Moto Euro 5: problemi all'orizzonte?

Moto Euro 5: problemi all'orizzonte?
Le novità targate 2020 dovranno rispettare la normativa Euro 5 sulle emissioni e su altri aspetti tecnici non ancora definiti. Per le industrie motociclistiche manca pochissimo tempo alla scadenza, per questo parte un sollecito diretto alla Commissione Europea
31 gennaio 2018

E' stato Stefan Pierer, amministratore delegato di KTM e presidente dell'associazione europea di costruttori (ACEM) a sollevare la questione, nel corso della 13esima conferenza annuale Acem tenutasi a Bruxelles pochi giorni fa.
La normativa Euro 5 sulle emissioni inquinanti e acustiche che scatterà dal primo gennaio 2020 è alle porte, però mancano ancora alcune imporanti indicazioni, e questo preoccupa i costruttori di moto, scooter e ciclomotori.

«Nei prossimi mesi – ha sottolineato Pierer - inizieremo a lavorare per implementare i nuovi standard Euro 5. In ogni caso bisogna ricordare che produrre veicoli è un compito che richiede un’ardua pianificazione, ecco perché abbiamo urgente bisogno di delucidazioni da parte della Commissione Europea in riferimento ai contenuti tecnici e ai tempi di implementazione delle norme ambientali per i veicoli Euro 5».

La situazione attuale

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L'attuale normativa Euro 4 è legge dal primo gennaio 2016 per le moto di nuova fabbricazione, e da gennaio 2017 per le moto già in produzione. Per i ciclomotori l'applicazione della normativa Euro 4 è scattata un anno dopo: dal primo gennaio di quest'anno, anche i cinquantini esistenti in produzione prima dell'inizio del 2017 hanno dovuto rispettare la nuova norma.
Il passaggio dalla Euro 3 (in vigore dal 2006) alla Euro 4 ha significato rispettare la riduzione di CO da 2,0 a 1,14 grammi/chilometro, quella degli idrocarburi incombusti HC da 0,30 a 0,17 g/km e quella degli ossidi di azoto Nox da 0,15 a 0,09 g/km; ovvero un taglio superiore al 40% di inquinanti emessi allo scarico durante il ciclo omologativo. Con la Euro 4 c'è stata poi una prima introduzione della diagnostica OBD di livello 1.
Se si guarda alla Euro 2 (datata 2003), la riduzione delle emissioni operata dalla Euro 4 è stata mediamente di quattro volte.
Già con la Euro 4 sono usciti di scena alcuni motori raffreddati ad aria, e alcuni a liquido, non più in grado di rispettare quei parametri nonostante il ricorso all'iniezione elettronica e ad altri accorgimenti. Con la Euro 5 questa uscita dal panorama motociclistico dei motori più datati, e di alcuni abastanza recenti, sarà marcata.

«A partire dal 1999 – ha proseguito Pierer - il nostro settore è passato dai veicoli Euro 0 agli Euro 4, riducendo le emissioni di idrocarburi del 91% e le emissioni complessive di azoto e carbonio del 92%. E non solo. Il settore motociclistico è riuscito in questa impresa sebbene la normativa europea abbia introdotto nuove procedure e verifiche sempre più rigorose per il rilevamento delle stesse».

 

Che succederà con la Euro 5

La futura normativa Euro 5 metterà sullo stesso piano tutti i veicoli appartenenti alla classificazione europea “L” (dai ciclomotori L1e alle vetturette L7e-c passando ovviamente per le moto “L3e”) in merito ai tempi di applicazione. Che coincideranno con il gennaio 2020, per i nuovi modelli, e gennaio 2021 per quelli in produzione da prima del 2020.
Con la Euro 5 l'emissione di monossido di carbonio non dovrà superare 1,0 g/km, quella degli idrocarburi incombusti lo 0,1 g/km e quella degli ossidi di azoto gli 0,06 g/km. Sarà più stringente anche il limite di emissione degli idrocarburi,TCH, che con l'attuale Euro 4 non deve superare gli 0,38 g/km.

Moto e motori dovranno rispettare anche altri standard. Quello relativo al livello di rumorosità non è stato però ancora definito.
La questione non è di poco conto, poiché, ad esempio, un taglio di 3 dB come quello operato mediamente nel passaggio alla Euro 4 significa dimezzare la pressione acustica. Questo la dice lunga sugli interventi necessari su impianti di scarico e di aspirazione, sulla meccanica in generale e sui pneumatici, per riuscire a rispettare i nuovi valori massimi.
Si farà più stringente il limite sui vapori di benzina liberati dal serbatoio (era stato introdotto per questo l'attuale impianto di recupero canister), non ci dovranno essere emissioni nel motore a monte dell'impianto di scarico, ed è previsto un test di verifica delle emissioni a 35.000 km per i veicoli che superamo la velocità di 130 km/h. Novità attese anche in merito alla variazione dei test di durabilità arrivati con la Euro 4. 
Dopo una prima introduzione della diagnostica di bordo, sempre con la Euro 4, tramite apposita presa nell'impianto elettrico, si passerà a una OBD di livello 2 più sofisticata e in grado di rilevare, ad esempio, la qualità delle emissioni nel tempo di vita del catalizzatore e di registrare eventuali guasti o manomissioni.

«La nostra industria si impegna in tema di sostenibilità – ha concluso Pierer -, che per noi non è altro che un processo complesso legato alle prestazioni ambientali dei veicoli, alla sicurezza stradale e alla fattibilità economica delle nostre operazioni».

Insomma, se da un lato il 2021 segnerà la fine di parecchie moto che comperiamo oggi, progettare e costruire i nuovi modelli Euro 5 richiederà sforzi tecnici superiori. Il che si tradurrà in un aumento della complessità dei veicoli con relativo aumento dei costi produttivi, come già stiamo riscontrando con la Euro 4.

Antonio Perlot, segretario generale dell’ACEM, durante la conferenza ha infine ricordato: «I motocicli fanno parte della mobilità odierna e continueranno ad esserlo in futuro. Sono una valida risposta ai bisogni di mobilità della popolazione, in particolar modo nelle aree urbane. Lo provano i circa 35 milioni di ciclomotori e motocicli in circolazione in tutta Europa.
«In merito alla Euro 5, è fondamentale che i politici (della Commissione Europea, ndr) stabiliscano un quadro normativo chiaro e prevedibile, in modo che l’industria possa pianificare di conseguenza i processi produttivi».