Motociclette Indocinesi: istruzioni per l’uso

Motociclette Indocinesi: istruzioni per l’uso
La maggior parte delle “motorbike” presenti in Indocina, milioni di veicoli, sono scooter a cambio manuale e frizione automatica tutte le famiglie ne hanno almeno uno, magari male in arnese ma perfettamente in grado di portarli al lavoro ogni giorno
30 dicembre 2014


E’ da qualche tempo che approfitto della pausa tra il compleanno di mio figlio Gaber e quello di mia figlia Sofia per fuggire un paio di settimane all’anno in Birmania, Cambogia oppure in Laos. Non appena sbarco dall’aereo la mia prima preoccupazione è sempre quella di affittare una motocicletta o uno scooter e gironzolare, spesso senza meta e solo per il gusto di mescolarmi al traffico o di perdermi in strade sconosciute. A furia di girare in moto per questi luoghi, qualcosa ho imparato.


Birmania, Cambogia e Laos si piazzano tutti intorno al 150° posto per reddito pro capite, l’economia in larghe zone di questi paesi è basata sull’agricoltura di sussistenza e in pochi dispongono dei soldi per acquistare un’automobile e sostenerne i costi di benzina-gomme-riparazioni: in genere chi ha un’automobile o ha fatto fortuna o ne fa un uso professionale. La benzina costa in media un dollaro al litro, per chi guadagna 200 dollari al mese i consumi di carburante sono quindi una voce importantissima al momento di scegliere quale mezzo comprare e gli scooter costituiscono una scelta quasi obbligata; o quasi: in Birmania per esempio è assolutamente vietato andare in motocicletta (o comunque su un due ruote a motore) in tutta l’area della capitale Yangoon. La ragione ufficiale sarebbe che la motocicletta è pericolosa ed è riservata solo alla polizia – dotata di vecchi scooter Honda Dream o Wave e simili -. Gli abitanti di Yangoon mi sussurrano invece una ben diversa realtà taciuta: il governo vuole assolutamente evitare che la gente possa muoversi, aggregarsi e disperdersi con facilità, memore di alcune rivolte che lo hanno pure portato a smembrare l’università del Paese sparpagliandola in tutto il territorio birmano proprio per evitare altri moti studenteschi o religiosi tesi a rovesciare il regime. In altre zone della Birmania, invece, l’uso della motocicletta è vietato solo agli stranieri (tutta l’area di Bagan, per esempio) credo allo scopo di fare lavorare i trasporti locali privati e pubblici. Io, se la cosa vi può fare sorridere, non sapevo di tutto questo quando sono atterrato a Yangoon e la mia insistente ricerca di una moto da affittare ha prodotto solo l’interessamento della polizia nei miei riguardi e un piacevolissimo soggiorno premio di diverse ore nella loro stazione di polizia: non esattamente un resort 5 stelle.

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Ma aldilà degli occasionali divieti, andare in motocicletta per le strade di questi paesi è enormemente istruttivo: per prima cosa si comprende immediatamente come le norme del codice della strada abbiano un valore indicativo, per esempio le immissioni nel traffico controsenso sono la norma e ci si adegua subito liberando l’anarchico che è in noi, ma soprattutto si capisce che l’utilizzo del mezzo a due ruote è a 360° e non esclude il trasporto multiplo (ho visto fino a sei persone su uno scooter), promiscuo (un conducente e due grossi maiali) e acrobatico (almeno la metà delle strade di comunicazione tra le città o i villaggi sono sterrate o praticamente solo tracciate e quando piove è il festival del fango). Le forze dell’ordine sono in genere molto tolleranti verso tutti gli utenti della strada (ma non in Thailandia, dove sembra facciano talvolta due pesi e due misure a svantaggio degli stranieri) e solo in Cambogia mi è capitato di dovere versare un obolo di un paio di dollari per evitare rogne con la polizia nonostante la mia condotta assolutamente civile: in Laos casco, targa, e assicurazione non sono obbligatori per circolare; ma anche dove lo sono, non preoccupatevi troppo.


