunto le sue performance”.
Quando gli ho chiesto di Steve, lui ha risposto con due aggettivi: easy and fun. Per lui era così: “Nei giorni delle riprese io e gli altri ci godevamo la Bavaria in lunghe camminate, mentre lui se ne andava continuamente in giro in moto. Amava in modo viscerale la velocità. Era avventuroso, e tutto ciò che era pericoloso lo attraeva. Se vedeva un’auto o una moto, qualsiasi modello, la osservava fino alla noia, noia per gli altri naturalmente”.
L’ultima volta che ci ha avuto a che fare è stato al telefono, poco prima che morisse a soli 50 anni. L’ultima volta che invece tutti noi abbiamo potuto vedere Steve è stato in TV, seppure in versione virtuale, negli anni Novanta, per una pubblicità della Ford Puma: nella ricostruzione dello spot, McQueen guidava l’auto e la portava in un garage californiano insieme a una replica della moto de La grande fuga e alla Ford Mustang GT che aveva guidato nel 68 in Bullit. Un attimo dopo tutto sparisce e resta solo la Puma.
Di Steve invece resta il mito. Resta il fatto che sia stato l’unico attore a partecipare a gare vere, pesanti, la Baja 1000 e i Six Days di Enduro su tutte, spesso in sella a una Bonneville o sulla Triumph 500 cc poi acquistata da Bud Ekins (colui che ha fatto da controfigura nel salto de La Grande fuga). Resta il ricordo delle sue moto che, il giorno della sua morte il 7 novembre del 1979, erano più di 100, e delle sue auto, tra cui la Ferrari 250GT battuta all’asta per 2,3 milioni di dollari nel 2007, le varie Porsche e l’Austin Mini Cooper S. Resta che se dovessimo chiedere a mille mila persone chi è il personaggio più figo del mondo moto della Storia chiunque risponderebbe: lui, Steve. Resta che se oggi fosse vivo e festeggiasse i 90 anni apparirebbe esattamente come appare Clint Eastwood.
Stoico.
Rigoroso.
Affascinante.
Comunque Steve McQueen.
Ne siamo certi. O perlomeno ci piace pensarla così.