Nico Cereghini: "A sessanta sui passi dolomitici"

Nico Cereghini: "A sessanta sui passi dolomitici"
Nuovi limiti di velocità dappertutto. E capisco la necessità di ridurre gli incidenti, che purtroppo coinvolgono sempre più motociclisti, ma la strada scelta è miope. Mi sa che serve soprattutto a far cassa
22 luglio 2014

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Ciao a tutti! Al passo Gardena, la scorsa settimana, pochi motociclisti nonostante il meteo favorevole. Qualche carovana di tedeschi o di austriaci (indovinate la moto più diffusa), pochi italiani isolati. Le marche più rappresentate sono due: l’ovvia BMW e poi, sempre più numerosa, l’Harley-Davidson. Ma poca roba in realtà, perché anche sulle montagne più belle del mondo, patrimonio dell’umanità, il turista sente la crisi. Soprattutto il turista nostrano. I ristoratori si lamentano: dicono che i tedeschi spendono poco, il minimo indispensabile, e gli italiani non si vedono. Protestate con i vostri amministratori, dico io.


Sessanta chilometri orari di limite massimo. Provincia di Bolzano. Sui passi trentini è la stessa cosa. Seguo due GS, bavaresi anche di targa, guidate da due tipi corpulenti e tranquilli che salendo si guardano intorno. Dietro le visiere dei caschi integrali indovino i loro estasiati “Schon!” e io diligente, invece del gruppo Sella e della Val de Mezdi che conosco a memoria, sorveglio il tachimetro. Registro venti all’ora circa nelle curve a gomito da prima, poi sul dritto, tra un tornante e l’altro, quelli danno un filo di gas, seconda, terza. E io leggo novanta! Aiuto, due pazzi travestiti da turisti! Tremo di paura. Dove sono i Carabinieri? Dove si nascondono i Forestali? Ci fosse la forza pubblica allora sì: nessuna pietà e giustizia sarebbe fatta. Perbacco.

Fissare un limite di velocità molto basso è il modo più semplice per tentare di mettere ordine sulle trafficatissime strade di montagna

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Io credo di rappresentare il prototipo del buon turista. Sono innamorato delle Dolomiti che ho camminato in lungo e in largo, sulle ferrate metto imbragatura e caschetto, quando faccio pipì nascondo il fazzolettino di carta sotto i sassi; oggi sono equipaggiato con una moto silenziosa, nessun sorpasso azzardato, sono pronto a fermarmi a tutte le strisce nell’attraversamento dei paesi. Li vedo anch’io quei quattro o cinque idioti, quello che oggi mi supera a 150 all’ora sul breve rettilineo con la sua GSX-R e il quattro-in-uno racing, quell’altro che ho appena passato e che i limiti forse li rispetta tutti, non tocca i sessanta, ma con la sua Harley svuotata, abilmente impegnato nella tipiche sgassate a vuoto, fa tremare i pinnacoli di roccia tra le mani di chi arrampica mille metri più su. Ma perché mai devo pagare anche per loro? Se in questo preciso momento, dietro ai due tedesconi, mi fotografassero a novantadue km/h, io sarei severamente punito mentre l’amico più indietro, lo sgasatore a salve, se la riderebbe.


Lo capisco, fissare un limite di velocità molto basso è il modo più semplice per tentare di mettere ordine sulle trafficatissime (e sempre più incidentate) strade di montagna. Ogni anno, credetemi, decine di vittime, soprattutto tra i motociclisti. E allora basta nascondere un autovelox, seguire una moto con l’auto civetta, e il gioco è fatto. Ma io non vedo traccia di controlli sulla rumorosità delle Harley, non vedo pattuglie dietro le curve più belle, quelle che invogliano di più perché sembra di girare in pista. E allora concludo che l’operazione “sessanta all’ora” serve soprattutto a far cassa. Inutile girarci intorno. Cari operatori turistici delle Dolomiti, la crisi morde certo, e poi molti di noi decidono di viaggiare altrove. Fate una bella cosa: andate a lamentarvi con i vostri amministratori.

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