Nick Harris: “Mike Hailwood sarebbe stato contento”

Nick Harris: “Mike Hailwood sarebbe stato contento”
Enea Bastianini ha dominato a Silverstone con il casco di Mike-the-bike, un pilota inglese ha vinto la gara di Moto2 e poi il mitico Hailwood è stato doverosamente ricordato nelle celebrazioni. Il celebre giornalista Nick Harris scrive sul sito della MotoGP: il nove volte iridato sarebbe stato felice...
7 agosto 2024

Nick Harris ha un anno più di me e ha fatto di tutto, nel motomondiale: il giornalista, l’addetto stampa per Rothmans-Honda ai tempi di Cadalora, Gardner e Lawson; soprattutto è stato il principe dei telecronisti dal ‘99 al 2017, poi ha scritto libri su Spencer e Sheene e adesso è una “penna” di spicco sul sito ufficiale della MotoGP.

Mi è piaciuto il suo ultimo pezzo: Hailwood, nove volte campione del mondo considerato da alcuni il più grande degli ultimi 75 anni, avrebbe certamente approvato gli appuntamenti dello scorso fine settimana a Silverstone. E per diversi motivi.

Prima di tutto, il pilota che ha vinto la gara della top class portava i suoi colori, sul casco. Poi quello che ha trionfato in Moto2 era inglese come lui. E infine fra i monocilindrici della Moto3 la bagarre è stata così avvincente da racchiudere, sotto la bandiera a scacchi, sette rivali in appena mezzo secondo. Si sarebbe divertito, Hailwood.

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Stanley Michael Bailey Hailwood, conosciuto come Mike-the-Bike, ha collezionato i suoi nove titoli nelle classi 250 (tre con la Honda, il primo nel 1961 con qualche gara sulla Mondial), 350 (due, su Honda) e 500 (quattro, con la MV Agusta), vincendo 76 Gran Premi. Vinse anche due GP nella 125: il primo su Ducati e l’altro su EMC/Honda. Come tutti sanno, dopo aver messo in bacheca tutti quei mondiali, a 39 anni di età è tornato a correre sull’Isola di Man per affrontare il Tourist Trophy in sella a una Ducati. E ha dominato la TT F1.


Tra le più belle imprese di Mike la volta che, ad Assen, ha vinto in tre diverse classi nello stesso giorno. Negli anni Sessanta si era affermato come il più giovane vincitore di una gara in 250 e 500. Ed è stato il primo nella storia a fare poker: vincendo quattro titoli di fila nella classe 500, dal 1962 al 1965 con le quattro cilindri di Cascina Costa.


Scrive Harris: il casco indossato da Enea Bastianini domenica scorsa, quando ha vinto il GP dopo aver dominato anche la Sprint di sabato, riporta alla cavalcata del britannico al TT. Era il 1978, è trascorso quasi mezzo secolo: Hailwood era passato dalle moto alle auto, correndo in Formula 1. Poi quel ritorno col botto sull’insidioso Mountain Course (il tracciato stradale di circa 60 chilometri) e nella categoria principale, la F1.

Lì Mike the Bike chiudeva un cerchio, perché diciannove anni prima aveva vinto il Gran Premio dell'Ulster, nella classe 125, proprio su una Ducati.
Bastianini ha portato il suo “casco tributo” dove meritava, sul gradino più alto del podio. Inoltre in Moto2 si è affermato Jake Dixon, e l’ultimo inglese a vincere il Gran Premio di casa era stato Danny Kent nel 2015, mentre era sulla strada del titolo nella classe cadetta. In quella intermedia, due anni
prima ci era riuscito Scott Redding.

Una delle grandi forze di Hailwood, racconta Harris, era la capacità di adattarsi a qualsiasi moto e circuito. Quattro le diverse cilindrate in cui si è affermato, lunga la lista dei marchi con cui l’ha fatto: Ducati, Honda, MZ, MV Agusta, Norton. al Sachsenring E all'Isola di Man, da Assen a Daytona.
Fu conferita a Mike Hailwood la George Medal: non per i risultati sportivi, ma per un gesto che è andato oltre. Era il Gran Premio del Sudafrica 1973 in Formula 1: un gravissimo incidente con Clay Regazzoni, l’auto dello svizzero che prende fuoco e l’inglese che lo estrae dall’abitacolo, salvandogli la vita.
Hailwood, classe 1940, è scomparso il 23 marzo 1981 a causa di un incidente stradale con l’auto, insieme alla figlia Michelle. Lo scorso fine settimana, durante i festeggiamenti per i 75 anni del campionato del mondo, è stata celebrata anche la sua vita.

Le storie di Nico. Perché Hailwood, a 40 anni dalla morte, resta un grande mito