Nico Cereghini: "Aerodinamica, è la seconda volta che ci fregano!”

Nico Cereghini: "Aerodinamica, è la seconda volta che ci fregano!”
Hanno stoppato le alette su cui la Ducati aveva investito, e sessant’anni fa vietarono le carenature a campana inventate dalla Moto Guzzi. Certe volte siamo troppo bravi
10 gennaio 2017

Punti chiave

Ciao a tutti! La Ducati fa bene ad arrabbiarsi per l’abolizione delle alette, che aveva introdotto per prima nella MotoGP moderna. “Motivi di sicurezza”, hanno detto, e qualche dubbio effettivamente era lecito; ma quando i tecnici Ducati si preparavano a sedersi al tavolo della discussione e delle proposte, è arrivata la doccia fredda: stop d’autorità. Addio vantaggio tecnologico, ma Gigi Dall’Igna si consoli: non è la prima volta che succede ad una Casa italiana. Mal comune mezzo gaudio, si dice, significa che siamo forti e innovativi.


Era il 1950 quando a Mandello venne realizzata la prima galleria del vento in scala 1:1. Nessun costruttore di moto al mondo ci aveva ancora pensato. I vertici tecnici della Moto Guzzi si chiamavano Càrcano, Tòdero, Cantoni, tre geniacci; le Guzzi volavano su tutti i circuiti europei, l’anno prima era stato istituito il campionato mondiale, la 250 aveva conquistato il primo titolo marche e piloti con Bruno Ruffo. Nel “tunnel del vento”, come lo chiamavano, vennero sviluppate su base scientifica le prime protezioni aerodinamiche per le competizioni: per cominciare, il serbatoio che si prolungava oltre la testa di forcella, poi le carenature “a becco d’uccello”, infine quelle integrali dette “a campana”. Cresceva la velocità, calavano i consumi come i pesi. E mentre i titoli mondiali fioccavano con Lorenzetti, Anderson e Lomas, la concorrenza copiava.


Vista oggi, la carenatura a campana tanto bella non è. Ma immaginatevi come colpiva allora: trasformava le moto in oggetti spaziali. E dai primi anni Cinquanta questa carenatura si diffuse sempre di più, anche sulle Gilera, sulle MV e sulle Mondial; aveva il difetto di patire il vento laterale, era impiegata soprattutto sui circuiti più veloci, e le marche italiane dominavano. Pensate che nel 1957, nella classe 125, dietro al campione Provini con la Mondial c’erano altre sette moto italiane; mentre nella 250 le prime dieci moto classificate furono Mondial, Guzzi, MV; nella 350 dominò Campbell con la Moto Guzzi; e nella 500 il campione fu Liberati con la Gilera, davanti ai compagni di marca McIntyre e Duke, poi Surtees con la MV Agusta, prima di vedere la prima Norton.


Com’è, come non è, dall’anno dopo la Federazione Internazionale mise fuorilegge le carenature a campana. “Motivi di sicurezza”, dissero anche allora. Quella volta le Case italiane si fermarono in massa, soltanto la MV tradì il patto di astensione dopo averlo firmato. Ma nella decisione forse pesarono anche le valutazioni economiche: in Italia, infatti, l’auto iniziava a erodere spazio alla moto, e si esportava pochissimo. Quello che adesso conta è che la Ducati al ritiro non ci pensa di sicuro, anzi, rilancia: con un top rider come Jorge Lorenzo e –statene sicuri - con qualche soluzione innovativa per la carenatura. Perché noi italiani, con l’aerodinamica, ci sappiamo fare.

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