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Ciao a tutti! Se ancora non lo avete ascoltato, vi raccomando il podcast che Giovanni Zamagni ha dedicato domenica scorsa al finale di stagione della MotoGP ragionandone con Giacomo Agostini. Domenica prossima l’Australia, sette giorni dopo sarà il turno della Malesia e infine la chiusura a Valencia il 6 novembre: tre gare, tre piloti in venti punti, un tema caldissimo e una volata finale che non ha precedenti nel mondiale piloti.
Purtroppo, è una nota a margine, lo Zam ha registrato l’intervista quando ancora non era arrivata la brutta notizia della scomparsa di Phil Read. Sarebbe stato bello ascoltare un ricordo del vecchio compagno di squadra dalla viva voce di Ago. Ma resta la bellissima chiacchierata di quindici minuti. Mino, che è una vecchia volpe, con poche battute ti svela un mucchio di cose. Vede Pecco Bagnaia autore di una grande stagione e favorito per il titolo, crede che Quartararo si senta braccato e che Aleix Espargaro abbia ormai poche chances.
Se il francese tornerà davanti a Pecco a Philip Island, riflette Ago, allora il mondiale resterà apertissimo, diversamente… E quando Zamagni introduce l’argomento del gioco di squadra di oggi, il quindici volte è maestro nel chiudere subito la faccenda dicendo: Bagnaia ha dichiarato che non vuole favori, che vuole vincere da solo, quindi la faccenda è già risolta.
Mai avuto esperienze del genere? Alla domanda di Giovanni, Agostini, prontissimo, se la cava tirando fuori un gustoso aneddoto della sua giovinezza: Modena, campionato italiano, Morini 250, Grassetti e lui stesso piloti ufficiali, e il d.t. Lambertini che stabilisce “la vittoria questa volta tocca ad Ago”. Ma nel finale Silvio Grassetti tira come un disperato, stacca Mino e poi platealmente lo aspetta cento metri prima del traguardo. Che amarezza -dice il campione bergamasco- da quel giorno ho solo pensato a vincere tutte le gare.
Ebbene, credo che Agostini rappresenti perfettamente non tanto il gioco di squadra -del quale effettivamente non ha mai avuto bisogno per conquistare un titolo- quanto il dualismo del concetto. Lui è il pilota affamato di vittorie per antonomasia, ma è anche stato ed è tuttora un formidabile uomo azienda: pupillo del potente conte Agusta, poi bandiera della Yamaha, tuttora simbolo dei due marchi (MV Agusta e Yamaha). Se c’è uno che sa quanto può essere importante il gioco di squadra nell’economia di una azienda quello è Agostini, se c’è uno che può comprendere quanto possa essere molesto per un pilota dover obbedire ai giochi di squadra quello è ancora Agostini.
In conclusione, può piacere oppure no, ma l’ambiguità resta: il motociclismo è insieme sport individuale e sport di squadra. Non c’è soluzione. Se ne può uscire soltanto cercando una misura accettabile del gioco, nel caso in cui il gioco sia assolutamente necessario per conquistare un titolo mondiale. Tipo oggi alla Ducati. Oppure raccontando divertenti storielle. Naturalmente aspettando che il finale del 2022 sia appassionante come è stata tutta la stagione.