Moto e cinema: Steve McQueen, fenomenologia di un mito

Moto e cinema: Steve McQueen, fenomenologia di un mito
Perché Steve MCQueen è un mito che non passa mai di moda? Perché, a differenza dei suoi contemporanei, il suo stile è ancora un esempio oggi?
24 marzo 2020

La maggior parte degli adulti e dei ragazzi che almeno una volta hanno indossato una T-shirt con la faccia di Steve McQueen probabilmente non ne sapevano molto di lui, se non che nel 1980 se n'era andato un attore di culto, ma non così famoso come Marlon Brando o Paul Newman. Chiedi chi era Steve e ti risponderanno con il titolo di qualche film dove certamente c’era una moto o un’auto che non si poteva proprio dimenticare, come la Bonneville de La grande fuga completamente trasformata o la Porsche della 24 ore di Le Mans. Ha lavorato con registi grandissimi, Sam Peckinpah, John Sturges, Don Siegel, Norman Jewison, ma va a finire che il merito della sua celebrità postuma, almeno qui da noi, si deve a Vasco, per quella sua strofa più sgangherata che spericolata: “voglio una vita come Steve McQueen”.

Una vita - sulla terra - che a 50 anni era già finita: finita la vita, comincia la leggenda. Per via degli eccessi? Del coraggio? Della follia? Del votarsi all’autodistruzione? Del correre, ancora correre, continuare a correre?  Per quanto amava le donne, le due, le quattro ruote, concetto che si può riassumere facilmente in due parole: la bellezza e lo stile.
 

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Oggi nessuno più vestirebbe la canotta di Brando nel Tram chiamato desiderio, e a rivederlo così bardato in sella alla Triumph ne il Selvaggio fa persino un po’ ridere, troppo anacronistico e datato. Steve McQueen no, lui saliva in moto senza bisogno di vestirsi da moto, perché qualsiasi cosa portasse addosso la faceva diventare sua: il Baracuta, un pantalone Avirex color sabbia, il bomber in tessuto che ha ispirato Barbour, la camicia in Denim. Rispetto alle stereotipate divise da biker, Steve McQueen ha inventato una eleganza “sportiva” che prima non esisteva.

Superato l’ovvio motociclista sporco e cattivo, il tecnico, il viaggiatore, questo straordinario attore ha osato unire la moto al life style con una tecnica impareggiabile e supercontemporanea che infatti non è sottoposta al consumo stagionale delle mode. Ha inventato il vintage quando non c’era, unendo la potenza del motore a quella del suo sguardo. Non c’è uomo che non vorrebbe somigliargli, non c’è donna che non ne subirebbe il fascino. 

Stiamo parlando di un tempo in cui i motori servivano come implacabili strumenti di seduzione. Ancora adesso, o almeno quando tornerà il tempo in cui potremmo tornare sulla strada, la cultura motociclista e quella del fashion dipendono da lui. Lui che sta da qualche parte, novant’anni oggi, chissà dove a sopportare chi gli dice di fare attenzione che con la vita non si gioca, smetti di correre, smetti di fumare…

di Luca Beatrice   

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