La maggior parte delle “motorbike” presenti in Indocina, milioni di veicoli, sono scooter a cambio manuale e frizione automatica (in pratica premendo il bilanciere del cambio si disinnesta la frizione e si passa al rapporto seguente, molto comodo), tutte le famiglie ne hanno almeno uno, magari male in arnese ma perfettamente in grado di portarli al lavoro ogni giorno e i più desiderati sono i giapponesi, Honda Wave 100, 110 e 120 in testa anche se non tutti possono permetterseli e allora si ripiega sui più economici cinesi Kembo o Zonghsen. Consumi ridicoli – fino a 50 km con un litro - e affidabilità a tutta prova sono le principali caratteristiche di questi veicoli che sono il mezzo di trasporto più utilizzato dalle famiglie, un po’ come da noi nell’immediato dopoguerra lo furono le Vespa e le motoleggere utilitarie, favoriti ovviamente anche da un clima mai veramente ostile (hanno solo tre stagioni: primavera, estate, monsoni). In molti rendono inutilizzabile il freno anteriore ritenuto troppo potente e pericoloso per lo stato del fondo stradale e potrà sembrare assurdo ma a me non è mai capitato di vedere un incidente, né un litigio per ragioni di precedenza o di mancato rispetto di eventuali norme del codice della strada.

 

Vivi e lascia vivere e tutto scorre senza problemi, è molto semplice. Le motociclette a ruote alte sono una minoranza del parco circolante e si tratta principalmente di moto on/off di 250 cc: vengono trattate come un bene di lusso o come uno status symbol. La loro popolarità tra la popolazione è scarsa perché innanzitutto è difficile utilizzarle per il trasporto di merci e animali (vivi o morti…), poi perché l’acquisto è economicamente impegnativo e consumano molto di più rispetto agli scooter; inoltre la loro riparazione è non alla portata delle migliaia di meccanici e gommisti che si incrociano lungo le strade nelle loro baracche o semplicemente seduti ai bordi della carreggiata con un compressore e una cassa con pochi e scadenti attrezzi accanto.

Le forature e i guasti, date le condizioni delle strade, sono molto frequenti e mentre è molto facile trovare qualcuno che senza nemmeno smontare la ruota ripara in pochi minuti una camera d’aria di uno scooter, diventa enormemente più complicato fare riparare o smontare una moto per la quale scarseggiano i pezzi di ricambio. A me è capitata la brutta esperienza di forare in una petraia in Cambogia con un Honda Baja 250 e di non riuscire a trovare nessuno che potesse aiutarmi fino a sera, quando un gommista si è proposto di tentarci con i pochi attrezzi a sua disposizione, riuscendo con mio grande sollievo a farmi coprire gli ultimi 75 chilometri che mancavano all’albergo. In questi casi purtroppo si torna a casa, o in albergo, col buio ed è molto complicato perché l’illuminazione stradale è assente nelle vie di grande comunicazione (in Birmania anche nelle città) e spesso i mezzi circolanti non hanno fari o luci di posizione, inoltre a bordo della strada continua ad esserci sempre un via vai di persone a piedi fiduciose di non essere investiti da nessuno e in ogni caso una moto o un motorino è un oggetto piccolissimo e lento al confronto dei camion o dei pullman che trasportano i contadini dalle campagne verso le periferie delle città e il rischio di essere coinvolti in un incidente si moltiplica.


Se si sopravvive a tutto questo, è pure possibile incontrare modelli giapponesi non importati in Europa, come la Honda Degree 250 o l’FTR 250, oppure qualche residuato militare dell’ultima guerra d’Indocina, mentre di stradali e sportive se ne vedono col contagocce ma del resto le strade asfaltate sono spesso in pessime condizioni e la circolazione è resa insidiosa sia dal traffico disordinato sia dal fatto che animali come bufali, mucche, capre e bestie da cortile stazionano frequentissimamente a bordo strada e sono imprevedibili. In generale ogni velocità superiore a 60 km/h è da ritenersi elevata e per queste ragioni comprare una sportiva ha veramente un senso pratico praticamente nullo.


Nelle città più popolose si incrociano poi degli accrocchi con la testa di una moto e il corpo di un pulmino, spinti da motori monocilindrici e inclinazioni del cannotto di sterzo più in piedi di una MotoGp per girare strettissimi nelle strade alla ricerca di clienti da trasportare per pochi spiccioli, soprattutto turisti e monaci buddisti; raramente si incrociano moto di cilindrata maggiore dei canonici 250, ma una notte che aspettavo pazientemente appostato una processione di monaci ho scovato parcheggiate fuori da un albergo di Luang Prabang (Laos) una KTM Adventure, una Triumph Bonneville, una Kawasaki GTR, tutte con targhe laotiane e ancora ho un bellissimo ricordo della W650 modificata in stile on any sunday, sempre con targa del Laos, trovata vicino ad un tempio a Champasak. Ci avevo fatto un pensierino, era bella davvero: ho atteso per un po’ il proprietario ma non arrivava e alla fine gli ho lasciato un biglietto con il mio numero di telefono, telefonare ore pasti. Niente da fare, sono settimane che mangio tranquillo.

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