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Nel precedente capitolo abbiamo visto come sembri quasi inevitabile che il futuro della mobilità vada a braccetto con la interconnessione tra i veicoli, le infrastrutture, i pedoni e, chissà, magari anche tanti altri dispositivi e servizi: è il cosiddetto V2X, che presuppone però la connessione a una rete e l'uso di un protocollo le cui caratteristiche generali devono coprire dei requisiti molto stringenti.
Tutti i servizi V2X richiedono infatti la trasmissione di dati con bassissima latenza e alta affidabilità. Un messaggio di Collision Warning per essere pienamente efficace deve arrivare ai veicoli presenti nelle vicinanze in un tempo brevissimo, indipendentemente dall’operatore di rete e dalla presenza di copertura di rete, oltre che garantire una elevatissima sicurezza da eventuali intrusioni e manipolazioni dei dati; inoltre, se scendiamo più in profondità nell'analisi, troviamo anche un notevole dilemma riguardo l'eventuale retrocompatibilità con standard già adottati e la copertura integrata del servizio su distanze che non siano brevi!
Una sfida che vede contrapporsi due fazioni: da una parte coloro che puntano sulla rete 5G (come il consorzio ConVeX), dall'altra quelli che invece puntano su una WLAN 802.11p oppure .11bd (come fino ad oggi fatto vedere da Bosch, ma solo a titolo di esempio).
La differenza non è da poco anche perché dalla definizione di questo standard passerà anche la futura guida assistita di livello 5 per le automobili e sarà anche il luogo virtuale dove viaggeranno i Big Data relativi ai nostri movimenti con la motocicletta, le nostre interazioni con l'ambiente, le informazioni riguardanti la mobilità privata e pubblica, oltre che i nostri dati personali. Ognuno dei nostri giri in moto produrrà una mole di dati enorme, che dovrà essere moltiplicata per ciascun veicolo. Chi ne sarà il gestore e, in definitiva, il proprietario?
Al momento c'è un grosso dibattito internazionale su quale sia il protocollo giusto da seguire
Ci siamo ancora una volta rivolti all'autorevolezza di Stefano Chianese di Bosch per fare il punto: “Al momento c'è un grosso dibattito internazionale su quale sia il protocollo giusto da seguire; le aziende di telecomunicazione spingono verso il 5G perché proprietarie delle antenne: il 5G è una tecnologia promettente, il problema è che stiamo iniziando ora e teoricamente il 5G P2P (senza passare dalla cella, da un dispositivo all'altro) è una buona soluzione ma è tutto in divenire; dall'altra parte c'è il consorzio che sostiene il WiFi che ritiene che la sua soluzione sia più affidabile perché non ci sono antenne, è molto veloce e stabile e inoltre perché tutto nasce in ambiente P2P. Noi nei nostri prototipi abbiamo pensato di essere molto flessibili: cerchiamo prima di tutto di capire dove vogliamo arrivare come esperienza di guida, poi grazie ai nostri oltre 150 anni di esperienza possiamo sviluppare l'una o l'altra soluzione”.
Standardizzazione sembra essere la parola d'ordine in un contesto ancora, per certi versi, pionieristico: con lo scopo di promuovere la sicurezza e i Cooperative Intelligent Trasport Systems (C-ITS) è nato nel 2016 il Consorzio CMC (Connected Motorcycle Consortium) ad opera di BMW Motorrad, Honda e Yamaha, cui poi si sono associate numerose altre case alla ricerca di standard comuni di comunicazione fra veicoli che tengano in considerazione le peculiarità e le esigenze delle moto oltre a quelle delle auto. Il CMC nei suoi studi mette infatti in relazione le esigenze specifiche della circolazione motociclistica con la veloce evoluzione dei sistemi di sicurezza delle automobili.
Ducati è membro del CMC e abbiamo chiesto all'Ing. Marco Ciabini che per l'azienda bolognese è Vehicle Control Unit Engineer la loro opinione sull'attuale evoluzione del V2X: “La comunicazione veicolo-veicolo (V2V) e veicolo-infrastruttura (V2I) è una realtà estremamente importante ed in forte crescita. Nel futuro prossimo usciranno modelli di auto già in grado di comunicare tra di loro al fine di accrescere la sicurezza degli utenti e migliorare la qualità dell’esperienza di guida. Sistemi di alerting basati su comunicazione saranno il passo in avanti per accrescere la sicurezza dei motociclisti, e per migliorare l’esperienza di guida (soprattutto in certe condizioni)”.
Sistemi di alerting basati su comunicazione saranno il passo in avanti per accrescere la sicurezza dei motociclisti
E riguardo la rete? “Il 5G è solamente uno (degli) standard di comunicazione che si potrebbero adottare. Ma prima di Ducati, saranno i singoli paesi (UE, USA, CINA ecc.), a definire quale sarà lo standard di comunicazione da utilizzare per queste finalità. Il 5G è solamente uno di questi”. La complessità è enorme... “considerate che si parla di dispositivi che hanno bisogno di poter comunicare in maniera wireless su range piuttosto elevati ed in tutte le direzioni. Le auto stanno introducendo questi sistemi disponendo antenne su tutta la superficie dell’auto. La moto ha limiti di spazio che richiederanno sicuramente una maggiore ingegno nel posizionamento delle antenne. Questa è probabilmente la sfida più grande. Ma non dimentichiamoci comunque della necessità di definire la “lingua” con cui comunicare. Non possiamo permetterci di parlare una lingua diversa dalle auto o da qualunque altro utente della strada. E tramite il consorzio CMC stiamo lavorando proprio in questa direzione”.
A luglio 2019 l'esecutivo dell'UE ha votato contro una proposta (con 21 paesi su 28) che avrebbe potuto vincolare il V2X a frequenze legate a specifiche tecnologie assimilabili al WiFi e, in ottica della cosiddetta neutralità tecnologica, ha rimesso al mercato la scelta su quale debba essere la soluzione migliore riconoscendo la piena libertà di ricorrere sia alle tecnologie cellulari sia alle tecnologie WiFi.
È evidente che sul 5G le aziende di telecomunicazione hanno la possibilità di entrare nel nuovo business dell’industria dei veicoli connessi e della mobilità intelligente il cui valore, stimato per il 2025, è di 270 miliardi di euro: è altrettanto evidente che il protocollo/rete che supporterà il V2X resta un aspetto nodale per tutte le future applicazioni “intelligenti”del mondo automotive.
Non bisogna infatti trascurare che se inizialmente le finalità del V2X saranno quelle della sicurezza, non appare poi così distante immaginarne utilizzi sempre più estesi: stazioni di ricarica che dialogano con il pilota, alerting personalizzati in base ai veicoli, comunicazioni - e interventi - bidirezionali da e verso la motocicletta che diventerà sempre più una fonte di dati e avrà bisogno di un “cervello” sempre più flessibile e potente per acquisire e gestire le capacità che le verranno richieste, ma avrà bisogno anche interfacciarsi in modo adeguato all'utente/pilota. E immaginiamo che sarà possibile anche veicolare pubblicità, notizie, avvisi non strettamente correlati alla guida. Dall'altra parte, l'utilizzo di questi sistemi è uno dei prerequisisti per iniziare a parlare seriamente di motociclette "pensanti", dotate di intelligenza artificiale: ne parleremo nel prossimo, e ultimo, capitolo!