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Ciao a tutti! Fa caldo, e l'argomento che vi propongo è fresco, quello che ci vuole. Assen, la pioggia e Miller. Come si spiega che un Jack Miller, al secondo anno di MotoGP senza avere mai convinto, arrivi ad Assen e trionfi sul bagnato davanti a Marquez? Fortuna? La fortuna ha avuto un ruolo sì, se ripenso alle cadute di Dovizioso e di Rossi che stavano andando forte, o se penso al ritiro forzato di Petrucci che rimontava. Ma non si può liquidare il discorso invocando soltanto la fortuna, è troppo semplicistico. Allora Miller ha rischiato più di tutti, come si dice in questi casi? Altra sciocchezza, non è per puro caso che lui è rimasto in piedi, e anzi sono convinto che l'australiano abbia preso meno rischi di tanti altri, se ha concluso la gara in sicurezza mentre alle sue spalle cadevano ancora Pirro, Bautista ed Aleix Expargaro. Per assurdo avrà rischiato di più Lorenzo, che il limite non lo ha nemmeno trovato. Perché il punto per me è qui: Jack ha semplicemente trovato il limite.
Si sa che per andare forte sul bagnato occorre sensibilità. Questo è pacifico. Il tecnico può aggiungere che sulle moto da corsa la gomma rain si muove di più, “avverte” quindi ben prima della slick quando ci si avvicina al limite. E se si pensa che rispetto alle condizioni di pista asciutta si piega meno, e si frena e si accelera con maggiore dolcezza, verrebbe da obiettare "beh, ma allora per un professionista guidare sul bagnato deve essere addirittura più facile!”. Misteriosamente invece - e parlo di mistero perché si fatica a capire - per qualcuno è più facile davvero, e per un altro più difficile o addirittura impossibile. Perché?
Personalmente io mi sentivo molto più forte sul bagnato che sull'asciutto. Con le slick andavo ma non sapevo esattamente fino a che punto potevo spingere, con le rain trovavo facilmente il limite e poi ci stavo sempre vicino. Mai trovato uno più rapido di me con la pista bagnata, e non sono mai caduto. Sono sincero: invidio il Miller di Assen perché a me, maledizione, un GP così non è mai capitato. Tanta pioggia nell'Endurance o nelle prime garette in 250, mai un po' di pioggia con la 500. Però, al contrario, succedeva che tanti piloti (troppi) erano un po' più veloci di me sull'asciutto. Perché con la pioggia ero così veloce? Probabilmente perché la prima volta che corsi sul bagnato -che poi era la seconda gara della mia vita- ebbi tre fortune: di trovare un asfalto con tanto grip, di essere alla guida di una moto con un'ottima trazione e di avere gomme perfette. Nell'ordine autodromo di Modena per una 500 km, debutto su Laverda SFC, Dunlop K81. Quella volta tutto fu naturale e facile, trovai presto il limite, raggiungevo un mucchio di gente e la passavo, soltanto il vincitore Roberto Gallina mi tenne dietro (ci provai all'interno al tornante, lui mi puntò deciso, il dovuto rispetto per un pilota ufficiale Laverda mi suggerì di accontentarmi) e l'eccitazione saliva insieme alla mia convinzione. Da quella gara in avanti, bagnato e felicità sono state per me la stessa cosa. In pista, naturalmente, non in strada.
Chi parte male con l'acqua è svantaggiato. Ecco la cosa che ho capito. Persino Valentino Rossi ha impiegato anni a sentirsi sicuro sul bagnato e ad essere veloce anche in quelle condizioni, e quanto a Jorge Lorenzo, che pure certe volte è il pilota più rapido del mondo, avete visto la sua gara di Assen: sembrava avere in testa dei tarli capaci addirittura di bloccarlo. Penso che quella della guida efficace sul bagnato, alla fine, sia una questione più mentale che tecnica.